venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Papa Francesco benedice ed incoraggia i costruttori di pace in Corea

Il Papa ha benedetto tutto il popolo coreano quello del nord e quello de sud e in modo particolare incoraggia tutti coloro che sono costruttori di pace e promuovono la riconciliazione.

Lo ha ha detto nella udienza concessa questa mattina a Santa Marta al nunzio in Corea e in Mongolia l’arcivescovo Alfred Xuereb.

"Appena incontrato il Santo Padre gli ho ricordato che oggi sono esattamente 70 anni dallo scoppio della guerra in Corea e che proprio oggi i vescovi coreani celebrano una messa speciale proprio a favore della riconciliazione" ha detto il nunzio. 

Ogni anno,  il 25 giugno, i vescovi coreani si riunivano a Seul per celebrare una messa per la riconciliazione. Quest’anno a causa della pandemia ogni vescovo ha fatto una celebrazione nella propria diocesi. A Seul Il cardinale Andrew Yeom Soo-jung ha presieduto la messa alle 10 di mattina.

Nelle scorse settimane la notizia più preoccupante a proposito di una possibile riconciliazione è stata la distruzione, ordinata dalla sorella del dittatore coreano, di far esplodere l’edificio con gli uffici che si occupavano della gestione del commercio dei prodotti del Complesso industriale di Kaesŏng.

Il complesso era nato nel 2003 al confine tra nord e sud Corea ma nel territorio del Nord tre anni dopo l'incontro al vertice tenutosi fra le due Coree tenutosi nel giugno del 2000.

La scelta del luogo aveva anche un grande significato storico perché Kaesŏng è una delle città con il maggior numero di resti storici della Corea. La città fu la capitale della Corea durante il periodo medioevale di Koryŏ tra il 935 e il 1392.  In questo periodo raggiunse il suo massimo fulgore, arricchendosi di palazzi, templi buddisti e istituzioni culturali.

L’idea è anche quella di costruire una linea ferroviaria che trasportasse merci tra il Nord e il Sud per migliorare i rapporti commerciali.

L’edificio distrutto era costato diversi milioni di dollari, ma da quando la situazione della riconciliazione è entrata in stallo la Corea del Nord ha fatto quello che potrebbe sembrare un “atto di disperazione”.

Un po’ come dire: “noi del Nord esistiamo, il processo doveva progredire, invece no perché gli Stati Uniti chiedono prima di tutto la denuclearizzazione”. Ma di fatto il leader della Corea del Nord usa i missili come una unica arma per obbligare la trattativa.

La scelta di far dare l’ordine alla sorella è un modo per il dittatore Kim Jong-un di dimostrare al mondo che non è una sua responsabilità e che non ha rotto le trattative, e non “perdere la faccia”.

Così si è messo in evidenza il ruolo sempre più autorevole della sorella Kim Yo-jong tanto da dare degli ordini ai militari.

Durante i giochi olimpici invernali del 2018 è stata lei ad essere la intermediaria. Poi è caduta in disgrazia perché la intesa andava man mano svanendo, oggi quindi con questa scelta c’è l’idea di riabilitare il suo ruolo.

Se dunque per motivi di salute o altro Kim Jong-un non dovesse essere in grado di guidare la nazione Kim Yo-jong sarebbe pronta a prendere il suo posto.

La Corea del Sud ha affrontato la pandemia con grande responsabilità senza imposizioni ma solo con raccomandazioni delle linee guida di comportamento. Quando però una persona viene trovata positiva al tampone, le viene assegnato un numero e con esso viene indicato il nome della regione della sua provenienza. In seguito, vengono divulgati a tutti i cittadini tramite messaggi, i percorsi effettuati dalla persona contagiata invitando tutti quelli che si trovavano nei luoghi in cui si era recato il soggetto positivo di presentarsi tempestivamente per fare il tampone. 

Se qualcuno dovesse  ignorare tali raccomandazioni e successivamente risultare positivo, verrebbe multato. Questo sistema risulta molto efficace nel prevenire la diffusione del virus, riducendone enormemente il tasso di mortalità che fino ad oggi i decessi si aggirano poco oltre i 700.   

Il Nunzio, l’arcivescovo Alfred Xuereb, che ha preoseguito la sua attività in questi mesi portando alla comunità locale i messaggi di vicinanza del Papa, ha recentemente potuto visitare il santuario di Jeoldusan, luogo che ha testimoniato il martirio di oltre 2.000 cristiani, tra cui alcuni missionari francesi, decapitati durante le persecuzioni del 1866 perché fedeli a Cristo e alla Chiesa. Jeoldusan, che letteralmente significa, “la collina delle decapitazioni” è un santuario situato su un promontorio sul fiume Han tra i tanti di Seul.

Tra i pellegrini si annoverano San Giovanni Paolo II e Santa Madre Teresa di Calcutta, dei quali sono stati eretti due busti di bronzo all’ingresso del complesso.

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