Padova, 12 June, 2020 / 6:00 PM
Un lungo momento di sospensione, di silenzio, di paura: è quel che abbiamo vissuto, e in parte continuiamo a vivere, nel periodo di chiusura imposto per frenare la pandemia provocata dal coronavirus. In questo periodo che ha avuto i tratti dell’incubo abbiamo vissuto molte esperienze, abbiamo ascoltato mille discorsi, abbiamo sentito urlare mille slogan, quasi ad esorcizzare quella paura e quel senso di isolamento, che però forse era già vivo e presente anche prima, nelle nostre vite convulse.
Si sono fatte molte analisi e molte “predizioni” su come saremmo diventati. Migliori, hanno profetizzato schiere di irriducibili ottimisti. In realtà la natura umana non si “corregge” da sola, ne’ diventa sicuramente più saggia grazie all’esperienza. Tutti pensavano che dopo gli orrori della seconda guerra mondiale non si sarebbe più caduti nella trappola della barbarie, mai più campi di concentramento, mai più guerre, e invece…Ma qualcosa di imprevedibile comunque si mette all’opera,(mirabilmente lo ha descritto Manzoni nei Promessi Sposi) qualcosa che trasforma il dolore e lo rende fertile, apre squarci di amore e solidarietà la’ dove sembrerebbe esserci solo angoscia e morte. E’ accaduto anche in questo periodo di sofferenza.
Ed ecco che assurge a simbolo universale di questa esperienza l’immagine di Papa Francesco che, solo, attraversa piazza San Pietro, tra la pioggia e il silenzio, per recarsi verso l’altare. Un cammino di fede, un breve, infinito cammino verso la luce, che mai si spegne. Un’immagine diffusa tra milioni di persone, indimenticabile. Questa immagine campeggia anche nel cuore delle pagine di un diario-racconto-meditazione scritto da Enzo Romeo, giornalista vaticanista e saggista, appena dato alle stampe. Si intitola Vuoto a credere. La fede, la chiesa e il papa al tempo del coronavirus, edito da Ancora.
L’idea al centro di questo diario, che registra fedelmente momenti di buio e momenti di luce, è che anche questo tempo terribile che abbiamo attraversato non sia stato solo “un tempo da buttare, una scorza di vita, un vuoto a perdere”. Dentro questi giorni inimmaginabili, solo qualche mese fa, seguendo la traccia segnata dall’autore, raccontando quel che la Chiesa ha vissuto, insieme al suo gregge smarrito, si è trovato un modo diverso di credere e di vivere concretamente la fede. Vedere il Papa solo, attraversare il sagrato della basilica solo, nel silenzio, può aver generato smarrimento e nuove paure, ma in fondo – sottolinea Romeo- abbiamo capito che il vuoto è la condizione migliore per riempire di senso nuovo e autentico le nostre esistenze. Una pienezza che si contrappone al vuoto, quando il silenzio può diventare occasione di ascolto.
“Vuoto a credere” è quello in cui l’autore invita a intravedere nel fondo dei nostri giorni di “chiusura”, una proposta per tutti, credenti o non credenti. Perché fare esperienza dell’essenziale contro le valanghe del superfluo in cui si rischia di affogare, può accadere a chiunque. Però la pandemia vissuta nella dimensione cristiana viene letta in una luce speciale, nel mistero del dolore che schiude all’infinito, al trascendente. Tutti accumunati anche dall’esperienza di essere “creature”, di essere dipendenti e incapaci di determinare ogni singolo evento dell’esistenza, come invece la cultura corrente insiste a farci credere.
Nelle pagine del diario, che iniziano dal 26 gennaio e arrivano al 3 maggio, scorrono i giorni scanditi dalle immagini che ormai fanno parte della nostra storia: le chiese vuote, le messe in streaming, i messaggi del Papa, le omelie via twitter, i sacerdoti che percorrono strade vuote su piccoli camioncini per impartire benedizioni, per portare alle persone tappate in casa il conforto della vicinanza nell’isolamento. E gli innumerevoli episodi di altruismo, di aiuto, di piccoli, grandi prove di eroismo, quello quotidiano, più nascosto ma per questo più luminoso.
Questo tempo di vuoto, dunque, è davvero molto più pieno di quanto possiamo immaginare a tutta prima. Nel terminare il suo diario, che è in fondo il diario di molti di noi, Romeo ricorda che una sicura trasformazione è avvenuta. Nell’era pre-Covid eravamo collettivamente preda di una frenesia del fare, agitati e nervosi, incapaci di rimanere fermi anche solo per qualche ora, di raccoglierci a pensare, a leggere. “Niente si è radicato, niente è stato permanente, tutto è apparso a breve termine, col respiro corto”, scrive infatti l’autore. E il respiro, letteralmente, ce l’ha strappato proprio la pandemia. Ma forse, per reazione, quel respiro lo possiamo ritrovare, nella nostra vita., più ampio e profondo. Il respiro largo delle grandi scelte, dei valori che non cambiano. Di ritrovare il senso di responsabilità che spesso e volentieri abbiamo smarrito. Perché, ricorda Romeo, non c’è libertà senza responsabilità, come la pandemia ci ha tristemente dimostrato.
Enzo Romeo, Vuoto a credere, Ancora editrice, pp.96, euro 13
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