Roma, 14 September, 2015 / 9:30 AM
“Una volta, ero in quarta elementare e avevo detto una brutta parola alla maestra. Lei, una donna buona, chiamò mia madre per l’indomani, hanno parlato tra loro e poi sono stato chiamato. Mia madre mi ha detto davanti alla maestra che quanto avevo fatto non era bello e quindi mi ha chiesto di chiedere scusa alla maestra. Lo ha fatto con dolcezza e sono rimasto contento. Ma poi a casa c’è stato il secondo capitolo... Oggi se capitasse una cosa del genere il genitore andrebbe a rimproverare la maestra...”.
Scherzava ma non troppo Papa Francesco quando parlava, mesi fa, del ruolo dell’insegnante e delle tante difficoltà che ogni giorno incontra sul suo cammino educativo.
In questi giorni in Italia le scuole stanno riaprendo: un nuovo anno scolastico inizia con le sue speranze e le sue ansie. E nelle ultime settimane in libreria è uscito un libro dedicato al ruolo, al compito e alla missione stessa dell’insegnante: 'Chi me lo fa fare', edito da Kimerik, di Simona Mancini, docente di lettere in una scuola media di Roma.
“Chi me lo fa fare – spiega l’autrice in una intervista – è la risposta alla domanda che a volte mi sono posta, come accade a tutti, sul senso della mia professione. Non è un caso che il titolo sia privo del punto interrogativo: è la mia risposta personale, ma mi auguro condivisibile e condivisa, sul perché ogni giorno entro nelle mie classi. E non é per consuetudine. La risposta viene dal lavoro con gli studenti, gli unici sempre capaci di motivarci veramente”.
Nei 20 capitoli del libro sono raccontati storie ed aneddoti reali, veri, concreti. Dall’approccio con una classe difficile all’esperienza profonda con la malattia di una alunna fino ai tanti momenti spensierati e gioiosi, conditi con “pillole di ironia” e di autoironia perché “imparare a sorridere dei nostri difetti e dei nostri sbagli può essere un momento importante per crescere e diventare più forti”.
“Insegnare – ricordava Papa Francesco - è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene”. E dell’importanza del gioco di squadra è convinta anche l’autrice che ha potuto – scrive – “fare esperienza diretta della professionalità” dei colleghi ai quali “affiderei i miei stessi figli”.
"La scuola è fatta certamente di una valida e qualificata istruzione, ma anche di relazioni umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Amate di più gli studenti difficili, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili , gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola”. E queste parole di Papa Bergoglio sono il nostro augurio ai tanti insegnanti che stanno tornando o sono già tornati in cattedra.
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