Parigi, 20 May, 2020 / 9:00 AM
Non si ferma il dibattito intorno alla cattedrale di Notre Dame, severamente danneggiata da un incendio il 16 aprile del 2019. Proprietà dello Stato francese, ma data in concessione perpetua alla Chiesa cattolica per ragioni di culto, dal momento della caduta del tetto la cattedrale di Parigi è stata oggetto anche di una serie di campagne ideologiche, che sembravano volerne mettere in discussione la funziona stessa di chiesa.
Non a caso, l’arcivescovo di Parigi Michel Aupetit, un mese dopo l’incendio, celebrò Messa nella cattedrale e, con l’elmetto in testa, ci tenne a sottolineare che la cattedrale era prima di tutto un luogo di culto, e la pietra angolare di quella cattedrale era Cristo. E la questione fu ribadita da Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede all’UNESCO, in un intervento nella agenzia culturale delle Nazioni Unite che ha sede a Parigi.
Si trattava di prese di posizione necessarie, perché addirittura si era pensato di ricostruire la cattedrale con “un gesto architettonico contemporaneo”, vale a dire inserendo di novità nella struttura gotica che l’architetto Viollet le Duc aveva poi rimesso al mondo nel XIX secolo, dopo la crisi e l’abbandono che avevano fatto seguito alla Rivoluzione Francese.
Per questo motivo, è stato sorprendente, ma non troppo, l’articolo di fondo di La Croix che ha chiesto di ripensare totalmente Notre Dame, da considerare un museo e non una chiesa.
È da un anno che si lavora alla ricostruzione di Notre Dame, con grandi sfide, inclusa quella del coronavirus. Remi Fromont, architetto di monumenti storici che lavora alla restaurazioen di Notre Dame, ha sottolineato che “questo edificio ha qualcosa di più degli altri. È qualcosa di spirituale, materiale… penso che sia un po’ tutto allo stesso tempo. C’è qualcosa di più che unisce tutte queste pietre”.
Eppure, il giorno dopo l’incendio il presidente francese Emmanuel Macron ne ha parlato sulla tv nazionale senza mai descrivere Notre Dame come cattolica o cristiana, mentre l’Eliseo faceva sapere che c’era l’idea di inserire nell’edificio qualche elemento architettonico contemporaneo. Quindi, Cristophe Castaner, ministro dell’Interno, si è fatto fotografare a Notre Dame, ma senza che la croce del santuario apparisse mai nelle foto ufficiali. Jean Pierre Servel, gran maestro del Grande Oriente di Francia, ha poi dichiarato che vede nella cattedrale di Notre Dame solo un monumento storico nazionale, e non un luogo di culto.
Infine, il medievalista Michel Pastoureau, dalle colonne del quotidiano cattolico La Croix, è arrivato a proporre una via d’uscita per la cattedrale, un male minore, che è quello di farne un museo, perché “chi può venire a pregare, anche solo a meditare, in questo luogo dove orde di turisti circolano tutto il giorno, non sempre rispettando le barriere che li separano dai fedeli o i tempi delle Messe e degli uffici”.
Per questo, con la scusa dell’impossibile convivenza tra turisti e fedeli, Pastoureau arriva a proporre di sconsacrare la cattedrale.
Una proposta provocatoria, certo, ma che si inserisce in un dibattito che davvero sta surrettiziamente cercando di togliere a Notre Dame la sua identità, approfittando dell’incendio.
Monsignor Chauvet, attuale rettore dalla cattedrale, ha spiegato nel documentario Sauver Notre Dame, ha spiegato che “è tutta l’anima dell’umanità che risiede in questo mucchio di pietre disposte una sopra l’altra come un genio miracoloso”. Nello stesso documentario, Chauvet ha anche parlato della lotta che sta compiendo per difendere la dimensione spirituale della sua cattedrale. Lui lo chiama “Il mistero della Madonna”.
Ed è paradossale che tutto questo succeda in un anno in cui la Chiesa di Francia festeggia il 600esimo anniversario della nascita di Giovanna d’Arco e si celebra il Giubileo di Santa Genoveffa patrona di Parigi nata 1600 anni fa, mentre sono appena terminate le celebrazioni per i 900 anni della presenza del Sacro Copricapo a Cahors ed era in corso il Giubileo della basilica delle Sacre Coeur a Montmartre - basilica voluta dal popolo che nacque proprio nel mezzo di una Francia ormai secolarizzata dalla Rivoluzione.
C’è, insomma, in Francia una tradizione cattolica plurisecolare che da secoli si prova a spazzare via. E non lo dicono solo i dati dell’Osservatorio della Cristianofobia, che non manca di segnalare attacchi alle chiese francesi.
Lo dicono anche i dati delle chiese che sono state sconsacrate, numeri impietosi in Europa ma ancora di più in Francia. Le ultime proiezioni riguardavano il 2018, anno nel quale 58 diocesi in Francia non hanno registrato nuove vocazioni. In tutto il Paese le ordinazioni saranno 114, meno dello scorso anno (133): la fonte, La Croix, riporta che 82 sono preti diocesani. Se mancano i sacerdoti, chiudono le chiese. Ancora non c’è un censimento che rileva quanti sono gli edifici sacri dismessi in Europa, ma i Paesi più soggetti all’abbandono delle chiese sono Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Stati Uniti, Canada.
La chiusura alla funzione del luogo di culto cattolico implica tre strade: o l’abbandono totale o la musealizzazione oppure la riconversione ad altra profana funzione. La scelta del Museo è spesso quella più battuta dopo quella dell’abbandono, perché le chiese sono sempre state concepite come luoghi di arte, in cui tutti i linguaggi potessero parlare della salvezza di Dio.
Ormai, invece, sono molti i casi in cui le chiese vengono riconvertite in altro tipo di edifici, persino in night club, come si seppe da un convegno organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura intitolato “Dio non abita più qui”, da cui sono venute anche le linee guida per far tornare ad abitare le chiese dismesse.
Il problema, però, è soprattutto culturale, e il dibattito che si è creato intorno a Notre Dame racconta di un mondo secolare che prova ad usare ogni mezzo pur di prendere il controllo delle chiese. Come successe durante la rivoluzione, quando la stessa Notre Dame fu trasformata in tempio della ragione e persino in stalla. Come è successo durante il comunismo, dove le chiese furono persino convertite in palestre e magazzini. Come si prova a fare adesso a Notre Dame, con la scusa dell’eccessivo turismo.
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