Latina, 06 May, 2020 / 2:00 PM
Monsignor Mariano Crociata, Vescovo di Latina - Terracina - Sezze - Priverno, è in prima linea per dare conforto e appoggio ai suoi fedeli. Non solo Roma, ma anche le province del Lazio sono state colpite dal Coronavirus. Ma quali sono state le iniziative delle diocesi del Lazio durante l'emergenza Covid-19? ACI Stampa lo ha chiesto al Vescovo di Latina, Terracina-Sezze-Priverno.
Monsignor Crociata quali sono state le iniziative della vostra Diocesi per contrastare l’emergenza Coronavirus?
Qualsiasi iniziativa in questo tempo non poteva avere altro scopo se non quello di accompagnare e sostenere le persone e le famiglie. Quello da cui speriamo lentamente di uscire è stato un periodo difficile da diversi punti di vista. Alcuni ne hanno sofferto anche materialmente ed economicamente, per non parlare di quelli che sono stati colpiti dal virus. Ma non vanno trascurati altri tipi di disagio, psicologico, relazionale, spirituale. Una delle esigenze più grandi, nei momenti di traumi collettivi, è riuscire a dare un senso a quanto succede, conservare l’equilibrio personale, mantenere relazioni sane soprattutto con le persone più vicine. Le nostre iniziative hanno cercato di rispondere a queste attese, con la carità e l’assistenza materiale, con i contatti e i colloqui, soprattutto con la preghiera.
Come è possibile restare vicino a coloro che soffrono a causa della pandemia anche a distanza?
Sono convinto che in generale c’è stato un ritorno in evidenza della questione ‘fede’. Ad essere provata, in queste circostanza, è soprattutto la fede nel senso elementare di fiducia nella vita, nella sua sensatezza e nella possibilità di portarla avanti. E poi anche la fede religiosa, la fede cristiana. La prima cosa che sentiamo importante fare è pregare, perché la preghiera mobilita più di ogni buona volontà o entusiasmo momentaneo, e spinge ad aprirsi all’altro. Se parliamo della gente in difficoltà, e non solo dei malati, ricevere un pacco, un aiuto economico, una telefonata o altro ancora è un segno di prossimità che riscalda il cuore, infonde fiducia, incoraggia a riprendere il cammino, a non lasciarsi andare. Un effetto non minore lo ha un messaggio di speranza, una riflessione, il suggerimento di una preghiera, magari la possibilità di unirsi a un momento di riflessione o di preghiera tramite i social e, in genere, il web.
Monsignor Crociata lei pensa che questa fede via streaming porterà comunque i suoi frutti?
Suggerirei un approccio equilibrato alla questione. L’uso dei social e del web anche a scopi religiosi non è cosa d’ora; d’ora è invece l’utilizzazione così massiccia che ne è stata fatta in questo tempo. È stato necessario ricorrervi. Difficile dire se continuerà così; con ogni probabilità il ricorso alle tecniche mediatiche si rafforzerà. È certo che il fattore decisivo rimane il fattore umano, e quindi le intenzioni e le motivazioni che spingono ad avvalersi degli strumenti della comunicazione sociale per non perdere il contatto e per tenere vivo quanto di più rilevante ci appartiene. Tuttavia il futuro starà in un sano equilibrio tra reale e virtuale; non perché il virtuale non faccia parte della realtà, ma perché si rapporti e si integri con l’imprescindibile dimensione psicofisica della relazione interpersonale e sociale. Quanto alla crescita della fede, questa non dipende da fattori esterni, ma da un intreccio tra il richiamo della grazia e la disponibilità interiore della persona. E questo si gioca sempre liberamente in tutte le condizioni.
Ha qualche suggerimento da dare in vista della Fase 2?
L’invito che faccio a me e ad altri, è a sapere unire cautela e coraggio. È necessario continuare a rispettare le regole che prevengono la diffusione del contagio, ma anche – con quella attenzione – riprendere gradualmente la vita ordinaria di lavoro e di società.
Un augurio alla sua gente...
Il primo augurio è di vincere le due tentazioni opposte e speculari: la paura e la trasgressione. Il secondo augurio è di riprendere o continuare il lavoro con impegno e dedizione, senza dimenticarsi di chi non ha lavoro e sta male. Un augurio ancora è quello di fare tesoro di questa esperienza dell’epidemia per diventare più saggi, che vuol dire capire, primo, che la vita è preziosa ma anche fragile ed esposta al pericolo di perderla, secondo, che il tempo è limitato e bisogna impiegarlo bene, terzo, che senza una fede che dia senso a ciò che siamo e facciamo rischiamo di buttare via lo straordinario dono che sono le nostre persone e la nostra esistenza.
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