Roma, 04 May, 2020 / 10:00 AM
La preghiera è il respiro dell'anima e tutti i santi si sono cibati di essa. San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Avila, San Francesco e molti altri hanno fatto dell'orazione il centro su cui far ruotare la propria vita. Anche San Vincenzo Pallotti, apostolo nella città di Roma, è vissuto di questa tensione con l'Assoluto.
Leggendo la sua biografia si apprende che, fin dalla più tenera età, trasformava tutto il suo quotidiano in preghiera:mentre andava a scuola oppure quando, con la mente, si immergeva nei suoi pensieri o quando donava il poco posseduto ai poveri.
Questo suo modo di essere lo confermò nel divenire sacerdote, nella basilica di San Giovanni in Laterano, nella quale fu ordinato in quel lontano 1818.
Sfogliando le sue preghiere si scopre il suo mondo interiore fatto di amore al Padre ed in unione con il Padre. E' interessante osservare che San Vincenzo aveva un modo molto personale di tenersi alla presenza di Dio costante nelle varie parti che componevano la giornata.
Dalla mattina fino alla sera, la sua preghiera era scandita da parole semplici ma dirette ad invocare Dio nelle varie incombenze che era chiamato ad affrontare.
Seppur era un sacerdote di grande raccoglimento, i suoi contemporanei lo ricordano come una persona molto attiva ed ilare. Nella sua Regola per i suoi sacerdoti volle inserire questi elementi come tratti distintivi della spiritualità pallottina.
Terziario francescano, nella sua giovinezza desiderò indossare l'abito del serafico padre nell'Ordine cappuccino, ma ciò gli fu impedito per la scarsa salute. Ciò non lo fermò nel proposito di vivere come un francescano, distaccato dai beni terreni e legato a quelli del cielo.
Il suo pregare era fatto di azione, in aiuto agli altri e di contemplazione dei misteri del Regno. Questo insegnava a chi faceva parte della Società: ad essere sempre in contatto con Dio.
Il santo viveva sempre assorto in Dio, tanto da vederlo, senza cappello, in strada in quanto si sentiva alla presenza di Dio. Contemplare è il verbo presente nel suo vivere la fede.
Immagina, spesso, di pregare, con tutto il creato, i santi e gli angeli per lodare e ringraziare Dio.
Nel corso del suo cammino ebbe il privilegio di aver intuito la grandezza di Dio con doni straordinari. Leggeva nelle coscienze e vedeva realtà che pochi riuscivano ad intuire.
I testimoni hanno riferito che conosceva la data della sua scomparsa.
Questo, però, lo tenne sempre in una profonda umiltà, riconoscendosi come un nulla e riservando a Dio, il Tutto.
La sua umiltà fu profonda e sentita come il suo modo di fare l'esame di coscienza, che compiva tre volte al giorno, basato sul riconoscimento dell'Amore di Dio per l'umanità fragile e bisognosa di misericordia.
Per San Vincenzo Dio è il centro della vita dell'uomo, in quanto ne è essenza e l'uomo dipende dal suo Creatore, in virtù di quell'atto che si fece Redenzione sulla croce.
Preghiera ed azione rappresentano un unicum di difficile scissione. Per questo, mentre fa del bene o è assorto, in preghiera, nella cappella dell'Ospedale, non muta il suo animo ma lo mantiene in questo stato.
Questo modo di essere lo lasciò ai laici che collaborarono con lui, alla sua Congregazione ed a coloro che si sentono suoi figli.
Di animo caritatevole, donò il suo mantello ad un povero in una giornata, grigia e piovosa, prendendosi una brutta polmonite. Il 22 gennaio 1850 spirò, felice di poter essere per l'eternità alla presenza di quel Padre che aveva reso infiniti quegli attimi di esistenza, trascorsi sulla terra.
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