Riga, 27 April, 2020 / 4:00 PM
L’importanza del dialogo tra Stato e Chiesa in Lettonia è testimoniato dal fatto che, nonostante lo Stato di emergenza proclamato lo scorso 12 marzo a causa della pandemia del COVID 19, l’attività religiosa non è mai stata interrotta. Lo racconta ad ACI Stampa l’arcivescovo Zbignevs Stankevics di Riga. “Siamo riusciti a convincere il governo – racconta ad ACI Stampa – che il cibo spirituale non è meno importante di quello reale in tempi di crisi: l’uomo non vive di solo pane!”
L’arcivescovo è da tempo impegnato in un dialogo con il governo lettone su vari temi. La Chiesa cattolica non agisce da sola. I buoni rapporti con la Chiesa protestante, maggioritaria nel Paese, e con le altre confessioni religiose hanno fatto sì che i gruppi religiosi potessero avere un certo peso nello Stato baltico.
L’arcivescovo Stankevics racconta che, quando è stato proclamato lo stato di emergenza, c’era “l’intenzione, da parte dello Stato, di proibire tutte le funzioni pubbliche. Tuttavia, il dialogo intenso tra i capi delle confessioni cristiane e il ministro della Giustizia Janis Bordans ha portato alla conclusione che il clero avrebbe continuato a celebrare le Messe, perché è loro dovere”.
Non solo: è stato permesso “a ministranti, lettori, cantori” di partecipare alle celebrazioni, perché “il clero non può celebrare la Messa da solo”, e si è convenuto che “i fedeli potessero essere presenti in chiesa durante le funzioni, in un numero non superiore delle 50 persone”. L’arcivescovo Stankevics nota che le limitazioni riguardavano comunque le funzioni religiose, mentre “il numero dei visitatori, dei negozi, dei bar e di altri luoghi di intrattenimento non era limitato”.
Il 30 marzo, il governo ha stabilito nuove restrizioni: le persone dovevano rimanere a due metri di distanza l’una dell’altra, non si poteva essere raggruppati in più di due persone (con l’eccezione dei membri della stessa famiglia). Per questo, spiega l’arcivescovo Stankevics, “le Chiese e il ministro hanno raggiunto un accodo informale che le chiese potessero ospitare un numero massimo di 25 persone, ad una distanza rigorosa di due metri”.
L’arcivescovo di Riga ha spiegato che “i negoziati si sono svolti molto attivamente prima di Pasqua, poiché c’erano dubbi sul fatto che sarebbe stato possibile rispettare le suddette restrizioni durante le feste. Inizialmente, lo Stato voleva stabilire la regola che le persone rimanessero in chiesa per non più di 15 minuti, ma siamo riusciti ad annullarla. È rimasto in vigore l’accordo informale che non più di 25 persone potessero essere presenti in chiesa”.
I negoziati prima di Pasqua hanno riguardato anche aspetti della devozione popolare lettone, come la benedizione del cibo prima di Pasqua. “In molti luoghi – spiega l’arcivescovo – questa cerimonia si è svolta fuori dalle chiese, davanti la porta d’ingresso. Durante la Pasqua, la polizia ha monitorato il rispetto delle restrizioni nelle chiese. Non è stato redatto alcun verbale”.
Altro aspetto fondamentale, la celebrazione dei funerali. “Durante lo stato di emergenza – spiega l’arcivescovo di Riga – i funerali in Lettonia sono permessi, ma non in chiesa o cappella. Si possono celebrare solo fuori dagli edifici, mantenendo la distanza di due metri tra le persone e con la partecipazione dei parenti più prossimi”.
Anche i matrimoni “vengono celebrati sia in chiesa che al comune, quando è possibile prevedere una distanza di due metri tra i presenti. Alla cerimonia possono assistere solo il funzionario responsabile (nella Chiesa - il sacerdote), i novelli coniugi e due testimoni adulti. Ci sono coppie che hanno deciso di posticipare la cerimonia del matrimonio a una data successiva per celebrare l'evento più solennemente. Così, in Lettonia tutti i sacramenti sono celebrati solo limitando il più possibile il numero di partecipanti”.
L’arcivescovo Stankevics spiega che nel dialogo con il governo le chiese hanno sottolineato che questo approccio più morbido delle restrizioni sulle funzioni religiose “ridurrà le tensioni sociali”, ed è stato messo in luce che “gli psichiatri hanno segnalato il peggioramento dei problemi sociali a causa delle restrizioni” e che la Chiesa può così “aiutare la società a mantenere la sua salute psicologica e mentale in tempi di crisi”.
L’arcivescovo ci tiene a sottolineare che i rappresentanti del ministero della Giustizia e del ministero dell’Interno sono stati aperti a comprendere questo approccio, e che è stato anche importante che le confessioni religiose si siano presentate con una posizione unitaria.
“Recentemente - conclude l’arcivescovo di Riga - abbiamo avviato i negoziati con i rappresentanti del Ministero della Giustizia e delle altre strutture dello Stato per fornire sostegno finanziario ai sacerdoti cattolici e quanti sono impegnati presso le parrocchie in Lettonia. Alcuni capi delle altre confessioni con il numero inferiore dei membri si sono rivolti a me, chiedendo l’aiuto nella stessa questione riguardo le loro comunità. In questo momento lo Stato ha iniziato il dialogo su questo tema con tutte le confessioni in Lettonia”.
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