Firenze, 28 April, 2020 / 2:00 PM
La medicina è una delle scienze che più delle altre tenta di offrire una risposta alle necessità dei fratelli. Ciò in quanto, con l'aiuto di Dio, un bravo medico può, oltre che confortare, anche far regredire una patologia. Quanti malati sono guariti, grazie alle cure dei sanitari che si sono prodigati per loro.
Santi come Giuseppe Moscati, Camillo de Lellis, e molti altri si sono spesi fino all'inverosimile pur di salvare le vite di molti sofferenti riportandoli alla sanità. Tra loro ci fu anche San Fillippo Benizi.
Giovane toscano di una buona famiglia d'Oltrarno, fin da piccolo visse con devozione la propria fede.
Nato nel 1233, anno definito Allelujatico per la fondazione dei Servi di Maria, il suo nome è legato alla consolidazione dell'Ordine che, per l'opera svolta, venne approvato da papa Giovanni XXI, dopo il Concilio di Lione.
Accolto da San Bonfiglio, uno dei Sette Santi fondatori, prima, per la sua umiltà, come semplice fratello laico e successivamente ordinato sacerdote nel 1258, fu superiore generale dal 1269 fino alla morte, avvenuta il 23 agosto 1285 nella comunità di Todi.
Chi visse con lui, leggendo la Legenda Beati Philippi, lo ricorda come un religioso, umile, di carattere sereno e dedito alle lodi alla Vergine, fine ultimo dei suoi atti.
Le Cronache del tempo, ricordano che prima di essere ammesso alla schiera servita, fu un medico.
Filippo Benizi studiò Medicina, presso l'Università di Padova e nel 1253 si laureò, muovendo in questa direzione il suo quotidiano.
Gli Annali della storia dell'Ordine, redatti da padre Arcangelo Giani, servo di Maria, evidenziano diversi riferimenti alla professione sanitaria, esercitata dal santo.
I biografi che si occuparono della sua vita, lo mettono in evidenza come un professionista esimio, dotto ed eccellente.
Per un po' di tempo esercitò quella carità che si fa viva nella solidarietà che nel santo fu sempre particolarmente accentuata.
Pur ricoprendo una carica pubblica per la città di Firenze, fu sempre un uomo semplice ed umile. Alla grandezza del pensiero oppose la meraviglia della preghiera.
Anche da religioso, seppur abbandonato il camice non si dimenticò di curare lo spirito ed i corpi di coloro che si affidavano al suo soccorso.
Umilissimo, rifuggì una probabile elezione al Pontificato, nel Conclave di Viterbo del 1269.
Nelle comunità che visitò, da padre generale, rafforzò quel vincolo di solidarietà donando a piene mani, il poco posseduto pur di offrire una risposta ai bisogni delle persone che vedevano nella sua azione, un autentico e fedele servo di Maria.
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