Padova, 17 April, 2020 / 6:00 PM
"Cosa sarà che ci fa uscire di strada di notte? Che ci fa dire dei no, non ci sto?" Lo cantavano Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Sono versi di una canzone famosa e amata, che contiene la domanda essenziale, la domanda su "cosa sarà", quale sarà la forza speciale, indefinibile che rende la vita di ciascuno unica, diversa. Che non ci fa stare tranquilli, che ci spinge a fare cose impossibili, che ci fa compiere grandi cose, oppure commettere grossi errori.
La domanda è quella che si rincorre da sempre, da uomo a uomo, di civiltà in civiltà, di poesia in poesia, di pensiero in pensiero. Che cos'è la felicità, la vera felicità? Avere tutto per non avere niente? Rincorrere sogni di bellezza, gloria, potere, per non raggiungerli mai, oppure per vederli sfumare, o cadere infranti, alla prima tempesta esistenziale... E piu' sono alti i piedistalli da cui si cade piu' rovinosa e' questa caduta. Niente sembra dare soddisfazione fino in fondo, la gioventù finisce, l'amore spesso è una crudele illusione, gli onori passano e passano le ricchezze. Che cosa dà la forza di alzarsi ed andare incontro al nuovo giorno? Oggi stiamo amaramente sperimentando che un virus sta mettendo in ginocchio il nostro modo di vivere, le nostre certezze più incrollabili, tutto quello che davamo per scontato.
Giacomo Leopardi pensava che il maggior segno di grandezza e di "nobiltà" dell'animo umano è "il non per essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, ne', per dir così, della terra intera; considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell'animo proprio". Quel senso di domanda infinita, quel che spinge sempre più in la' (altra citazione poetica, da Montale); quel che non si può contenere, è la ricerca della vera felicità. Non a caso le parole di Leopardi sono poste ad epigrafe, diciamo così, al libro di Giovanni Emidio Palaia, dal titolo "Che cosa ci fa lieti?", pubblicato da Tau editrice. Si tratta di un itinerario che segue le orme dell'uomo alla ricerca della felicità: l'amore che lo rende veramente libero e gli dona l'unica già che non si esaurisce, che non non si consuma, come tutte le esperienze e le vicende che ci è dato vivere su questa vita.
Le riflessioni dell'autore, attraversando le pagine del Vecchio e Nuovo Testamento, abbracciano i secoli, si incarnano nelle vite di uomini e donne che hanno scelto di cercare fino in fondo ciò che davvero "rende lieti". Vite come quelle di Giorgio La Pira, San Francesco d'Assisi, Chiara Corbella, madri e padri che accettano situazioni difficili, come ad esempio l'arrivo in famiglia di un figlio down, giovani che non vogliono sprecare la propria esistenza e decidono di dedicarla al servizio degli altri.
Testimonianze e meditazioni che si riflettono anche nella prefazione scritta dal cardinale Matteo Maria Zuppi, dell'invito alla lettura di Beatrice Fazi, attrice e conduttrice tv, nella postfazione del cardinale Giovanni Lajolo.
L'uomo vuole essere felice, il suo cuore anela a questo giorno e notte, come si legge nel Qohelet, che l'autore cita all'inizio del suo percorso letterario. Tendere alla gioia è la condizione su cui si sono interrogati filosofi e scrittori, dall'antica Grecia a Roma, dal Medioevo, fino a oggi . Ma è la gioia cristiana a dare una risposta convincente. Ed è a Nazaret che avviene: Maria dice sì a Dio, si abbandona totalmente alla Sua volontà e perciò è pienamente restituita alla gioia. "Rallegrati Maria", le dice infatti l'angelo Gabriele, come sottolinea l'autore. Dire di sì a Dio, al Suo progetto, fa entrare Gesù nella storia e fa iniziare la storia della salvezza, inscritta nel cristianesimo.
La gioia della fede non è certo definibile come un "accontentarsi", o tanto meno un "rassegnarsi", e neppure la ricerca di qualcosa che si possa dare per acquisita una volta per tutte. Il cristiano "gioisce perché c'è stata un'irruzione nella sua vita, un evento che ha capovolto il senso del suo esistere, il significato stesso del suo vivere quotidiano, l'incontro con una Persona che muta radicalmente la vita, donandole una nuova via", spiega Palaia, dunque l'origine della gioia è l'incontro con l'amore, l'incontro con Cristo. E vengono citate, a conferma, le parole di Benedetto XVI: " All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che da' alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva".
Giovanni Emidio Palaia, Che cosa ci fa lieti?, Tau editrice, pp. 120, euro 10
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