Città del Vaticano , 08 September, 2015 / 4:56 PM
E’ tutto nella mani del vescovo. La riforma del processo canonico matrimoniale che da anni si attendeva è arrivata con due Lettere Apostoliche Motu proprio di Papa Francesco che ha lavorato sulla relazione della commissione creata lo scorso ottobre. “Mitis iudex Dominus Iesus” il documento per le Chiese latine e “Mitis et misericors Iesus” per le Chiese che seguono il codice dei canoni delle Chiese orientali.
Testi che recepiscono alcune delle proposte della Assemblea sinodale straordinaria, ma non le posizioni più estreme.
L’intento è quallo perseguito da sempre dalla Chiesa, rendere le dichiarazioni di nullità ( e non gli annullamenti come si dice spesso erronemente) certe e rapide con il solo scopo della “salus animarum”.
Una vera riforma del processo non era stata fatta dai tempi di Papa Benedetto XIV che aveva istituito la obbligatorietà della doppia sentenza conforme e poi Pio X che aveva dato competenza alle diocesi.
Nel dopo Concilio le posizioni sono state a volte contrastanti. Oggi con la nuova legge ordinaria, 20 commi nel codice di diritto canonico, il Papa amplia di fatto il potere dei vescovi e delle Chiese locali rendendoli giudici dei processi brevi e della necessità o meno di un processo ordinario.
Il Papa ha scelto una via che permetta, lo dice espressamente, al giudice di essere vicino ai fedeli, quasi di andar loro incontro.
Il numero dei matrimoni falliti aumenta e molti di questi sono nulli per la Chiesa, intende il Papa, e per questo “la carità dunque e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati.”
Ma il Papa non intende creare una forma di “divorzio cattolico” e scrive. “Ho fatto ciò, comunque, seguendo le orme dei miei Predecessori, i quali hanno voluto che le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo: e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell’ordine giudiziario.”
Ecco allora che il ruolo del vescovo diventa fondamentale. Non solo è giudice nel processo breve, ma è colui che decide la formazione del tribunale diocesano, e, nel caso sia un metropolita, segue gli appelli delle diocesi della sua metropolia prima che vadano a Roma, alla Rota.
I vescovi hanno in effetti un grande potere nel segno della collegialità, possono organizzare il tribunale diocesano e sta a loro decidere se due coniugi possano accedere al processo breve, avendo chiarezza della nullità del loro matrimonio, o no.
Si apre così alle “masse” soprattutto in alcuni paesi dove è difficile raggiungere i tribunali interdiocesani. Un altro impegno del vescovo è quello ad “abbassare i costi” in accordo con le Conferenze Episcopali. Un problema che riguarda solo alcuni paesi, perché nella maggioranza dei casi i processi sono gratuiti. La stessa Rota Romana procede gratuitamente nell’ 80 per cento dei casi.
Il vescovo ha anche l’autorità di respingere un appello in caso di mancanza di argomenti, e in questo senso diventa grande la sua responsabilità morale perché dipende dal suo giudizio se una delle parti ha diritto o meno a voler difendere la validità del suo matrimonio.
Il processo breve, 30 giorni più 15 per approfondimenti, in effetti è più una presa d’atto di una situazione evidente. E anche qui è il vescovo a decidere.
Ma i vescovi sono preparati ad essere “giudici”? Certo lo sono in senso teologico, ecclesiale, ma quanto al diritto canonico non è sempre facile trovare un pastore in grado di essere anche un buon giudice istruttore. Per questo il vescovo potrà avvalersi di assessori e di un tribunale appositamente creato. Ma pur sempre sotto la sua autorità.
Non sarà certo facile l’adeguamento alla nuova legge della Chiesa che entra in vigore tra 2 mesi, all’inizio del Giubileo della Misericordia. La Chiesa offre così a coloro che davvero hanno problemi di coscienza la possibilità di chiarire e appurare la verità sul loro matrimonio in modo certo e veloce.
Il Papa si riserva di fare anche un adeguamento della Rota Romana che ha bisogno di una legge speciale.
Ora il lavoro più impegnativo è proprio quello dei vescovi e dei tribunali diocesani come ha ricordato monsignor Dimitri Salachas esarca per i cattolici greci di rito bizantino, che ha fatto parte della Commissione voluta dal Papa insieme al cardinale Coccopalmerio, al decano della Rota ed altri specialisti.
Non sarà facile, ha detto, perché purtroppo la cultura canonistica è scarsa nel mondo. Ed ha chiesto che sia proprio la Rota ad aiutare le Chiese locali a rendere realtà le nuove norme.
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