Tirana, 09 September, 2015 / 5:30 PM
Obiettivi per lo sviluppo ONU, l’alt della Santa Sede. Al momento dell’adozione degli obiettivi per lo sviluppo, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha messo in chiaro che la Santa Sede non ha cambiato di una virgola il suo giudizio sui cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi, così come sul gender e la sessualità. Mettendo in luce che il testo viene giudicato positivo, almeno per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo. Ma con molte riserve.
Il discorso del 1 settembre va letto anche in vista del discorso di Papa Francesco alle Nazioni Unite, il prossimo 25 settembre. Si spera che Papa Francesco faccia anche un riferimento all’ “action plan” per fermare le persecuzioni dei cristiani nel mondo, che parli di immigrazione, temi forti del Pontificato. Questo non significa che la diplomazia della Santa Sede abbia abbassato però la guardia sui temi sensibili della vita.
Ecco allora le puntualizzazioni dell’arcivescovo Auza, che vengono dopo aver sottolineato che l’agenda “è un ambizioso piano di azione,” con “molte proprie e lodevoli aspirazioni,” che possono “essere descritte come una sfida culturale, spirituale ed educazionale.” Ma l’Osservatore Permanente chiede anche che tutti gli sforzi devono essere diretti verso “una ecologia integrale,” come richiesto dall’enciclica Laudato Si.
C’è però la necessità di mettere i puntini sulle “i,” e la Santa Sede lo fa in 7 punti, alcuni tecnici, altri più chiari. A partire dal chiarimento sul termine “Salute sessuale e riproduttiva” e “diritti riproduttivi,” che “la Santa Sede considera da applicare a un concetto olistico di salute,” ma non certo “all’aborto o all’accesso all’aborto o agli abortifacenti.”
Ci sono anche termini come “contraccezione,” “pianificazione familiare”, e la Santa Sede riafferma la sua posizione riguardo i metodi di pianificazione famigliare, e dividendo tra quelli che “la Chiesa cattolica considera moralmente accettabili e, dall’altra parte, servizi di pianificazione familiare che non rispettano la libertà degli sposi, la dignità umana e i diritti umani.”
Poi, il problema del termine “gender”: secondo la Santa Sede, questo può essere basato sull’identità biologica sessuale, che è costituita tra maschio e femmina. Una definizione che taglia fuori l’idea del gender come viene diffusa, ovvero che il sesso deriva da una scelta sociale.
Restano le riserve della Santa Sede sui termini, come definito nelle Conferenze Internazionali sulla popolazione e lo Sviluppo del Cairo e sulla Quarta Conferenza Mondiale sulla Donna di Pechino, che furono momenti di massima battaglia diplomatica della Chiesa cattolica sulle nozioni di salute sessuale e riproduttiva e sui diritti riproduttivi.
Poi c’è il problema dell’educazione alla sessualità. La Santa Sede – afferma l’arcivescovo Auza – “sottolinea ancora una volta” la “responsabilità primaria” dei genitori in termini di educazione, e anche il diritto alla loro “libertà religiosa,” quando si arriva “all’educazione e alla crescita dei figli,” come è stato definito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dei Diritti del Bambino.”
Infine, la Santa Sede sottolinea che “l’agenda va letta in linea” con i principi delle Nazioni Unite.” L’agenda parla di strumenti non vincolanti – che spesso sono usati per fare pressione e introdurre nelle agende dei governi temi come la salute sessuale e riproduttiva e l’educazione sessuale – e la Santa Sede “enfatizza l’importante distinzione che deve essere mantenuta tra i trattati, che sono formalmente negoziati e adottati dagli Stati con l’intenzione di creare obbligazioni legali, e altri documenti internazionali che non hanno la stessa autorità.
E così, la Santa Sede esprime la sua posizione.
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