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Coronavirus, il Cardinale de Donatis dispone la chiusura delle Chiese a Roma

Il cardinale de Donatis durante la celebrazione di stasera al Divino Amore
Il decreto con cui il cardinale de Donatis ha disposto la chiusura delle chiese a Roma

Chiese chiuse a Roma fino al 3 aprile. La decisione arriva dal Cardinale Angelo de Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ha modificato il decreto 446/20 dell’8 marzo che disponeva la sospensione delle Messe, ma non la chiusura delle chiese, che rimanevano aperte per la preghiera personale.

Nella modifica del decreto, si legge che “fino al 3 aprile 2020, l’accesso alle chiese parrocchiali e non parrocchiali della diocesi di Roma aperti al pubblico, e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere aperti al pubblico, viene interdetto a tutti i fedeli”.

Resteranno accessibili “solo gli oratori di comunità stabilmente costituite” (siano religiose o monastiche), ma solo per le comunità che vi vivono.

Il decreto sottolinea che i fedeli sono “dispensati dall’obbligo del precetto festivo”, e sottolinea che “sarà cura dei sacerdoti” attivarsi per dare luogo a queste disposizioni “innanzitutto con la chiusura delle aule di culto e di ogni iniziativa atta allo scopo”.

Il decreto della diocesi di Roma fa riferimento sia alle ultime disposizioni del Consiglio dei Ministri, sia al comunicato della presidenza CEI del pomeriggio, che già lasciava preconizzare una chiusura delle chiese, specificando però che i sacerdoti avrebbero continuato ad offrire Messa ogni giorno.

Nella Messa al Divino Amore, che il Cardinale de Donatis celebrerà ogni sera fino alla fine dell’emergenza, ricorda che Gesù ha detto che “dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sarò con loro”, e chiede di accogliere l’invito di Gesù “facendo delle nostre case chiese domestiche”.

Il Cardinale sottolinea di voler confidare nel Signore, di sentire l’amore di Dio in questo momento di prova, e poi commenta la parabola di Lazzaro e del ricco epulone, che è il Vangelo del giorno.

“Gesù – spiega il Cardinale - ci invita a non vivere come il ricco, interessato solo a se stesso… ‘ma io cosa c’entro? Cosa posso fare?’ Questa è la reazione davanti al povero che grida aiuto”.

Continua il vicario del Papa: “Lazzaro è chiunque si sente solo, senza amicizia, senza consolazione, senza amore, e pure in questo momento in cui tutti stiamo sperimentando la fragilità e la debolezza della natura, forse capiamo un po’ di più cosa significa essere Lazzaro, tendere la mano e chiedere aiuto”.

Il cardinale de Donatis sottolinea che “in questi giorni stiamo riscoprendo la solidarietà”, che questo è “un tempo in cui possiamo capire che se ci chiudiamo nell’egoismo, perdiamo la vita eterna”, perché “il peccato del ricco è non aver dato”; non sta negli eccessi, sta nel fatto che “non un gesto, non una briciola, non una parola al mendicante lasciato solo con i cani. Il suo peccato è l’indifferenza assoluta, come se Lazzaro non esistesse”.

Il cardinale si dice grato, come tutti, ai medici che stanno curando i malati, e ricorda che “oggi i poveri sono ancora più poveri, se manca la presenza dei volontari essi saranno ancora più soli. Questo è il momento per smuovere ancora più il cuore, ora è il tempo più favorevole per fare del bene, ora è il tempo anche se non possiamo toccarci di tendere una mano, valorizzare una parola, il sorriso. Lazzaro ha bisogno del pane materiale e delle briciole della carità donata. Dio conta tutte le briciole e tutte le parole donate a Lazzaro”.

Il Cardinale affida a Dio i malati, “ricordandoci che l’indifferenza distanzia, mentre l’amore unisce e già oggi ci fa sperimentare il paradiso. Nessuno ha il diritto di non fare nulla e ridurre a nulla l’uomo.”

La preghiera è di “cogliere l’opportunità di questo periodo desiderando l’unico contagio buono che è quello dell’amore, a riconoscere che tu abiti nel povero e nelle sue piaghe, che tu abiti nelle piaghe di tutti e che da queste piaghe potremo raggiungere la luce attraverso il sentiero della misericordia”.

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