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Esercizi spirituali, “l’ipocrisia è menzogna, non sa cosa sia il discernimento”

Un momento degli Esercizi Spirituali ad Ariccia

Il peccato non come trasgressione alla legge di Dio, ma come “mancanza di fede”, è stato al centro della riflessione del pomeriggio del 3 marzo di padre Pietro Bovati agli esercizi spirituali di Quaresima predicati alla Curia Romana. Mentre nella mattina del 4 marzo, padre Bovati si è concentrato sulla notte come “luogo in cui Dio si manifesta”.

Nella sua riflessione della sera del 3 marzo, padre Bovati sottolinea che “anche in noi ci sono fenomeni di cecità, di idolatria, che è essenzialmente una mancanza di fede nel Signore Gesù, l’incapacità di vivere davvero affidandoci”.

La meditazione si è incentrata nell’episodio del vitello d’oro narrato dell’Esodo. Padre Bovati ha notato che il primo precetto del decalogo si riferisce al “non avere altri al posto dell’unico Dio e a non fare immagini della divinità”. Un precetto superato dai cristiani, perché viene invece ritenuto utile, “anche contro le tendenze iconoclaste”, ricorrere a immagini della divinità per accrescere la fede, mentre l’idolatria rimane “un peccato capitale denunciato in tutta la tradizione dell’Antico Testamento”.

Per padre Bovati, c’è una “cecità gravissima che affligge la coscienza”, e il peccato “non può essere guarito”, perché non è riconosciuto ed è negato, assomigliando così “al peccato contro lo Spirito, senza rimedio”.

Il teologo gesuita ammonisce che “l’ipocrisia è menzogna, perché sostituisce l’agire buono con l’apparenza della bontà”, e “non sa giudicare, non sa cosa sia il vero discernimento”, è “cieca e non conosce la giustizia, la misericordia, la fedeltà, identifica il bene con pratiche e adempimenti materiali”.

Succede con l’episodio del vitello d’oro, la cui costruzione nasce dal non riconoscere Dio, ed è da questo mancato riconoscimento che “vengono tutti i mali”.

Ed è da qui che nasce l’idolatria, che nasce dal desiderio di certezze e dal fatto che si preferisce “vedere” piuttosto che ascoltare la voce di un Dio invisibile”.

Ha ammonito Bovati: “Se si sostituisce il credere con il sapere, se si cessa di aderire a Dio, certo si crede di possedere la verità, invece di cercarla e ascoltarla in umile docilità”.

Padre Bovati ha messo anche in guardia dal culto devoto e splendido, ma senza l’accoglienza di una parola che trasforma, perché “non bastano le cerimonie ben fatte, se esse non sono fondate sull’autentica preghiera che è prima di tutto ascolto” di Dio.

Ma la risposta è in Gesù, che dice “Abbiate coraggio. Io ho vinto il mondo”. “Ecco – conclude Bovati - lo ha vinto anche per noi, così che nel riconoscimento anche della nostra poca fede possiamo comunque intonare l’inno di lode, volgendo lo sguardo amoroso verso di Lui, il solo nostro Dio, il nostro Salvatore”.

Nella sua riflessione del 4 marzo, padre Bovati si è invece concentrato sulla traversata notturna, perché “la notte è il luogo del mistero, dove Dio si manifesta”.

Padre Bovati sottolinea che l’idea di Dio non è quella della scorciatoia facile. Ci si arriva attraverso “un cammino lungo e apparentemente contradditorio”, addirittura il processo di liberazione “risulti come un inganno, una specie di trappola”.

Per padre Bovati, “la gente ha paura perché sente di essere polvere”, e questo viene vissuto come “delusione”. E così “il primo servizio dell’uomo di Dio consiste non nel rimproverare, accusando di viltà, incoerenza, ingratitudine, stoltezza”, ma nemmeno “nell’abbandonare i pavidi scegliendo solo quelli più coraggiosi, considerando chi ha paura inadatto all’impresa spirituale”.

Padre Bovati sottolinea l’importanza del “ministero dell’incoraggiamento” che consiste “nella parola che infonde fiducia”.

Dall’Esodo al Vangelo di Matteo, al capitolo 14, dove si parla di una “traversata del mare compiuta camminando sulle acque”. Il tema della traversata ritorna, e Gesù va incontro ai discepoli, li incoraggia, e “lo stesso è chiamato a fare oggi chi testimonia l’amore di Dio”.

Gesù chiede anche a Pietro di fare la stessa cosa, e padre Bovati sottolinea che “chi è mediatore nella storia farà ciò che ha fatto Gesù, chiamando la gente perché possa coraggiosamente camminare sui flutti e facendo, quindi, fare l’esperienza della possibilità e della realtà della vittoria della vita sulle insidie e le violenze del male”.

Si tratta, per il predicatore, di “un ministero misericordioso, perché è il cammino che porta verso la vita”, e “sorregge chi ha poca fede, chi vacilla, chi ha paura di soccombere”.

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