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Primato petrino, le Chiese cattoliche orientali come ponte per l’unità

L'arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk durante la conferenza della Cattedra Tillard, Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, Roma, 14 febbraio 2020

Il nodo è sempre quello: il primato petrino. Dal documento di Ravenna del 2007, cattolici e ortodossi riuniti congiuntamente hanno riconosciuto che la Chiesa di Roma aveva un primato sulle altre Chiese. Ma il dialogo teologico si è fermato su “come” questo primato dovesse essere esercitato. Ed è proprio quello uno dei nodi principali sul cammino della piena unità. Un nodo che potrebbe essere risolto guardando alle Chiese cattoliche di rito bizantino.

Ne è convinto l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, che lo scorso 14 febbraio ha tenuto all’Angelicum una conferenza nell’ambito della Cattedra Tillard, un ciclo di conferenze organizzato dal Pontificio Consiglio della Promozione dell’Unità dei Cristiani per il 25esimo anniversario dell’enciclica Ut Unum Sint di San Giovanni paolo II.

Proprio in quell’enciclica, ricorda Sua Beatitudine, San Giovanni Paolo confermava “la dottrina cattolica circa il ministero del vescovo di Roma”, ma invitava allo stesso tempo “a interpretare l’esercizio di questo ministero in una prospettiva nuova.”

Il tema del primato petrino è cruciale nel dialogo cattolico ortodosso, e già il Cardinale Lubomyr Husar, predecessore di Shevchuk alla guida della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, aveva messo in luce come “il primato petrino non deve essere motivo per non procedere al ristabilimento della comunione”, ma è piuttosto “una verità di fede alla fin fine riconosciuta da tutti coloro che tutt’oggi riconoscono la tradizione antica”.

Prendendo le mosse dalle parole di Husar, l’arcivescov maggiore Shevchuk ha rigettato l’appellativo di “uniate” per la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, e sottolineato che si tratta piuttosto di “una ecclesia particularis sui iuris” nel senso pieno del termine, un ponte tra oriente e occidente che può aiutare anche in questo percorso per la piena comprensione del primato petrino.

Dal punto di vista delle Chiese orientali, spiega il capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, “più che una giurisdizione universale, il ministero petrino è, in radice, il servizio autorevole reso alla comunione universale”.

Il primato del vescovo della Chiesa di Roma fa dunque “parte della nostra fede”, non nel senso della giurisdizione canonica, ma piuttosto della “giurisdizione della nostra fede”, come dimostrano “la testimonianza e anche il martirio delle Chiese orientali”, dato che “nessuno darebbe la vita per un articolo del diritto, ma deve dare la vita, fino allo spargimento di sangue, per la fede in Cristo e nella sua Chiesa”.

L’arcivescovo maggiore si riferisce alle continue persecuzioni che hanno vissuto le Chiese di rito bizantino dall’altro lato della Cortina di Ferro, proprio perché rifiutavano di rinnegare la loro comunione con Roma e di essere assorbite in Chiese nazionali. Oltre alla diaspora ucraina, vanno ricordati anche i martiri della Chiesa Greco Cattolica romena, cui Papa Francesco ha reso omaggio durante il suo viaggio in Romania nel maggio-giugno 2019, beatificandone sette.

Per questo, l’arcivescovo maggiore Shevchuk ha affermato che la Comunione con Roma è stata “più forte della cortina di ferro e dei carri armati dell’Unione Sovietica”, una Eucarestia che è stata “per noi la forza della Chiesa sofferente e la manifestazione, anche visibile e tangibile, della nostra comunione con il Papa”.

Da questo punto di vista, le Chiese cattoliche orientali sono “già oggi un modello della piena e visibile unità e comunione della Chiesa di Cristo sulla terra”, sebbene questo modello venga “confuso, e perciò disprezzato, con l’uniatismo, come modo di raggiungere la comunione con il successore di Pietro”.

Il capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina rimarca che “fra il modello di vivere la piena comunione e il metodo del suo raggiungimento vi è grande differenza”, e nota che mentre i fratelli ortodossi, nell’esperienza di comunione ecclesiale, partono “dalla comunione locale della comunità cristiana” e dunque “guardano con diffidenza l’esistenza stessa dell’autorità universale della Chiesa di Cristo o la negano esplicitamente”, le Chiese cattoliche orientali rappresentano un modello “di comunione piena e visibile che deve ancora essere riscoperto e studiato”.

“Noi orientali cattolici – afferma l’arcivescovo maggiore Shevchuk – ci sentiamo chiamati a confessare e a testimoniare a queste Chiese che la comunione con Pietro non ci nuoce e non ci limita, non compromette la comunione locale, ma la fa fiorire a livello universale”.

Per questo, “il concetto di sub Petro può essere considerato nel suo giusto significato teologico e canonico dal punto di vista ad intra della Chiesa latina come una delle Chiese sui iuris della comunione cattolica”, sebbene “la sua tradizione giurisdizionale non viene imposta qua talis alle altre Chiese sui iuris”.

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