Città del Vaticano , 26 August, 2015 / 1:09 AM
Da sessanta anni, l’Opera di San Giacomo in Israele risponde ai bisogni pastorali dei cristiani giunti in Israele insieme alle migrazioni consguenti alla nascita dello Stato di Isarele. E, in occasione delle celebrazioni dell’anniversario, il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha inviato una lettera di auguri a nome di Papa Francesco.
Nella lettera, datata 13 agosto 2015, si sottolinea che i membri riflettono “le molte grazie che vi ha dato Dio in questi anni.” “Sua Santità prega che tutti voi possiate essere rinnovati nella vostra gioiosa testimonianza del Vangelo,” che deve essere fatta – scrive il Cardinal Parolin, citando l’Evangelii Gaudium, “ non solo con le parole, ma soprattutto con le vostre vite trasfigurate dalla presenza di Dio.”
Perché – aggiunge – così “la comunità del Vicariato sarà non solo rafforzata, ma diventerà anche un più efficace strumento di dialogo e pace in una società più ampia, e un sgno dell’amore di Cristo per quanti anno bisogno.”
L’Opera di S. Giacomo Apostolo, è stata fondata nel 1954 per rispondere ai bisogni pastorali dei cristiani giunti in Israele insieme alle immigrazioni conseguenti alla nascita dello Stato di Israele.
Si tratta di un’opera diocesana che fa capo al Patriarca Latino di Gerusalemme, ma ha anche un Vicario Patriarcale che rappresenta il vescovo e che segue più da vicino le attività pastorali delle comunità.
L’opera è composta prevalentemente da cristiani di origini giudaiche e ma ci sono anche cristiani "gentili"., e tutti i suoi membri sono in libra ebraica, quindi tutta liturgia è in Ebraico moderno. Ed era in ebraico moderno già dal 1957, quando Pio XII concesse l’uso del ‘volgare’ ancora prima che il Concilio Vaticano II stabilisse la possibilità di utilizzare le lingue correnti nella liturgia.
Per questo l’Opera è anche chiamata "Chiesa Cattolica di lingua ebraica", o "Chiesa Cattolica in Israele". L’opera è costituita da circa trecento persone in tutto Israele, divise in quattro comunità: Beer Sheva, Tel Aviv-Jaffo, Gerusalemme, Haifa. E ogni comunità ha il suo carattere: Ber Sheeva è l’unica chiesa in tutto il Sud di Israele, e per questo accoglie tutti i cristiani nella zona. La maggior parte dei componenti di questa Chiesa locale è fatta da famiglie, mentre la comunità di Gerusalemme conta meno famiglie, e più religiosi e religiose.
In occasione del Sessantesimo anniversario, padre David Neuhaus, vicario del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini per i fedeli di lingua ebraica, ha diramato una lettera pastorale in cui definisce l’opera un “ponte per la riconciliazione tra ebrei e cattolici,” ma anche uno strumento che rende più evidente “l’alternativa alla guerra tra il mondo palestinese (e arabo) e quello israeliano.”
Nella lettera pastorale, padre Neuhaus ricorda passo dopo passo la storia della comunità, una realtà costituita da migliaia di cristiani immigrati dopo il 1948, da ebrei “che avevano incontrato Cristo e lo avevano riconosciuto come Messia e Signore”, nonché da cristiani membri di famiglie ebraiche.
La lettera porta significativamente la data del 9 agosto, memoria liturgica di San Edith Stein. Padre Neuhaus ricorda che l’Opera di San Giacomo “ha dato inizio a comunità cristiane interamente legate alle loro radici ebraiche, nello Stato di Israele, parlando ebraico, una lingua che non era mai stata usata prima nella vita e nella liturgia cristiana, testimoniando i valori del Vangelo nella società israeliana di lingua ebraica”.
L’Opera di San Giacomo – aggiunge padre Neuahus – è una realtà che, come “la prima Chiesa di Gerusalemme», si sente «completamente a casa nel mondo ebraico”. Infatti, “la creazione dello Stato di Israele nel 1948 ha fornito il contesto in cui, per la prima volta dal primo secolo, i cristiani vivevano all’interno di una maggioranza ebraica, in una società definita dalla religione, dalla storia e dalla civiltà ebraica”.
Padre Neuhaus cita anche il cinquantesimo anniversario dalla promulgazione della Nostra Aetate, il documento conciliare sul rapportro tra il cristianesimo e le religioni non cristiane, che “contribuito a una delle piú grandi rivoluzioni del ventesimo secolo, quella dei rapporti tra ebrei e cristiani,” sostituendo “il diffuso ‘insegnamento del disprezzo’ (…) ha lasciato il posto all’insegnamento del rispetto”.
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