Città del Vaticano , 06 December, 2019 / 4:00 PM
È il sito cristiano più antico visitato ininterrottamente dalla sua costruzione, avvenuta nel IV secolo, per volontà di Costantino. Eppure, la Basilica di Natività di Betlemme ha avuto solo un intervento di ristrutturazione, nel 1479. Sei anni fa si presentava con i mosaici dai colori smorti, un tetto da cui entrava l’acqua ogni volta che pioveva, le transenne cadenti. Oggi, il restauro della Basilica della Natività è completo. E il frutto dei lavori è stato presentato in Vaticano, in un evento dell’Ambasciata di Palestina presso la Santa Sede con la presenza del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.
Il capo della diplomazia pontificia ha lodato il lavoro di rinnovamento che “ha riportato agli occhi di tutti gli splendori della basilica della Natività, e se ne compiacciono i cultori della storia e dell’arte, ma ce ne rallegriamo soprattutto noi credenti”. Quindi, il Cardinale ha aggiunto che è importante che questa presentazione “abbia luogo in avvento, tempo di celebrazione della venuta del Signore, in cui ci sentiamo attratti dall’umiltà di colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo”.
E qui, il discorso del Cardinale si colora di toni diplomatici, perché ricorda che “il Bambino di Betlemme è il principe della pace, è la nostra pace, e la nostra pace è colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era nel mezzo, cioè l’inimicizia”. Per questo, il Cardinale invoca “la pace in Terrasanta, la pace come frutto della giustizia, la pace raggiunta faticosamente, ma tenacemente, attraverso la disponibilità alla riconciliazione”.
Il tema della pace è cruciale nella storia del restauro della Basilica della Natività. Prima di tutto perché, per portare a termine il restauro (svolto dalla ditta Piacenti) si è accordato lo Stato di Palestina con la custodia di Terrasanta, la Chiesa Greco Ortodossa e la Chiesa Armeno Ortodossa. Serviva di rifare un sito, ma anche di tenerlo aperto alle esigenze dei pellegrini. E così è stato.
Poi, perché la Basilica della Natività non era mai stata toccata in tanti secoli, nonostante le guerre e i conflitti che hanno attraversato la regione a più riprese. Ma poi, racconta padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terrasanta, questo è successo nel 2002, con “l’inizio della seconda Intifada, quando 240 palestinesi si sono rifugiati in Basilica dal 2 aprile al 10 maggio. Fu San Giovanni Paolo II, con una mediazione impossibile, a risolvere la questione”.
Infine perché fu proprio la Basilica della Natività il primo sito che lo Stato di Palestina è riuscito a far riconoscere dopo essere entrato come osservatore nell’UNESCO. Il voto che incluse la Basilica della Natività tra i siti UNESCO ebbe un forte significato politico per la Palestina, che era membro dell’UNESCO da circa otto mesi.
L’ingresso della Palestina all’UNESCO fu appoggiato dalla Santa Sede, che rilasciò all’annuncio una dichiarazione pesata, non come arbitro, ma come Paese particolarmente interessato allo sviluppo degli eventi e desideroso di mantenere rapporti di vicinanza sia con gli israeliani che con i palestinesi. Con i primi, anche per concludere le trattative sull’applicazione dell’Accordo Fondamentale, che sembrano non finire mai. Con i secondi, perché i cristiani della regione sono soprattutto arabi palestinesi, una minoranza isolata che va protetta: non a caso la Palestina è il primo Stato a maggioranza musulmana ad avere siglato un accordo con la Santa Sede.
Subito, la Basilica della Natività fu inserita tra i siti a rischio, ovvero in quella lista di siti in condizioni che ne vadano a minare le caratteristiche originarie. E solo quest’anno, proprio grazie ai lavori di restauro, la Basilica non è stata più considerata a rischio.
“Il processo di ristrutturazione – spiega l’ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede Issa Kassisieh – è stato necessariamente lungo e complesso, perché ci si doveva accertare che tutto fosse aderente alla carta dell’UNESCO. La sfida è stata di mantenere la chiesa aperta per i pellegrini e allo stesso tempo portare avanti il restauro”.
Tra gli interventi, anche quello di Ramzi Khouri, rappresentante del presidente Mahmoud Abbas e presidente dell’Alto Comitato Presidenziale per gli Affari Ecclesiastici di Palestina.
Certo è che il lavoro di restauro ha ridato piena luce alla basilica della Natività. Il restauro è cominciato nel 2013, ad opera di un consorzio di università italiane guidato dall’Università di Ferrara, con 400 persone che si sono alternate nel lavoro. Primo intervento è stato di mettere al sicuro il tetto, rifacendo la copertura di piombo di 2800 metro quadri e poi rimettendo in sesto le capriate progettate dagli architetti di Giustiniano.
Quindi, si è intervenuti sui 2000 metri quadri di mosaici delle navate e sui transetti: dove è stato possibile, sono state ripulite le superfici, in altri casi si è ricostruito il colore attraverso della malta incisa pigmentata. È stato in quell’occasione che si è ritrovato il mosaico di un angelo fino ad allora sconosciuto.
Quindi, sono state restaurate le colonne delle navate e dei mosaici pavimentali.
Restauro, come detto, apprezzato dall’UNESCO, che, nel provvedimento che toglieva la Basilica dai patrimoni a rischio, lodava le scaffalature fatte per costruire un tunnel sotto la piazza della Mangiatoia e l’adozione di un piano di gestione per la conservazione del sito.
La chiesa della Natività si trova a 10 chilometri a Sud di Gerusalemme. Fu identificato come il luogo della nascita di Gesù dal II secolo, e la prima Chiesa fu completata nel 339. Nel VI secolo, dopo un incendio, l’edificio fu sostituito da una nuova costruzione, ma mantiene mosaici sul pavimento che provengono dalla costruzione originale. Nel sito ci sono anche conventi e chiese latine, greco ortodosse, francescani e armeni.
Ora, la Basilica ha una nuova luce. La Palestina ha donato al Cardinale Parolin, come gesto simbolico, un pezzo del tetto della Basilica, mentre Papa Francesco ha inviato un frammento della reliquia della culla di Gesù Bambino, che si trova a Santa Maria Maggiore. Frammento estratto grazie alla professionalità dei tecnici dei Musei Vaticani, ha notato il direttore Barbara Jatta.
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