Roma, 11 November, 2019 / 2:00 PM
Il tempo scorre veloce e con il suo passaggio porta con se tutto, ma non il bene compiuto e quanto di bello rimane nella contingenza del quotidiano. E questo è un dato oggettivo in quanto ancora oggi, in mezzo alle incomprensibili situazioni dell'esistere, rimane così luminoso anche tanto altro. Domenico di Guzman, Caterina da Siena, Piergiorgio Frassati e tanti altri hanno lasciato quel profumo di bellezza e di ciò, straordinariamente, si tiene immutato ricordo anche a distanza di secoli. L'ultima parola non è ne sarà mai il male, ma solo la Resurrezione in quanto questa è l'alba di ogni domani.
La vita di padre Agostino Pierini ha fatto parte, in questo senso, di quella pagina di bene, scritta nel silenzio quotidiano da molti uomini fedeli al proprio dovere. E questo è il ricordo che si ha di questo religioso, innamorato di San Domenico e che portava nel suo stile l'impronta della vera autenticità. Nella comunità della Madonna del Rosario in Prati, a Roma, ha trascorso la propria esistenza, nel silenzio ed in quel passo svelto che lo faceva muovere dalla chiesa alla comunità.
Ascoltava le confessioni in sacrestia e con poche parole, dette anche rapidamente, metteva nell'animo del penitente quella voglia di Infinito che ti porta alla ricerca. Nulla di speciale, forse.
Agostino Pierini nacque a Tolfa, in provincia di Roma, il 26 dicembre 1913. Com'era consuetudine per il suo tempo a 17 anni entrò nel noviziato della famiglia domenicana e terminato l’iter formativo si rialzò sacerdote, in quel 19 settembre 1936.
Rapida intelligenza non si fermò alla cultura, ne alla laurea in Teologia, conseguita presso l'Angelicum di Roma, ma chiese di andare missionario nel Multan, in India.
La situazione che trovò era davvero complessa: diffusa povertà e problemi vari rendevano particolarmente difficoltosa la vita del missionario. In questa circoscrizione su una bicicletta o una moto si spostava nei vari villaggi portando il messaggio di Cristo, sulle note di quella musica che infiammava e rallegrava il suo animo. Vi trascorse quasi tutta la sua lunga esistenza fino al 1979, quando per motivi di salute rientrò in Italia.
L'internato in un campo di concentramento inglese in quanto italiano (nel 1941), le diverse malattie che lo hanno afflitto tra cui anche un'ulcera e le tante prove non fermarono il suo animo, innamorato del Cristo, intravisto nei molti volti incontrati nel suo andare missionario.
Visse la propria vita religiosa in diverse comunità tra cui oltre Santa Maria del Rosario in Prati, si ricordano Santa Maria sopra Minerva, Santa Maria a Civitavecchia, San Domenico a Perugia, San Biagio a Tivoli.
In tali luoghi si spese nell'amministrazione dei sacramenti e nelle visite agli ammalati che riempivano le sue giornate.
Sempre allegro e validissimo musicista metteva queste doti al servizio delle varie realtà, nelle quali spendeva la propria missione.
Attento alla vita religiosa, nei suoi ultimi giorni, chiestogli se temeva l'incontro con il Signore ha risposto semplicemente e con tutta franchezza di no, in quanto era vissuto tutta la vita per Lui. Era il 2 dicembre 2000.
Tali parole restano un invito a saper guardare all'esistenza, come a quel dono ben speso per i fratelli e questo è stato il più bel messaggio di questo religioso domenicano, che ha saputo cosi spendere i propri i talenti, vivendo già in quel Regno di vera gioia grande perché piena.
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