Roma, 25 October, 2019 / 6:00 PM
"L'esempio di Tommaso Moro ci suggerisce che nessun ambiente e' precluso alla testimonianza di Cristo, ma che anzi attraverso la fede siamo chiamati a trasformare il mondo. E anche la politica e' un luogo privilegiato per questa testimonianza".
Queste parole, scritte dal cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, risuonano in questi ultimi tempi come un richiamo piu' che mai attuale. Conflitti quotidiani, reazioni smodate, cambiamenti repentini e a trecento sessanta gradi, per cui quello che era vero ieri oggi è incerto e domani, probabilmente, non sarà neppure preso in considerazione. ..Oggi la maggioranza la di noi vive immersa in questo magma, in un panorama socio-politico tanto sconfortante quanto "fluido", spaesato, incongruo. Per questo guardare ad un uomo, ad un pensiero come quello incarnato da Tommaso Moro equivale a intravedere una luce ferma in mezzo a tante nuvole basse e scure.
Su questo straordinario uomo del Cinquecento, a lungo consigliere stimato di re Enrico VIII, poi, a causa della coerenza al proprio credo religioso e alla propria coscienza, considerato addirittura un traditore e come tale condannato a morte, sono state scritti migliaia di pagine, si sono composti versi, alla sua vita si sono ispira molti artisti. Il film "Un uomo per tutte le stagioni", d Fred Zinnemann è stato un grande successo anche commerciale, conquistando numerosi Oscar.
Anche se,, per la verità, ci sono stati anche tentativi di distruggerne la grandezza morale, come ha fatto, in tempi recenti, la scrittrice Hilary Mantel, nel suo romanzo storico "Wolf Hall". Tuttavia polemiche, rivisitazioni, riletture alla luce del nostro relativismo più sfrenato, non riescono ad offuscare quella luce che emana. La sua decisione di mettere in gioco tutto, la sua carriera, il suo prestigio, la sicurezza della propria famiglia, la sua stessa vita, per non venire meno alle proprie convinzioni, per non sottomettersi a condizioni "disonorevoli" e profondamente sbagliate, decidendo, nel momento del conflitto tra il re inglese, che voleva il divorzio, e il Papa, che non lo riconosceva, di scegliere di stare dalla parte della Chiesa, mentre cominciava a soffiare il vento della Riforma in tutta Europa, ecco tutto questo avveniva in conseguenza della proprie scelte, delle proprie esperienze, in coerenza con quello che aveva vissuto fino ad allora. Nessun opportunismo, nessuna paura hanno potuto far deviare il suo cammino.
Le frasi del cardinal Sarah citate sono presenti nella prefazione da lui scritta ad un interessante saggio, pubblicato recentemente dalla casa editrice Studium, dal titolo "Tommaso Moro. La luce della coscienza": l'autore è Miguel Cuartero Samperi, con la postfazione a cura di Elisabetta Sala. Un saggio che ripercorre le tappe della vita di Moro seguendo il "filo rosso" della centralità della coscienza. Egli diede sempre ascolto alla propria coscienza, che era, per lui, il luogo in cui si rivela la voce di Dio che guida l'uomo a scegliere il bene e ad opporsi al male.
La decisione di rifiutare gli atti del Parlamento inglese non fu motivata tanto da argomentazioni politiche quanto proprio dalla fedeltà alla propria coscienza, alla Chiesa e a Dio. Del resto, spiega sempre il cardinale nella prefazione, "la coscienza non è semplicemente il sentimento individuale immediato, ma piuttosto la determinazione intima e forte alla quale non possiamo pervenire se non grazie a un lungo lavoro di preghiera, di approfondimento, di riflessione e di ricerca interiore. Martire della coscienza, Tommaso Moro manifesta in modo particolarmente adatto alla nostra epoca, così restia ad ogni conformismo, il senso della giustezza e della fecondità politica, il senso della Tradizione, dei costumi, della morale". Appare evidente come tutto questo oggi sia eclissato, travisato, in una abitudine a non avere più autentici punti di riferimento, ad una inveterata consuetudine ad adattarsi alle convenienze del momento, al pensiero comune dominante.
E la coscienza? Non sembra un termine ormai vetusto, dal significato logoro, abusato e quindi ormai quasi sconosciuto? Secondo il cardinale Robert Sarah, infatti, "troppo poco ricordiamo che la coscienza è prima di tutto un luogo di ascolto. Possiamo così dire che la coscienza è prima di tutto un luogo di ascolto. Per Tommaso Moro questo ascolto ha significato, sacrificare il suo io, la sua posizione di potere, la sua stessa vita e, direi anche, la sua famiglia, per essere fedele alla verità che Dio gli ha manifestato.
La radice del suo martirio è la fedeltà alla coscienza nella quale ha riconosciuto la voce di Dio. Per questo è santo". Come sempre, le, parole del cardinale rappresentano un richiamo contro i "mali" contemporanei, quali l'individualismo sfrenato, il relativismo, la mancanza di ascolto, la mancanza di silenzio, tema, quest'ultimo, a cui ha dedicato un libro di grande successo.
Ora ci riporta a Tommaso Moro, grazie a questo saggio, dalle cui pagine la sua figura si erge nuovamente fulgida, solida, esempio di fede vissuta fino all'ultimo istante, fino al martirio. E ci aiuta e ci consola, nel buio che stiamo attraversando.
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