Roma, 27 September, 2019 / 4:00 PM
I santi sono persone straordinarie e ciò nasce dalla loro umanità, unita a quell'indefinito che è lo spirito di Dio, che abita la loro esistenza. Così è stata la vita del beato Gaspare Stanggassinger: una vita ordinaria, senza nulla di straordinario, se non la propria ordinaria santità.
Riconosciuto beato da Giovanni Paolo II il 24 maggio 1988 il suo nome si lega alla santità della famiglia redentorista che ebbe, in lui, uno dei suoi più insigni figli.
Nato il 12 gennaio 1871 a Berchtesgaden, in Baviera, era figlio di una famiglia modesta, nella quale tra i 16 fratelli, spiccava per bontà. Sentì fin da piccolo un amore speciale per la vita sacerdotale, tanto da radunare il folto numero dei fratelli, per proporre loro le piccole prediche, ascoltate probabilmente, nella chiesa del suo paese. La psicologia ci ha insegnato che l'uomo si realizza per gradi. E spesso nei sogni di un bambino si disegna il futuro per la realtà che, con la propria attività, modificherà .
Fin da ragazzo aveva una speciale attenzione per gli altri: si racconta che, una volta, salvò la vita di un suo amico che stava in pericolo. Il fatto è evocativo della prontezza e di quello spirito di donazione che caratterizzerà, sempre , la vita di quest'uomo.
Studente volenteroso ebbe qualche difficoltà nello studio, ma questo non gli impedì di poter portare avanti gli studi, con successo, tanto da raggiungere la maturità, presso il locale liceo di Freising. Era il 1890. Completati gli studi, scelse la propria strada, guardando all'uomo che dalla croce pendeva amando. Questo fu il suo segreto: l'amore a Cristo, soprattutto Eucaristico, al quale dirigeva le anime che, in cerca di conforto ed in ansia non sapevano dove guardare e questo volle testimoniare, nel corso della propria esistenza. Con tali idealità, entrò nel Seminario della propria diocesi, nel quale iniziò gli studi di filosofia e teologia, per giungere al sacerdozio. Ma qualcosa succede, nella sua vita, che lo porta altrove. L'uomo, alle volte, scrive la propria esistenza senza badare ai se ed ai ma che possono essere non indifferenti. E nella vita dei testimoni di Dio, la Provvidenza è maestra facendogli incontrare i Padri Redentoristi e stimolato dal loro apostolato scelse di seguirli. La Congregazione aveva una forte connotazione missionaria. Le Missioni al popolo e quelle estere occupavano il cuore dei giovani religiosi.
La Germania, inoltre, era stata testimone della grande opera di San Clemente Hofbauer, il quale aveva lasciato nei confratelli una traccia, non indifferente, del suo modo di essere e di fare. Vivente Sant'Alfonso, fondatore della nascente istituzione, esultò di gioia al sapere del lavoro di questo suo figlio. Da tale momento storico, la Congregazione, iniziò ad espandersi per tutta l'Europa.
Per tornare alla vita del beato, non gli fu facile vincere le resistenze della famiglia che lo voleva in diocesi:ma la sua determinazione ebbe la meglio. Cosi facendo il 6 ottobre 1892 fu accolto nella Congregazione del SS.mo Redentore, come postulante.
In questo periodo approfondì la spiritualità e la vita religiosa. Conobbe e lesse le opere, scritte dal santo, ma soprattutto si è imbevuto di quella dolcezza che da sempre ha connotato l'azione morale del santo napoletano.
Novizio, professo nel 1893, venne ordinato sacerdote in quel 16 giugno 1895a Regensburg. I suoi compagni lo ricordano come un religioso, sereno , devoto e soprattutto allegro.
Nel Diario, in occasione degli Esercizi spirituali (6-15 giugno 1895), precedenti all'ordinazione, scrive: “l’unico motivo che mi spinge a ricevere l'ordinazione sacerdotale è la gloria di Dio e la salvezza delle anime. In questa prospettiva intendo affidarmi totalmente alla santa volontà di Dio, giacchè io non sono altro che uno strumento nelle mani di Dio e la mia attività potrà essere fruttuosa solo là, dove mi condurrà l'obbedienza.”.
Il testo è conservato nell'Archivio Stanggassinger, che raccoglie gli scritti del beato. Umiltà, spiritualità e tanto altro brillano, in queste parole, che scritte, nel segreto di un quaderno, dicono molto del soggetto che le sta tracciando, solo per se stesso.
Novello sacerdote fu nominato vice direttore (1895-1899)nel Seminario minore di Dijrmberg, presso Haellin, in tale struttura, oltre al delicato ruolo ricoperto, insegnava 28 ore alla settimana.
Seppur desiderava partire missionario, si rimise nelle mani dei propri superiori, facendo dell'obbedienza quella leva che eleva a Dio. Nelle attuali Costituzioni si legge che , in relazione a questo voto, il missionario redentorista è chiamato a :”mettere a disposizione le energie della mente e della volontà, i dono ricevuti dalla natura e dalla grazia, nell'eseguire gli ordini e nel compiere gli incarichi loro assegnati”. Questo il beato lo evidenziò, con quella parola, che sa di testimonianza.
I suoi allievi gli volevano bene in quanto, al contrario della pedagogia dell'epoca, sapeva comprendere, ma di più amare. Al comando scelse la paternità e da questa filtrò quell'amore unico che sa di gratuità, in quanto è segno di donazione e di servizio. Non amava essere al centro dell'attenzione, ma sempre dove era necessario. Non si risparmiava nessuna incombenza, per quanto dura e difficoltosa. Sempre disponibile e sereno, il suo lavoro non conosceva sosta.
Oltre a tale attività, fu attivo, nelle parrocchie vicine nelle quali, prestava la propria opera per la celebrazione dei Sacramenti. Nei suoi scritti, per ciò che attiene alla prassi sacramentale, si legge:” con la grazia di Dio, cercherò di farmi tutto a tutti. Se avrò libera scelta , preferirò piuttosto di confessare i poveri, gli ignoranti, i disprezzati e predicar loro, indicando la via del cielo”.Nella predicazione cercava di stimolare le anime a comprendere l'amore di Dio per loro e ciò produceva ottimi risultati. Era essenziale e non ricercato preparando le sue omelie davanti al SS.mo Sacramento. Fu un grande devoto della Madonna, che amava guardare come Madre.
Con una umiltà che sa di molto, in quanto cerca il nulla, era solito dire:”“I Santi hanno intuizioni speciali; per me che non sono un santo, ciò che è importante sono le verità semplici di sempre: Incarnazione, Redenzione e Santissima Eucaristia”.
Nel 1899 fu trasferito, in qualità di direttore, nel nuovo Seminario redentorista di Gars, nel quale vi morì il 26 settembre 1899, pochi giorni dopo l'apertura dell'anno scolastico, a causa di una brutta peritonite. Riuscì appena a predicare un corso di Esercizi spirituali, ai suoi allievi. Aveva solo 28 anni. Ricevuta la notizia dell'avvenuta nomina, già malato, si mise nella mani di Dio (C.SS.R Comunicationes, Sant'Alfonso, Roma, n.61 maggio 1988).
Di lui ci è rimasta una fotografia che lo ritrae, insieme agli allievi ed ai professori del Seminario: è piccolo, ma dallo sguardo protratto in avanti, si capisce molto del suo essere. Da quella immagine di gruppo, è stata ripresa l'attuale fotografia del beato.
Dal 1935 per volontà dei suoi allievi e di chi lo conobbe venne iniziato l'iter che lo portò alla beatificazione.
Il padre redentorista Mathias Stoebner, in occasione della celebrazione della beatificazione di questo religioso, ha scritto un volume dal titolo “Tu mi interpelli” nel quale è riportata la testimonianza di un giovane che, in relazione alla vita del beato, anche se non direttamente conosciuto scrive : “Ho scoperto in Gaspare molte cose che sono importanti anche oggi, e che, come cristiano, non ho il diritto di dimenticare. Ho scoperto che Gaspare merita che io mi interessi di Lui. Mi ha aiutato a vedere molto più chiaramente quale è la mia strada, la buona novella del Vangelo nella mia vita quotidiana ." Ed è bello come questa parola conferma la testimonianza, silenziosa ed eroica, di questo straordinario religioso (C.SS.R Comunicationes, 1988, pg.2).
La vita di quest'uomo è un forte richiamo alla società di tutti i tempi: visse una vita ordinaria senza nulla di eccezionale; i suoi piani di partire come missionario all'estero si videro mutati in quello di direttore di una struttura formativa. Eppure nulla gli impedì non solo di amare il Signore ma di trasformare, con originalità, il proprio lavoro, scegliendo il bene come bandiera ed il Cristo come compagno di quel peregrinare che è la vita dell'uomo alla ricerca di Dio.
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