La sequela a Cristo richiede fedeltà. XXIII Domenica del Tempo Ordinario

ACI Stampa

Le parole che Gesù pronuncia oggi nel Vangelo appaiono molto dure. In realtà il Signore intende precisare alla folla che lo segue - per evitare fraintendimenti - le condizioni necessarie per porsi alla Sua sequela. Si rivolge alla folla e pertanto le indicazioni valgono per tutti. Il Signore chiede ai suoi discepoli un appassionato amore per Lui e una grande libertà interiore che possono comportare non solo la rottura dei legami familiari ma anche la rinuncia a se stessi. Una simile radicalità è possibile quando si vive la comunione con Gesù e lo si scopre come il “bene” unico e assoluto della vita. Solo questa esperienza incomparabile porta con sé il coraggio della rinuncia ai legami di parentela, e persino alla propria vita. Il Signore afferma, così, il primato della sua Persona su qualsiasi altro bene.

Per aiutarci a comprendere le sue richieste Gesù racconta due parabole: quella della torre e quella del re che si prepara alla guerra. Attraverso questi due paragoni il Signore ci suggerisce la modalità giusta per compiere qualsiasi scelta: prima di buttarsi in qualsiasi impresa è necessario riflettere per verificare se ci sono le condizioni necessarie per portarla a termine. Diversamente è meglio soprassedere.

Ciò che il Signore ci vuole insegnare con queste due parabole è molto chiaro. Seguire Lui è una scelta seria ed impegnativa che richiede grande ponderazione per non lasciarsi trascinare solo dall’entusiasmo o dall’emozione o, peggio ancora, dalla superficialità. Infatti, l’entusiasmo o i passi veloci nella vita spirituale non costano, ma alla fine non rendono. Tutti abbiamo vissuto momenti di grandi emozioni; tutti abbiamo fantasticato imprese di santità eroiche, ma se mancano le piccole ed estenuanti fedeltà quotidiane la torre non si edifica e la guerra non si vince.

La sequela richiede, inoltre, fedeltà all’oggi che ci è dato di vivere senza fughe nel futuro o rimpianti per il passato, senza fantasie. Si oppongono, dunque, alla sequela anche l’incoerenza, i rimpianti e i ritorni al passato. Il Signore ci insegna che l’impegno della vita spirituale non si risolve in breve tempo e in qualche buona intenzione, ma richiede una volontà robusta e la disponibilità a lasciarsi guidare dalla Grazia divina.

Cristo, dopo avere richiamato l’assoluta centralità della sua persona, dichiara: Così, chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo. L’attaccamento ai beni infatti distrae da ciò che più conta e mortifica la crescita del seme della parola di Dio.

Gesù in questa domenica ci invita a mettere Lui al centro dei nostri pensieri, delle nostre scelte e delle nostre riflessioni. Ad amare e servire Lui perché tutto il resto passa. Passa non solo perché è destinato a finire, ma anche e soprattutto perché viene rimosso dalla preferenza che emerge per Lui. La nostra partecipazione all’Eucarestia è la modalità più alta con la quale noi proclamiamo il primato di Cristo per la nostra vita. Scegliendo di andare a Messa decidiamo di dedicarci a Lui e gli diciamo il nostro bisogno di essere salvati e da Lui amati.

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