Città del Vaticano , 07 September, 2019 / 9:35 AM
Dialogo, rispetto, reciproco, condivisione, cura del creato. La lotta alla corruzione e l’aiuto ai poveri, per superare le disuguaglianze sociali. Ma soprattutto il mantenimento delle proprie tradizioni e della propria identità, perché la globalizzazione economica, “i cui limiti sono sempre più evidenti”, non deve portare ad una omogeneizzazione culturale. Papa Francesco si rivolge alla società civile e al corpo diplomatico del Madagascar, nel primo appuntamento di questo viaggio nella ex colonia francese.
È arrivato nella serata di ieri, proseguendo il viaggio dal Mozambico. Il motto di questa visita è “Seminatore di pace e di speranza”. Papa Francesco arriva in un Madagascar dalla forte diseguaglianza sociale, con un presidente giovanissimo che a 34 anni ha guidato un sollevamento di opposizione sostenuto dai militari, ha guidato il governo di transizione, è poi stato primo ministro e quindi ha vinto le elezioni 2019 contro il presidente che era stato rovesciato. È un Paese giovane, che ha già un martire, Lucien Botovasoa, beatificato lo scorso anno, il “maestro cristiano” ucciso dagli indipendentisti perché insegnava la legge degli invasori francesi. Ma ha anche una beata Victoire Rasomoarivo, beatificata da Giovanni Paolo II nella sua visita del 1989, che si spese per i poveri e che Papa Francesco indica come esempio e della quale visiterà la tomba in serata.
L’incontro con il corpo diplomatico nel Salone delle cerimonie nel Palazzo Presidenziale che si trova a circa 15 chilometri dalla capitale Antananarivo, dopo una breve visita al presidente della Repubblica Andry Rajoelina.
Nel suo saluto di indirizzo, il presidente sottolinea che la presenza del Papa è “segno di amicizia e ci sembra una promessa mantenuta”, ovvero che Madagascar non è un Paese dimenticato. Il presidente dice che 30 anni dopo la visita di Giovanni Paolo II, lo sviluppo “tanto atteso non è arrivato”, ma le ultime elezioni hanno “aperto una nuova strada”, e il presidente riafferma la sua “volontà per ricostruire il Madagascar”.
Papa Francesco ricorda subito che già la costituzione malgascia “sigilla uno dei valori fondamentali della cultura malgascia: il fihavanana”. Principio, sottolinea Papa Francesco, che evoca “lo spirito di condivisione, aiuto reciproco e solidarietà” e “include l’importanza dei legami familiari, dell’amicizia e della benevolenza tra gli uomini e verso la natura”.
Si rivelano in questo modo “l’anima” del popolo malgascio, con tratti che permettono di “resistere con coraggio e abnegazione alle molteplici avversità e difficoltà da affrontare continuamente”.
Il Papa ricorda che, dopo la nazione ha riguadagnato l’indipendenza”, ora c’è aspirazione per “stabilità e pace”, e per questo “funzione e responsabilità politica costituiscono una sfida continua per coloro che hanno la missione di servire e proteggere i propri concittadini, in particolare i più vulnerabili, e di favorire le condizioni per uno sviluppo dignitoso e giusto, coinvolgendo tutti gli attori della società civile”.
Papa Francesco incoraggia a lottare “contro tutte le forme endemiche di corruzione e speculazione che accrescono la disparità sociale”, affrontando “le situazioni di grande precarietà e di esclusione che generano sempre condizioni di povertà disumana”.
Servono riforme, dice il Papa, ovvero “mediazioni strutturali che possano assicurare una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri”.
Papa Francesco sottolinea che non c’è bisogno solo di assistere i poveri, ma serve anche “riconoscere soggetti giuridici chiamati a partecipare pienamente alla costruzione del loro futuro”.
Come ha fatto in Mozambico, Papa Francesco ricorda anche l’importanza della cura del creato, perché la crisi ambientale è collegata alla crisi sociale. “La vostra bella isola del Madagascar – ricorda Papa Francesco - è ricca di biodiversità vegetale e animale, e questa ricchezza è particolarmente minacciata dalla deforestazione eccessiva a vantaggio di pochi: il suo degrado compromette il futuro del Paese e della nostra casa comune”.
Incendi, bracconaggio e taglio incontrollato di legname colpiscono le foreste, contrabbando ed esportazioni illegali mettono a rischio la biodiversità vegetale e animale, e sono attività che, sì, “garantiscono la sopravvivenza” per molti, ma sono comunque “attività che danneggiano l’ambiente”, e allora il Papa propone di “creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone ad uscire dalla povertà”.
Ci vuole, insomma, “giustizia sociale”, sulla quale tutti devono impegnarsi, compresa la comunità internazionale. Papa Francesco nota che l’aiuto delle organizzazioni internazionali è grande, ma mette in guardia che l’apertura del Madagascar al mondo rischia di diventare una presunta “cultura universale che disprezza, seppellisce e sopprime il patrimonio culturale di ogni popolo”.
Osserva Papa Francesco: “La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare ad una omogeneizzazione culturale”. È il rischio di colonizzazione ideologica, che Papa Francesco paventa da sempre. Come risposta, il Papa sottolinea che “se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate, faremo in modo che l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del Paese”.
L’obiettivo finale è che “il popolo stesso si farà carico di sé, diventa l’artefice del proprio destino”. Per questo, Papa Francesco invita a “prestare un’attenzione e un rispetto particolari alla società civile locale. Sostenendo le sue iniziative e le sue azioni, la voce di coloro che non hanno voce sarà resa più udibile, così come le varie armonie, anche contrastanti, di una comunità nazionale che cerca la propria unità”.
Papa Francesco invita infine ad immaginare un percorso “nel quale nessuno è messo da parte, o va da solo o si perde”.
La Chiesa Cattolica in Madagascar, da parte sua, si dice disponibile a “contribuire, in un dialogo permanente con i cristiani delle altre confessioni, con i membri delle altre religioni e con tutti gli attori della società civile, all’avvento di una vera fraternità che valorizzi sempre il fihavanana, promuovendo lo sviluppo umano integrale, affinché nessuno sia escluso”.
Alla fine della cerimonia, Papa Francesco e il presidente piantano un baobab, abito tipico del Madagascar, considerato l'albero del viaggiatore perché è il primo che i viaggiatori vedono, che arriva all'altezza dei 30 metri.
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