Roma, 04 September, 2019 / 6:00 PM
Dalla “testimonianza silenziosa” alla presenza viva nelle parrocchie di Roma, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina è sempre stata presente nella vita del Cardinale Angelo de Donatis, vicario di Papa Francesco per la diocesi di Roma, che tratteggia davanti al Sinodo Greco Cattolico Ucraino riunito a Roma i segni di una unione tra Kiev e Roma che è prima di tutto una preghiera e una vicinanza per la situazione di guerra vissuta nel Paese.
Nominato da Papa Francesco amministratore apostolico sede vacante dell’Esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino presenti in Ucraina, il cardinale de Donatis interviene al Sinodo Greco Cattolico Ucraino, che ha come tema “La comunione e l’unità nella vita e testimonianza della Chiesa Ucraina oggi”.
Una Chiesa Ucraina che in Italia è rappresentata da 70 mila fedeli suddivisi in 145 comunità, di cui si prendono cura 62 sacerdoti.
È questa comunità che Papa Francesco ha visitato il 27 gennaio 2018 nella con-cattedrale Santa Sofia di Roma, la “casa” degli ucraini nella capitale che ha un legame speciale e spirituale con Kiev. Ed è questa comunità che aveva bisogno di una cura pastorale che non fosse solo quella di un visitatore apostolico, come fu fatto notare durante l’incontro interdicasteriale con il Sinodo e i metropoliti della Chiesa Greco Cattolica ucraina il 5-6 luglio.
L’esarcato guidato temporaneamente dal Cardinale de Donatis è, dunque, il primo risultato di quell’incontro, menzionato anche dal Cardinale Pietro Parolin nel suo intervento al Sinodo del 3 settembre.
Il Cardinale de Donatis, nella sua relazione, parla dei suoi ricordi da seminarista, di come arrivavano alle sue orecchie le cronache della Chiesa Greco Cattolica Ucraina “costretta ad una esistenza catacombale”, e mette in luce in particolare il martire Omelyan Kowcz, sacerdote greco cattolico sposato che fu martire nel campo di concentramento di Majdanek perché era impegnato nel salvataggio degli ebrei in un momento molto difficile della Shoah in Ucraina”.
Il beato Kowcz è una figura non solo ecumenica, ma anche interreligiosa. Quando era nel campo di concentramento –scriveva alla sua famiglia che lì vedeva Dio, che salvava tutti: ucraini ed ebrei, lituani.
La memoria del beato Kowcz – ha ricordato il cardinale de Donatis - è custodita nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola, a Roma, lì dove si è conclusa una marcia promossa dallo stesso cardinale la scorsa Quaresima in onore dei martiri del nostro tempo.
Parlando della comunità ucraina in Italia, il cardinale de Donatis ha fatto riferimento alla “presenza nelle famiglie italiane di tante donne ucraine, le quali si prendono cura delle necessità dei più deboli, di anziani e di bambini, o lavorano a sostegno della vita quotidiana dei nuclei familiari”.
Questa esperienza, ha aggiunto il cardinale, ha reso “il popolo ucraino particolarmente vicino a quello italiano”, e si è potuta conoscere “la sofferenza della storia passata e del presente difficile di un intero popolo”.
In particolare, il cardinale de Donatis ha fatto risalire la “particolare relazione di simpatia reciproca” tra ucraini e italiani al fatto che gli italiani sono stati “un popolo di migranti” e sono in grado di comprendere “le sofferenze dell’emigrazione”, sapendo che “l’accoglienza è l’espressione umana dell’essere cristiani”.
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