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Un servizio di EWTN News

Chi è il mio prossimo? XV Domenica del Tempo Ordinario

Nel brano di Vangelo di questa domenica troviamo la domanda cruciale dell’esistenza umana: Cosa fare per avere la vita eterna. Gesù in un’altra parte del Vangelo dichiara che la vita eterna è la realtà decisiva e, pertanto, perdere la propria anima rappresenta il fallimento totale della vita. Lo scriba, che pone a Gesù la questione, è consapevole che la vita eterna non piove dall’alto, ma dipende anche da un “fare” e, dunque, desidera sapere in che cosa consiste questo “fare”. La risposta di Cristo è chiara, semplice ed essenziale. La via che porta alla vita eterna è l’amore verso Dio e verso il prossimo. Fuori dall’amore non c’è azione che abbia vero valore. 

Tuttavia, l’interesse del brano evangelico è focalizzato sull’amore per il prossimo. Ma chi è il prossimo? Esso si identifica con colui che appartiene alla propria religione, alla propria famiglia oppure è ogni uomo? Per aiutarci a comprendere chi è il nostro prossimo, Gesù, ancora una volta sollecitato da una domanda, racconta la parabola del buon Samaritano.

Per Gesù il prossimo è ogni persona – anche lo straniero, anche lo sconosciuto - che incontro sul mio cammino, in particolare quella che si trova nella necessità non solo materiale, ma anche morale e spirituale. Infatti il Signore è venuto a dirci che il Padre celeste ama ogni uomo, senza alcuna distinzione: ama i giusti e i peccatori, ama coloro che lo amano e anche coloro che lo combattono e lo odiano, ama coloro che subiscono ingiustizia e violenza. Di tutti il Signore desidera la salvezza. 

L’amore per il prossimo non è fatto di parole, di desideri, ma di azioni e gesti concreti. Il testo evangelico sottolinea che il samaritano si ferma accanto allo sconosciuto, gli fascia le ferite, lo conduce in un albergo e paga il conto. Il suo aiuto è disinteressato, generoso e concreto.

La parabola si conclude con le parole: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37). In tale modo, il Signore ci dice quale deve essere l’atteggiamento del discepolo nei confronti degli altri, particolarmente se bisognosi di cura. E’ possibile vivere un’attenzione concreta e duratura verso chi è ferito nel corpo e nello spirito solo se attingiamo il nostro amore alla sorgente stessa dell’amore, Dio, attraverso la preghiera e la partecipazione ai sacramenti.

Da ultimo è importante ricordare che diversi Padri della Chiesa hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso e nell’uomo incappato nei briganti l’Umanità smarrita e ferita a causa del proprio peccato (così Origene, Ambrogio, Agostino). Gesù è il Figlio di Dio, che rende presente l’amore del Padre, un amore fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che rinuncia al suo “abito divino”, che si abbassa dalla sua “condizione” divina, per assumere la nostra condizione umana (Fil 2,6-8) e si accosta al dolore dell’uomo per riscattarlo e dargli un senso e portare speranza e luce. L’albergo nel quale Cristo conduce l’umanità perché essa sia curata e sanata è la Chiesa, la quale si china, piena di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versarvi l’olio della consolazione e il vino della speranza, che si identificano con i sacramenti della nostra salvezza, in particolare della Riconciliazione e dell’Eucarestia. Il ritorno del “Buon Samaritano” coincide con la venuta gloriosa di Cristo il quale darà a ciascuno secondo le sue opere.

 

 

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