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Rapporto IOR 2018, utili dimezzati. In attesa di una nuova fase

La sede dell'Istituto delle Opere di Religione

Da 31,9 milioni di euro a 17,5 milioni di euro: sono utili quasi dimezzati, quelli dell’Istituto delle Opere di Religione. La cosiddetta “banca vaticana”, che in realtà né è una banca né si comporta da tale, presenta un rapporto dell’anno 2018 che certifica una decrescita non solo negli utili, ma anche nel numero della attività istituzionali svolte nell’istituto dai clienti. È un rapporto, comunque, che chiude un ciclo: scade quest’anno il Consiglio di Sovrintendenza, scade il board dei cardinali, già con un membro in meno dopo la scomparsa del Cardinale Jean-Louis Tauran. E si attende la riforma dello statuto dell’Istituto.

Il Cardinale Santos y Avril, presidente della Commissione Cardinalizia, lo spiega con chiarezza nell’introduzione al testo: “So che non pochi si sono chiesti a che punto si trovi la riforma dello Statuto e l’elaborazione del nuovo Regolamento dello IOR. È ben noto che accurati studi, riunioni, consultazioni e domande di parere tecnico sono stati fatti durante lo scorso anno e l’inizio del presente. Il Santo Padre è al corrente di tutto, particolarmente per quanto riguarda le decisioni che a Lui spettano”.

La palla, dunque, è rimandata a Papa Francesco, mentre il presidente del Consiglio di Sovrintendenza, Jean-Baptiste de Frannsu, sottolinea che si è raggiunto l’obiettivo di consegnare al Papa una istituzione riformata rispetto a quella ereditata nel 2013.

In realtà, andrebbero anche ben definiti i modi in cui l’Istituto si è riformato, se si considera che il rapporto MONEYVAL del 2012 già riconosceva allo IOR una buona trasparenza e operatività e persino che i principi di “adeguata verifica della clientela” andavano oltre le normative presenti. Nello stesso rapporto si certificava che già era in atto uno screening dei conti, poi proseguito nelle varie gestioni dell’Istituto, fino a portare a completamento la chiusura di conti dormienti.

Colpisce il dato storico sugli utili. Si va dall’utile di 86,6 milioni dichiarato per il 2012 – che quadruplicava gli utili dell’anno precedente – ai 66,9 milioni del rapporto 2013ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, per arrivare ai 17,5 milioni di euro di quest’anno. Colpa dell’andamento dei mercati, ma anche dei costosi consulenti esterni che per un periodo hanno caratterizzato le politiche dell’Istituto. Ovviamente, si è attinto alle riserve, che si sono man mano assottigliate.

Qualche cifra del Rapporto IOR 2018: al 31 dicembre 2018, l’attivo di stato patrimoniale dello IOR ammontava a 2,8 miliardi di euro, 0,2 miliardi di euro in meno del 2017. Il patrimonio netto era di 654,6 milioni di euro, anche questi in sensibile calo dal 2017.

Sul lato dei passivi, ci sono 2 miliardi di euro di debiti verso l’utenza, anche questi in calo. È calata la raccolta della clientela e si è ridotta di 47,3 milioni di euro la liquidità depositata dalle Gestioni Patrimoniali. La causa – spiega il direttore generale Gianfranco Mammì – “è da imputarsi ai ritiri da parte di alcuni clienti per le loro attività istituzionali”.

Un dato, questo, che lascerebbe pensare che lo IOR non è più un istituto privilegiato per alcune attività istituzionali.

Altre cifre: i clienti dello IOR sono 14.953. La clientela è così composta: ordini religiosi (53%), dicasteri della curia romana, uffici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano e nunziature apostoliche (12%), conferenze episcopali, diocesi e parrocchie (9%); enti di diritto canonico (8%), cardinali, vescovi e clero (8%), dipendenti e pensionati vaticani (8%); altri soggetti, comprese le fondazioni di diritto canonico (2%).

La clientela rappresenta 5 miliardi di risorse finanziarie (erano 5,3 miliardi nel 2017). Di queste risorse, 3,2 miliardi sono risparmi.

Come si arriva a 5 miliardi di euro? Spiega il direttore generale Mammì: “Al 31 dicembre 2018, il valore netto dei fondi in deposito era pari a 1,8 miliardi di Euro (2017: 1,8 miliardi di Euro), il valore netto delle attività detenute nei portafogli gestiti era pari a 2,9 miliardi di Euro (2017: 3,0 miliardi di Euro) e il valore netto in portafogli in custodia e amministrazione era pari a 377,5 milioni di Euro (2017: 474,6 milioni di Euro)

Lo IOR vanta di aver distribuito 637 milioni di utili e di aver ottimizzato i costi, che ora ammontano a 17 milioni di euro, mentre nel 2017 erano 19 milioni di euro, nel 2016, 20 milioni di euro e nel 2015, 24 milioni di euro, dato quest’ultimo che includeva “diversi costi una tantum”.

Il comunicato stampa dello IOR sottolinea che “nel 2018 l’Istituto ha altresì: affinato ulteriormente l’integrazione di criteri negativi e positivi di screening per la selezione delle attività finanziarie in cui realizzare investimenti coerenti con l’etica cattolica, selezionando esclusivamente imprese che svolgono attività conformi alla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica; continuato a realizzare investimenti tesi a favorire lo sviluppo dei paesi più poveri, nel rispetto di scelte coerenti con la realizzazione di un futuro sostenibile per le generazioni future; contribuito alla realizzazione di numerose attività di tipo benefico e sociale, sia attraverso donazioni di carattere finanziario, sia tramite concessioni in locazione a canone agevolato o comodato d’uso gratuito di immobili di sua proprietà a enti con finalità sociali”.

Il Cardinale Santos y Avril spiega nell’introduzione del rapporto che il bilancio positivo è “discretamente soddisfacente” se si considerano “le circostanze”, e in particolare “una fase di riassestamento e di chiarimenti che a volte implicano anche dei sacrifici”.

Tra i dati positivi, il Cardinale Santos nota l’adesione dello Stato della Città del Vaticano alla Single Euro Payment Area (SEPA). Questo facilita le operazioni finanziarie tra quanti aderiscono all’area, perché per i Paesi aderenti non c’è più distinzione tra pagamenti nazionali e transfrontalieri. Si tratta di avere costi abbattuti e migliori servizi. In particolare, è stato assegnato anche un IBAN vaticano.

C’è da notare, però, che l’uso dell’IBAN non avrà luogo prima di novembre, nonostante la Santa Sede sia stata ammessa nell’area già da marzo. Questo perché servono dei particolari requisiti finanziari e tecnici. L’adesione agli schemi di pagamento SEPA potrebbe riguardare non solo l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), quale istituzione finanziaria, ma anche l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), in questo secondo caso nella veste di “organo governativo” finanziario.

Dettagli che dimostrano come ci sia ancora del lavoro da fare. Monsignor Giovambattista Ricca, prelato dello IOR (ovvero, figura di raccordo tra la Commissione Cardinalizia e la Commissione di Sovrintendenza) minimizza il calo degli utili, afferma che “le cose umane vanno così” e nota che l’aspetto positivo è quello di far notare la “secondarietà dell’Istituto e tenerlo al suo posto”.

Il presidente de Franssu nota la congiuntura negativa, ma sostiene che i risultati finanziari stanno anche a mostrare “il continuo impegno intrapreso dal 2014 da questo Consiglio e dalla Direzione volto a rendere lo IOR un istituto finanziario migliore, più vicino ai suoi clienti con forti principi etici, prodotti di maggiore livello, procedure e standard di controllo in linea con le migliori pratiche internazionali”.

Tra le iniziative adottate, de Frannsu sottolinea in particolare quelle per “sviluppare le competenze e l’integrità professionale dei dipendenti di garantire che ogni decisione sia guidata da un senso di responsabilità etica”, motivo per cui “il Comitato Risorse Umane e Remunerazione è stato trasformato in Risorse Umane, Remunerazione ed etica” con lo scopo di agire “come guida per le azioni e le decisioni dello IOR data la sua missione e i suoi valori”, supportato dal “codice di condotta dell’Istituto, dal Comitato per il Whistleblowing e dalle politiche relative ai conflitti d’interesse e alle transazioni personali”.

Non ci sono sostanziali novità nella struttura dell’Istituto: erano stati istituiti tre sottocomitati per il Controllo Rischi, le Risorse Umane e Remunerazione e gli Illeciti Passati. Quest’ultimo ha esaurito le sue funzioni a fine gennaio 2017, e allora al suo posto è stato creato il Comitato di Business Transformation Strategy per “indirizzare i cambiamenti necessari in termini di prodotti e di servizi offerti ai clienti”. Sono ancora questi i tre comitati considerati.

In generale, l’Istituto ha fatto donazioni per rispondere a richieste di aiuto, ma ha anche concesso immobili di sua proprietà in territorio italiano in comodato d’uso gratuito o con affitto agevolato per enti con finalità sociali.

Le erogazioni sono state decise dal Comitato di Beneficenza, presieduto dal Prelato e composto da dirigenti e impiegati dell’Istituto.

Lo IOR ha anche due fondi: il Fondo Opere Missionarie, usato per “elargizioni a congregazioni e istituti che svolgono attività missionarie di carità”, approvate da una commissione; e il Fondo Santa Messe, utilizzato per “elargizioni ai sacerdoti finalizzati a Sante Messe”.

Nel rapporto, si parla anche di un “fondo costituito negli anni passati e avente un saldo di 1,2 milioni di Euro al 31 dicembre 2017”, che “è stato chiuso nel corso del 2018”. Il motivo dell’accantonamento di fondi non sussisteva più e così “l’importo esistente alla fine dell’esercizio precedente è stato in parte utilizzato per effettuare i pagamenti richiesti”.

(La storia continua sotto)

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Il rapporto 2018 certifica la chiusura di un periodo di cinque anni che ha visto in generale tre fasi, a partire dall’elezione di Papa Francesco che era stata preceduta di poco dalla nomina di Ernst von Freyberg a presidente del Consiglio di Sovrintendenza.

Nei primi anni, la necessità era quella di dimostrare una totale trasparenza, e si è conclusa con il processo di revisione dei conti dello IOR e la chiusura di molti conti dormienti. Poi, c’è stata la fase della riaffermazione della missione dello IOR, confermata dopo che Papa Francesco aveva stabilito una Pontificia Commissione Referente per vederci chiaro sulla missione dell’Istituto. Infine, la fase del rafforzamento della nuova identità dell’Istituto.

Fase di rafforzamento che, nel rapporto dello scorso anno, coincideva con la necessità di mostrare una particolare attenzione per gli investimenti etici, nonché per una riforma morale dell’Istituto. Quest’anno, è stata abbandonata la narrativa del taglio con il passato, sebbene il Cardinale Avril rimarchi “la condanna pronunciata dal tribunale vaticano contro alcuni alti dirigenti IOR del passato”. Si riferisce al processo contro l’ex direttore generale Paolo Cipriani e contro il suo vice Massimo Tulli per malagestione. Si tratta, in realtà, di una condanna per cui è in corso un appello, e dunque ancora non definitiva.

Ma quello del Cardinale Avril è solo un accenno. Piuttosto, si è aggiunta al rapporto una lunga analisi di macroeconomia che cerca di spiegare il perché del calo degli utili. Ora si apre una nuova fase, con una nuova commissione cardinalizia e un rinnovato Consiglio di Sovrintendenza.

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