Città del Vaticano , 03 June, 2019 / 9:00 AM
Un viaggio che è stato quasi un completamento di quello di Giovanni Paolo II venti anni fa quello di Francesco in Romania.
Nelle intenzioni del Papa la vista di tre giorni ha avuto lo scopo di incontrare gruppi e comunità che devano ancora la strada della comunione, oltre ovviamente alla comunità cattolica sia di rito greco che latino.
Ma soprattutto il Papa guarda agli ultimi, agli svantaggiati.
Al mondo politico al suo arrivo venerdì dice: “quanto più una società si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati, tanto più può dirsi veramente civile”. E per ottenere simili risultati “non è sufficiente aggiornare le teorie economiche, né bastano le tecniche e abilità professionali. Si tratta infatti di sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l’anima del vostro popolo, perché i popoli hanno un’anima”.
Così solo alla scuola delle comunione si può camminare dice Francesco parlando agli ortodossi, anche per rimarginare le ferite. Occorre “camminare insieme nell’ascolto del Signore” perché “abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una cultura dell’odio e individualista – sottolinea il Papa - che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista”.
Persecuzione quindi, quella che hanno affrontato i testimoni “persone semplici, che si sono fidate di Dio in mezzo alle persecuzioni. Non hanno posto la loro speranza nel mondo, ma nel Signore, e così sono andati avanti. Vorrei rendere grazie a questi umili vincitori, a questi santi della porta accanto che ci indicano il cammino. Le loro lacrime non sono state sterili, sono state preghiera che è salita al Cielo e ha irrigato la speranza di questo popolo”.
Una speranza che si forma anche nel pellegrinaggio come quello che il Papa ha fatto al santuario in Transilvania dedicato a Maria, per “camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione; significa disancorarsi dalle nostre sicurezze e comodità nella ricerca di una nuova terra che il Signore vuole donarci. Pellegrinare è la sfida a scoprire e trasmettere lo spirito del vivere insieme, di non aver timore di mescolarsi, di incontrarci e aiutarci. Significa partecipare a quella marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, carovana sempre solidale per costruire la storia”.
E farlo imparando proprio in famiglia. “Per camminare insieme lì dove sei, non ti dimenticare di quanto hai imparato in famiglia”, mette in chiaro Papa Francesco.
Nello sguardo del Papa c’è anche un’altra persecuzione quando “riappaiono nuove ideologie che, in maniera sottile, cercano di imporsi e di sradicare la nostra gente dalle sue più ricche tradizioni culturali e religiose. Colonizzazioni ideologiche che disprezzano il valore della persona, della vita, del matrimonio e della famiglia e nuocciono, con proposte alienanti, ugualmente atee come nel passato, in modo particolare ai nostri giovani e bambini lasciandoli privi di radici da cui crescere”.
Prima di lasciare la Romania a Blaj il Papa incontra i Rom:
“Nella Chiesa di Cristo c’è posto per tutti – sottolinea il Papa nel suo discorso alla comunità - La Chiesa è luogo di incontro, e abbiamo bisogno di ricordarlo non come un bello slogan ma come parte della carta d’identità del nostro essere cristiani”.
E in aereo tornando a Roma sul tema dell’ecumenismo aggiunge: “ecumenismo non è arrivare alla fine della partita, della discussione, ecumenismo si fa camminando insieme, pregando insieme…”
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