Città del Vaticano , 27 May, 2019 / 11:45 AM
In un mondo segnato da ingiustizie e discriminazioni, dalla “globalizzazione dell’indifferenza” i migranti interrogano la intera società: non si tratta solo di migranti.
Il Messaggio del Papa per la Giornata del Migrante e del rifugiato 2019 che si celebra il prossimo 29 settembre è centrata su questo tema.
Non si tratta solo del loro disaggio ma “l’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla cultura dello scarto. Infatti, su questa via, ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio di emarginazione e di esclusione”.
Il testo riporta una serie di citazioni di omelie e discorsi che lo stesso Papa Francesco ha tenuto in questi anni.
Il tema della paura dell’ altro ad esempio, e delle nostre paure: “Il problema non è il fatto di avere dubbi e timori. Il problema è quando questi condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti.
In primo luogo c’è la carità “e la carità più alta è quella che si esercita verso chi non è in grado di ricambiare e forse nemmeno di ringraziare”. Si tratta della nostra umanità, di compassione, “avere compassione significa dare spazio alla tenerezza, che invece la società odierna tante volte ci chiede di reprimere”.
E poi si tratta di non escludere nessuno. “ Il mondo odierno è ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi” e “lo sviluppo esclusivista rende i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Lo sviluppo vero è quello che si propone di includere tutti gli uomini e le donne del mondo, promuovendo la loro crescita integrale, e si preoccupa anche delle generazioni future”.
E poi “si tratta di mettere gli ultimi al primo posto. Gesù Cristo ci chiede di non cedere alla logica del mondo, che giustifica la prevaricazione sugli altri per il mio tornaconto personale o quello del mio gruppo: prima io e poi gli altri! Invece il vero motto del cristiano è “prima gli ultimi!””
E si tratta, scrive il Papa, della persona, di tutte le persone: “in ogni attività politica, in ogni programma, in ogni azione pastorale dobbiamo sempre mettere al centro la persona, nelle sue molteplici dimensioni, compresa quella spirituale. E questo vale per tutte le persone, alle quali va riconosciuta la fondamentale uguaglianza”.
Si tratta in definitiva di costruire la città di Dio e dell’uomo: “In questa nostra epoca, chiamata anche l’era delle migrazioni, sono molte le persone innocenti che cadono vittime del “grande inganno” dello sviluppo tecnologico e consumistico senza limiti. E così si mettono in viaggio verso un “paradiso” che inesorabilmente tradisce le loro aspettative. La loro presenza, a volte scomoda, contribuisce a sfatare i miti di un progresso riservato a pochi, ma costruito sullo sfruttamento di molti”.
La risposta a queste sfide per il Papa si riassume in 4 verbi che ormai abbiamo imparato a conoscere, accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Verbi che “esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati. Se mettiamo in pratica questi verbi, contribuiamo a costruire la città di Dio e dell’uomo, promuoviamo lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e aiutiamo anche la comunità mondiale ad avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile che si è data e che, altrimenti, saranno difficilmente raggiunti”.
Un modo per leggere i segni dei tempi, una chiamata alla conversione tanto che per il Papa è attraverso i migranti e gli ultimi che “il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza e a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio”.
E conclude con la preghiera a Maria che benedica “tutti i migranti e i rifugiati del mondo e coloro che si fanno loro compagni di viaggio.”
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