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Con lo Spirito si produce la nuova e definitiva venuta di Cristo. VI Domenica di Pasqua

Nel brano di Vangelo di questa domenica Gesù ci parla del dono dello Spirito Santo.

 

Lo Spirito Santo è ritornato al centro della Chiesa con il Concilio Vaticano II e di conseguenza San Paolo VI auspicava la rinascita di un culto nuovo dello Spirito.

Ha dato concretezza a questo auspicio, S. Giovanni Poalo II il quale, il giorno di Pentecoste del 1986, ha pubblicato l’Enciclica “Dominum et vivificante”, costruita attorno all’articolo di fede del Credo: “Credo nello Spirito Santo che è il Signore e dà vita”.

Lo Spirito è Signore, ossia Persona divina, che è al cuore stesso della fede cristiana ed è la sorgente e la forza dinamica del rinnovamento della Chiesa perché è lo Spirito che dà la vita, che vivifica la Parola, i sacramenti, lo stesso Mistero Eucaristico e tutta la realtà della Chiesa.

Gesù, prima di lasciare questo mondo, cioè prima della sua morte, annuncia la venuta dello Spirito e lo fa con un’affermazione singolare: E’ meglio per voi che io me ne vada (Gv 16.7). I discepoli colgono solo l’aspetto della separazione, che suscita un sentimento di tristezza. Possiamo ben immaginare le obiezioni degli apostoli: “Ma come! Tu sei venuto per salvarci, per essere la nostra guida, ci hai chiamati tuoi amici e ora vuoi andartene?

Gesù precisa: Se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore, ma se me ne vado, ve lo invierò. Con queste parole, Egli dichiara che la sua partenza sarà un vantaggio per i suoi perché renderà possibile l’invio del Paraclito. Si tratta di Qualcuno del tutto simile a Gesù che verrà a prendere il suo posto, ma non si sostituirà a Lui. Infatti, Gesù precisa: Non vi lascerò orfani; io torno a voi (Gv 14.18). E ripete: Vado, ma torno a voi (Gv 14.28). Con il dono dello Spirito si produce, dunque, una nuova e definitiva venuta di Cristo. La missione dello Spirito Santo sarà quella di prolungare, rinnovare, attualizzare per i discepoli e nei discepoli la presenza di Gesù. Una presenza non più secondo la carne, ma secondo lo Spirito.

Perciò la venuta dello Spirito Santo rappresenta un vantaggio per i discepoli perché consente ai discepoli di “vedere” Gesù con occhi nuovi, gli occhi dello Spirito. Infatti, come dice S.Ambrogio: “Non gli occhi del corpo, ma con quelli dello Spirito si vede Gesù”. Attraverso lo Spirito Gesù tornerà in ogni discepolo che lo ama, e tornerà non più da solo, ma con suo Padre che prenderanno dimora in lui (Gv 14.23). S.Agostino così si esprime: “Ecco dunque, che anche lo Spirito santo, insieme al Padre e al Figlio, fissa la sua dimora nei fedeli, dentro di loro, come Dio nel suo tempio. Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo vengono a noi quando noi andiamo da loro” (Comm a Gio 76.4). Si realizza così, in modo del tutto imprevedibile, la promessa di Dio di abitare tra gli uomini.

Lo Spirito Santo viene presentato da Cristo anche come “Dottore” (Gv 14.26 e Gv 16, 13ss). Gesù afferma che il compito dello Spirito di verità presso i discepoli consiste nell’insegnamento: Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14, 26).

Lo Spirito Santo viene inviato dal Padre Nel Nome di Gesù. Pertanto, all’origine della missione dello Spirito ci sono insieme il Padre e il Figlio. Inoltre, se lo Spirito è inviato nel “Nome di Gesù”, la sua missione è quella di rivelare chi è Gesù Cristo, di fare conoscere il suo Nome, cioè il mistero della sua persona. In altre parole il Consolatore ha la missione di suscitare la fede in Gesù, Figlio di Dio.

La seconda metà del versetto descrive il Consolatore nell’ufficio di maestro di dottrina (M.J. Lagrange). Sorge, dunque, la domanda: Ma quale dottrina insegna lo Spirito Santo? Non una dottrina sua! Egli insegna esattamente quello che è già stato insegnato da Gesù, per farlo penetrare nel cuore dei discepoli. Il Padre appare, così, come colui che è all’origine della rivelazione: il Figlio è colui che ci comunicata la rivelazione; lo Spirito santo ha la missione di aiutarci ad interiorizzare il messaggio di Cristo.

La natura esatta dell’insegnamento del Consolatore viene precisata da un altro verbo: egli farà ricordare tutto quello che Gesù ha detto. Lo Spirito è la memoria del Figlio. Il tema del ricordo è molto presente nel IV Vangelo. In più di un’occasione Giovanni osserva che i discepoli, dopo il ritorno di Gesù al Padre, si ricordarono di parole che Gesù aveva detto o di azioni che aveva fatto. Ricordare non significa solo riportare alla memoria perché nulla vada perduto, ma, nel contesto del vangelo di Giovanni, significa fare comprendere le parole di Gesù alla luce della fede e percepirne tutta la ricchezza per la vita della Chiesa.

Chi ci offre la possibilità di comprendere, approfondire e vivere le parole di Gesù è lo Spirito Santo. Egli, infatti, è voce che parla al cuore (Gv. 16.13; Rm. 8.26; Gal. 4.6) e ci dice che tutto quello che Gesù ha detto, quando era in mezzo agli uomini, non è arida dottrina, ma legge di vita. Ci insegna che il Vangelo non è solo né principalmente un testo di studio, ma è codice esistenziale, legge e segnaletica per una vita nuova.

 

 

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