Città del Vaticano , 04 March, 2019 / 9:00 AM
Il 4 marzo 1979 - prima domenica di Quaresima - Papa Giovanni Paolo II pubblicava la sua prima enciclica “Redemptor Hominis”, dedicata a Cristo Redentore dell’uomo. Dopo questa enciclica Giovanni Paolo II pubblicherà altre 13 encicliche. Era dal 1968 - con l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI - che un Papa non pubblicava una enciclica.
L’enciclica appare quasi come un manifesto programmatico del pontificato, se si tiene presente che il Papa era stato eletto neanche cinque mesi prima.
Già nelle prime righe dell’enciclica il Papa guarda al futuro, all’anno 2000: “Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia. A Lui si rivolgono il mio pensiero ed il mio cuore in questa ora solenne, che la Chiesa e l'intera famiglia dell'umanità contemporanea stanno vivendo. Questo tempo, nel quale Dio per un suo arcano disegno, dopo il prediletto Predecessore Giovanni Paolo I, mi ha affidato il servizio universale collegato con la Cattedra di San Pietro a Roma, è già molto vicino all'anno Duemila. Per la Chiesa, per il Popolo di Dio, quell'anno sarà l'anno di un gran Giubileo. Ci stiamo ormai avvicinando a tale data che ci ricorderà e in modo particolare rinnoverà la consapevolezza della verità-chiave della fede, espressa da San Giovanni agli inizi del suo Vangelo: il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Ricordando l’impegno di Giovanni XXIII e di Paolo VI, Giovanni Paolo II ribadisce poi l’importanza della via che conduce all’unità dei cristiani: “dobbiamo, pertanto, ricercare l'unione senza scoraggiarci di fronte alle difficoltà, che possono presentarsi o accumularsi lungo tale via; altrimenti, non saremmo fedeli alla parola di Cristo, non realizzeremmo il suo testamento”.
Il Papa venuto dalla Polonia non lesina poi critiche a quei regimi - come quello polacco - che hanno posto limiti alla libertà religiosa: “la limitazione della libertà religiosa delle persone e delle comunità non è soltanto una loro dolorosa esperienza, ma colpisce innanzitutto la dignità stessa dell'uomo, indipendentemente dalla religione professata o dalla concezione che esse hanno del mondo. La limitazione della libertà religiosa e la sua violazione contrastano con la dignità dell'uomo e con i suoi diritti oggettivi”.
L’uomo - scrive ancora Giovanni Paolo II - è “via della Chiesa” e “la Chiesa del nostro tempo deve essere, in modo sempre nuovo, consapevole della di lui situazione. Deve cioè essere consapevole delle sue possibilità, che prendono sempre nuovo orientamento e così si manifestano; la Chiesa deve, nello stesso tempo, essere consapevole delle minacce che si presentano all'uomo. Deve essere consapevole, altresì, di tutto ciò che sembra essere contrario allo sforzo perché la vita umana divenga sempre più umana, perché tutto ciò che compone questa vita risponda alla vera dignità dell'uomo. In una parola, dev'essere consapevole di tutto ciò che è contrario a quel processo”.
Concludendo Giovanni Paolo II sottolineava che “l’unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce l'uomo nuovo, chiamato a partecipare alla vita di Dio, creato nuovamente in Cristo alla pienezza della grazia e della verità. L'unione del Cristo con l'uomo è la forza e la sorgente della forza, secondo l'incisiva espressione di S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo: il Verbo ha dato potere di diventare figli di Dio. Questa è la forza che trasforma interiormente l'uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna. Questa vita, promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, eterno ed unigenito Figlio, incarnato e nato quando venne la pienezza del tempo dalla Vergine Maria, è il compimento finale della vocazione dell'uomo. È in qualche modo compimento di quella sorte, che dall'eternità Dio gli ha preparato”.
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