Città del Vaticano , 23 February, 2019 / 4:35 PM
“Per una madre non ci sono figli di prima o seconda classe: ci sono figli più forti e figli più vulnerabili. Neanche per la Chiesa ci sono figli di prima o seconda classe. I suoi figli apparentemente più importanti, come siete voi, vescovi e cardinali, non lo sono di più di qualsiasi altro bambino, bambina o giovane che abbia vissuto la tragedia di essere vittima di abuso da parte di un sacerdote”. Così la giornalista Valentina Alazraki, che ha tenuto l’ultima relazione al summit per la protezione dei minori voluto da Papa Francesco.
“Se siete contro quanti commettono abusi o li coprono - ha aggiunto la cronista messicana - allora stiamo dalla stessa parte. Possiamo essere alleati, non nemici. Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete in modo radicale di stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici”.
Alazraki ha poi ricordato “le parole di Papa Benedetto XVI, durante il volo per Lisbona, quando ci ha detto che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici esterni ma nasce dal peccato al suo interno”.
“Come giornalista, come donna e madre, vorrei dirvi - ha aggiunto - che pensiamo che abusare di un minore sia tanto spregevole quanto coprire l’abuso. E voi sapete meglio di me che gli abusi sono stati coperti in modo sistematico, dal basso verso l’alto.Comunicare è un dovere fondamentale, perché, se non lo fate, diventate automaticamente complici di quanti commettono abusi. Non fornendo le informazioni che potrebbero evitare che queste persone commettano altri abusi, non state dando ai bambini, ai giovani, alle loro famiglie gli strumenti per difendersi da nuovi crimini. I fedeli non perdonano la mancanza di trasparenza, perché è una nuova violenza verso le vittime. Chi non informa, incoraggia un clima di sospetto e di sfiducia e provoca la rabbia e l’odio verso l’istituzione”.
“Raccontate le cose quando le sapete. Certo - ha spronato - non sarà piacevole, ma è l’unica via, se volete che vi crediamo quando dite che d’ora in poi non saranno più tollerati occultamenti. Il primo a beneficiare della trasparenza è l’istituzione, perché si focalizza sul colpevole”.
“La trasparenza - ha ammesso Alazraki - ha i suoi limiti. Perciò, non pretendiamo che c’informiate di qualsiasi accusa a un sacerdote. Comprendiamo che può e ci deve essere un’inchiesta previa, ma fatela celermente, adeguatevi alla legge del paese in cui vivete, e se è previsto, presentate il caso alla giustizia civile. Se l’accusa si dimostra credibile, dovete informare sui processi in corso, su ciò che state facendo, dovete dire che avete allontanato il colpevole dalla sua parrocchia o da dove esercitava, dovete dirlo voi, sia nelle diocesi sia in Vaticano. Credo che la notizia della rinuncia di un sacerdote che ha commesso abusi dovrebbe essere data con chiarezza, in modo esplicito”.
Trasparenza e comunicazione si coniugano - ha concluso - mettendo “le vittime in primo piano”, facendosi consigliare e professionalizzando la comunicazione.
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