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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco negli Emirati Arabi, “le religioni bandiscano la parola guerra”

Papa Francesco nell'incontro con il Consiglio degli Anziani, Gran Moschea Zayed, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019
Papa Francesco parla allo Human Fraternity Meeting, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019
Papa Francesco e il Grande Imam di al Azhar alla Tomba del Fondatore degli Emirati Arabi Uniti, 4 febbraio 2019

Le religioni come costruttori di ponti e come voci degli ultimi, chiamate a bandire la parola guerra e negare la violenza in nome di Dio, a proteggere la vita umana, a operare per la pace: Papa Francesco parla all’incontro sulla Fraternità Umana organizzato negli Emirati Arabi Uniti, per delineare il suo modello di dialogo, caratterizzato da un maggiore impegno delle religioni.

Perché – dice Papa Francesco – “è giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace”. Il compito delle religioni, non più rimandabile, è quello di “smilitarizzare il cuore dell’uomo” Parole che riecheggiano quelle del Grande Imam di al Azhar, che, all'inizio dell'incontro, sottolinea: "I terroristi sono assassini, fanno violenza a Dio, e tutti in Oriente e Occidente hanno responsabilità di fermare queste persone".

Il modello di Papa Francesco ha come esempio l’incontro di San Francesco con il sultano al-Malik al-Kamil, avvenuto ottocento anni fa, e che prende a prestito l’immagine dell’arca dell’alleanza di Noé per descrivere una “arca della fratellanza” che deve funzionare come antidoto all’indifferenza, per sviluppare quel coraggio dell’alterità che per Papa Francesco è necessario. “Non c’è alternativa: o costruiremo l’avvenire, o non ci sarà futuro”, sottolinea Papa Francesco.

Il Papa è arrivato ieri, poco dopo l’arrivo del Grande Imam di al Azhar Ahmed el Tayyeb, che incontra per la quinta volta. Al Tayyib è anche presidente del Consiglio degli Anziani, che ha organizzato questa conferenza, stabilito nel 2014, con l’obiettivo di creare una cornice teorica a quello che chiamano un Islam “moderato”, attraverso “un approccio razionale che elimini le divisione attraverso la riconciliazione”.

Prima della partecipazione allo Human Fraternity Meeting, Papa Francesco accompagnato dal Grande Imam, è stato alla Gran Moschea dello Sceicco Zayed, dove ha incontrato appunto il Consiglio degli Anziani. Alessandro Gisotti, direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, ha sottolineato che “l'incontro del Santo Padre con il Muslim Council of Elders è durato circa 30 minuti. Si è svolto in un clima particolarmente cordiale e fraterno. E' stata sottolineata l'importanza della cultura dell'incontro per rafforzare l'impegno per il dialogo e la pace. Il Papa ha quindi visitato la Grande Moschea, accompagnato dal Grande Imam di Al-Azhar, prima di rendere omaggio alla tomba del Fondatore degli Emirati Arabi Uniti”.

Al Tayyib sottolinea: "Abbiamo ragionato sulla situazione del mondo, i disastri delle persone che muoiono, le persone che devono scappare dal loro Paese e abbiamo ragionato su cosa possono fare le religioni per aiutare queste persone".

L’incontro testimonia l’attenzione del Papa per questo lavoro del Consiglio.

Il lavoro culturale del Consiglio degli Anziani si è infatti concretizzato nella Conferenza Internazionale sulla Pace del Cairo del 2017, cui ha partecipato Papa Francesco; nella recente dichiarazione di Islamabad, che ha chiesto di fermare ogni odio nel nome della religione e ha proclamato il 2019 come l’anno “per annichilire il terrorismo, il settarismo e il terrorismo nel Pakistan”; nella Dichiarazione di Marrakech del 2015, che aveva lo scopo di difendere le minoranze religiose nelle terre d’Islam.

La Santa Sede ha osservato il dialogo, e la stessa riapertura dei rapporti con l’istituzione di al Azhar al Cairo nel 2016 va letta in questa ottica. Ma è difficile mantenere gli equilibri, sia per il conflitto tutto interno all’Islam tra sciiti e sunniti, sia perché la situazione è critica in molti Paesi: non a caso, Il Papa, nel suo discorso, ricorda i focolai in Siria, Iraq, Libia e Yemen, quest’ultimo citato anche nell’Angelus di ieri.

Il Grande Imam di al Azhar sottolinea che anche i musulmani hanno pagato le conseguenze del terrorismo, perché sono stati descritti "come membri di una religione del sangue", ricorda che nel Corano ci sono anche fonti "che impediscono e che dicono chiaramente che non si può uccidere nessuno e uccidere le persone", sottolinea i pericoli di "ateismo e nichilismo", che fanno pensare che "la ragione può sostituire la religione", mentre il primo motivo di crisi dell'umanità "è la mancanza di morale e di religione".

"Le guerre lanciate in nome di Dio - dice al Tayyib - non sono colpa della religione, ma della politica che sfrutta la religione, e fa una lettura della religione che è sbagliata" perché "la lettura giusta della religione impedisce a queste persone di  di appartenere a questa religione". 

Al Tayyib poi ringrazia il Cristianesimo, perché "ha accolto l'Islam, difendendolo dall'ateismo". 

Papa Francesco usa l’immagine del diluvio, comune a tante culture, e sottolinea che “anche noi oggi, nel nome di Dio, per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza”.

Il concetto di fraternità, delineato nell’urbi et orbi di Natale, rappresenta dunque una linea guida dell’attività diplomatica di Papa Francesco. Considerarsi fratelli – sottolinea Papa Francesco – parte dal presupposto che Dio “è all’origine di ogni famiglia umana”, e per questo “tutti abbiamo uguale dignità, e nessuno può essere padrone o schiavo degli altri”.

Afferma Papa Francesco: “Non si può onorare il Creatore senza custodire la sacralità di ogni persona e di ogni vita umana: ciascuno è ugualmente prezioso agli occhi di Dio”. E per questo "nel nome di Dio Creatore, dunque, va senza esitazione condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di Dio utilizzarlo per giustificare l’odio e la violenza contro il fratello. Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata

Dio, continua il Papa, non guarda alle persone con “uno sguardo di preferenza che esclude”, ma piuttosto “con uno sguardo di benevolenza che include”, e quindi “riconoscere ad ogni essere umano gli stessi diritti è glorificare il nome di Dio sulla terra”.

Papa Francesco delinea l’individualismo come “nemico della fratellanza”, una insidia che “minaccia tutti gli aspetti della vita”, persino la religiosità, e per questo “la condotta religiosa ha bisogno di essere continuamente purificata dalla ricorrente tentazione di giudicare gli altri nemici o avversari”.

La fratellanza – continua il Papa – implica molteplicità e differenza, e questa si esprime nella pluralità religiosa, che non va ridotta ad una “uniformità forzata” né al “sincretismo conciliante”, quanto piuttosto “all’impegno per la pari dignità di tutti in nome del Misericordioso che ci ha creati”.

Papa Francesco sottolinea che in nome di Dio “va cercata la composizione dei contrasti e la fraternità della diversità”, affermando la proprio identità, ma al tempo stesso sviluppando “il coraggio dell’alterità”, che comporta “il riconoscimento pieno dell’altro e la sua libertà e il conseguente impegno a spendermi perché i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque”, perché “senza libertà non si è più figli della famiglia umana ma schiavi”.

Questo coraggio della libertà include, prima di tutto, la libertà religiosa, che “non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero, che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo”.

Papa Francesco poi chiede che il dialogo sia “sincero nelle intenzioni”, perché la finzione lo compromette, e per questo c’è bisogno di preghiera, che “incarna il coraggio dell’alterità nei riguardi di Dio”, e “purifica il cuore dal ripiegamento di sé”.

Papa Francesco sottolinea con forza il compito delle religioni, che “non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti tra i popoli e le culture”, e dunque sono chiamate a spendersi “più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace”.

Il Papa chiede di investire sula cultura, per favorire una decrescita dell’odio, dato che “educazione e violenza sono inversamente proporzionali”, ricorda l’impegno degli istituti cattolici nel “promuovere l’educazione alla pace e alla conoscenza reciproca per prevenire la violenza”, mette in luce che i giovani “hanno bisogno di imparare a non cedere alle seduzioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizio,” ma anche “a reagire all’ingiustizia e anche alle dolorose esperienze del passato”, e a “difendere i diritti degli altri con lo stesso vigore con cui difendono i propri diritti”.

Dai giovani, verrà il giudizio dell’attività di oggi. Sarà buono, dice il Papa, “se avremo dato loro basi solide per creare nuovi incontri di civiltà”, e cattivo “se avremo lasciato loro solo dei miraggi e la desolata prospettiva di nefasti scontri di inciviltà”.

(La storia continua sotto)

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Quindi, Papa Francesco affronta il tema del dialogo “pratico” tra le religioni, che è il dialogo che nasce dalle attività svolte insieme. Papa Francesco nota che “le religioni hanno il compito di ricordare che l’avidità del profitto rende il cuore inerte”, mentre “le leggi dell’attuale mercato non aiutano l’incontro, il dialogo e la famiglia”, e chiede che “le religioni siano la voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e siano dalla parte dei poveri”, vegliando “come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti”, e operando come “richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni ai drammi del mondo”.

Il Papa dice che "pace e giustizia sono inseparabili", e denuncia che "una giustizia indirizzata solo ai familiari, ai compatrioti, ai credenti della stessa fede è una giustizia zoppicante, è un’ingiustizia mascherata!"

Papa Francesco mette in guardia dall’indifferenza che “non bada al futuro del creato, non ha cura della dignità del forestiero e dell’avvenire dei bambini”, e plaude all’opera “sviluppo feconda” che si è creata negli Emirati, la quale offre “speranze a molte persone di vari popoli, culture e credo”, e ricorda che proprio ad Abu Dhabi c'è stato il primo Forum dell’Alleanza interreligiosa per Comunità più sicure, sul tema della dignità del bambino nell’era digitale, ringraziando "tutti i leader che si impegnano in questo campo e assicuro il sostegno, la solidarietà e la partecipazione mia e della Chiesa Cattolica a questa causa importantissima della protezione dei minori in tutte le sue espressioni".

Papa Francesco auspica per tutta “l’amata regione mediorientale” opportunità concrete di incontro, “società dove persone di diverse religioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza e dove alla sola violenza, in ogni sua forma, sia tolto tale diritto”, secondo una “convivenza fraterna, fondata sull’educazione e sulla giustizia; uno sviluppo umano, edificato sull’inclusione accogliente e sui diritti di tutti”.

Sono questi – sottolinea il Papa – i “semi di pace che le religioni sono chiamate a far germogliare”, rendendo concreto il compito “non più rimandabile” di “contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo”, anche in senso concreto, aiutando a mettere da parte corsa agli armamenti e politiche aggressive.

Sottolinea Papa Francesco: “La fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra. Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sotto i nostri occhi sono le sue nefaste conseguenze”.

Papa Francesco esorta dunque ad impegnarsi “contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo”.

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