Roma, 09 January, 2019 / 2:00 PM
Come ogni anno, in questo periodo, vicini alla scadenza per le iscrizioni al prossimo anno scolastico 2019-2020, migliaia di famiglie sono chiamate a scegliere se far avvalere o meno i propri figli dell’insegnamento della religione cattolica (IRC), disciplina scolastica ormai sempre più apprezzata e scelta dalla maggioranza dei cittadini italiani, che ne riconoscono il valore pedagogico e culturale.
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, in vista di questo annuale appuntamento, ha inviato un messaggio agli studenti e ai loro genitori, invitando anche i docenti di religione a rivedere le sollecitazioni maturate nel recente Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani, su cui la Chiesa pone grande attenzione. Ci sembra importante – chiariscono i vescovi – «evidenziare il richiamo legato alla domanda di ascolto che viene dal mondo giovanile. […] “I giovani sono chiamati a compiere continuamente scelte che orientano la loro esistenza; esprimono il desiderio di essere ascoltati, riconosciuti, accompagnati. Molti sperimentano come la loro voce non sia ritenuta interessante e utile in ambito sociale ed ecclesiale. In vari contesti si registra una scarsa attenzione al loro grido, in particolare a quello dei più poveri e sfruttati, e anche la mancanza di adulti disponibili e capaci di ascoltare”» (Documento finale, 27 ottobre 2018, 7).
Tra gli aspetti programmatici dell’IRC vi è innanzitutto la capacità di ascolto rivolta ai discenti e alle problematiche da loro vissute. Se gli insegnanti di religione sono preparati all’ascolto, si realizza un confronto serio e motivato. Il Sinodo – prosegue la presidenza della Cei – ha anche constatato che, «se per molti giovani Dio, la religione e la Chiesa appaiono parole vuote, essi sono sensibili alla figura di Gesù, quando viene presentata in modo attraente ed efficace». L’Ora di Religione a scuola può essere un’occasione per affrontare il discorso su Gesù; come insegna Papa Francesco – conclude il comunicato Cei – «non si tratta di fare proselitismo, ma di offrire un’occasione di confronto per lasciare che ognuno possa, nell’intimo della propria coscienza, trovare risposte convincenti. Ci auguriamo che anche quest’anno siano numerosi gli alunni che continueranno a fruire di tale offerta educativa, finalizzata ad accompagnare e sostenere la loro piena formazione umana e culturale».
Avvalersi dell’insegnamento della Religione Cattolica a scuola non significa dichiarare un’appartenenza religiosa, o lasciarsi condizionare la coscienza da qualcuno, si tratta solo di un voler chiedere alla scuola un’istruzione anche sui contenuti della religione cattolica, oltre a quelli che riguardano i valori culturali, il rispetto della vita dell’uomo e di tutte le altre religioni. Certamente – come affermava Leonardo Sciascia – «bisognerebbe insegnarla meglio, questo sì. Ma la religione come materia di studio è una pietra su cui l’intelligenza si affila. Se ne sostanzia la fede, per chi ce l’ha o la cerca. O ne vengono fuori i Voltaire, i Diderot, i grandi increduli e anticlericali».
L’educazione – come ha detto alcuni anni fa Papa Francesco – «non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla… La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello. E questo avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti “ingredienti”. Ecco perché ci sono tante discipline! Perché lo sviluppo è frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la coscienza, l’affettività, il corpo, eccetera»
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