Oran, 08 December, 2018 / 2:00 PM
È con un messaggio di Papa Francesco che si pare la messa per la beatificazione di padre Pierre Claverie e 18 compagni, uccisi in odio alla fede in Algeria tra il 1994 e il 1996. E il Cardinale Becciu, inviato speciale di Papa Francesco, sottolinea nell’omelia che “la morte tragica dei Beati Pietro Claverie e dei 18 compagni martiri è un seme sparso nei momenti difficili, fecondato dalla sofferenza che porterà frutti di riconciliazione e di giustizia”.
Il Cardinale Becciu è stato nominato da Papa Francesco suo inviato speciale per la beatificazione. Il Cardinale guida una missione pontificia composta da monsignor Jean Landousies, officiale presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, e da don Marco Marchetti, addetto presso la nunziatura apostolica in Algeria.
Nel suo messaggio, datato 2 dicembre, Papa Francesco si “associa al’azione di grazia per queste vite totalmente donate per l’amore di Dio, del Paese e di tutti gli abitanti con i quali condividevano le fatiche quotidiane in uno spirito di fraternità, di amicizia, di servizio”.
Papa Francesco esprime tutto il suo affetto “per il popolo algerino che ha conosciuto grandi sofferenze durante la crisi della società che ha fatto vittime negli ultii anni dei secoli passati”. Nel fare memoria dei martiri di Algeria, dice il Papa, i cattolici di Algeria e del mondo “vogliono celebrare la fedeltà di questi martiri al progetto della Pace”, e allo stesso tempo, pregare per tutti i figli e le figlie di Algeria “sono stati vittime della stessa violenza”.
La Chiesa Cattolica di Algeria, prosegue il Papa, “ha ereditato, con tutta la nazione algerina, del grande messaggio d’amore” di Sant’Agostino d’Ippona, uno dei grandi maestri spirituali del suo Paese, e desidera esprimere quello stesso messaggio con la beatificazione, testimoniando il desiderio di “continuare ad operare in dialogo, concordia ed amicizia. Attraverso le beatificazione, aggiunge Papa Francesco, partirà dal Paese “un grande segno di fraternità dal cielo algerino destinato al mondo intero”.
Ma chi erano Pierre Claverie e i 18 compagni?
Pierre Claverie era francese di quarta generazione, ed era responsabile del Centro Diocesano di Algeri per lo studio e la formazione linguistica, ed era vescovo di Oran. L’attentato che lo uccise l’1 agosto non fu rivendicato, ma ne era chiara la matrice fondametalista.
I monaci di Tibhirine furono invece rapiti nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, quando un commando di una ventina di uomini irruppe nel monastero di Notre Dame dell'Atlante, fondato a Tibhirine nel 1938. Il sequestro fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato, che propose alla Francia uno scambio di prigionieri. Le trattative non portarono a nulla, e il 21 maggio i terroristi annunciarono l'uccisione dei monaci: le loro teste furono ritrovate il 30 maggio, mentre non si è mai avuta notizia dei corpi.
Poi ci sono dieci religiosi e religiose, anche loro uccisi in odio alla fede.
È ad Oran che si celebra, in questo giorno dell’Immacolata Concezione, la beatificazione di questi martiri. Omelia difficile, per il Cardinale Becciu, perché in questa celebrazione vengono incluse storie differenti, con differenti sfumature. Ma tutti sono stati riconosciuti martiri, uccisi in odio alla fede.
E la chiave di lettura è data dal brano dell’Apocalisse, dai salvati che raggiungono splendore “attraverso il crogiuolo della sofferenza, della donazione di sé, della croce”, perché “partecipando alla passione e morte di Gesù, il re dei martiri, si giunge alla luce”, come recita l’antico adagio cristiano per crucem ad lucem, verso la luce attraverso la croce.
Il Cardinale Becciu ricorda i 19 nuovi beati, “uccisi tra il 1994 e il 1996 in luoghi e tempi diversi, ma nello stesso contesto turbolento”, dopo aver annunciato in Algeria “l’amore incondizionato del Signore verso i poveri e gli emarginati, testimoniando la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa fino al martirio”, svolgendo “diverse missioni” e rimanendo “perseveranti nel loro servizio al Vangelo e alla popolazione, nonostante il clima minaccioso di violenza e di oppressione che li circondava”, nonostante “tutti, pur consapevoli del rischio che li assediava, decisero coraggiosamente di restare al loro posto fino alla fine”, sviluppando “una forte spiritualità martiriale radicata nella prospettiva di sacrificare se stessi e offrire la propria vita per una società riconciliata e di pace”.
Il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi sottolinea che “la Chiesa, iscrivendo i loro nomi nel libro dei salvati e dei beati, desidera riconoscere l’esemplarità della loro vita virtuosa, l’eroismo della morte di questi straordinari operatori di pace e testimoni di fraternità”.
I nuovi beati “si sono conformati pienamente al sacrificio di Cristo”, dice il Cardinale Becciu, e questo “avviene proprio mediante la croce, poiché nella morte di Gesù Dio si è definitivamente avvicinato all’umanità, e l’uomo ha acquistato piena coscienza della sua dignità e elevazione”. E così, con la loro morte da martiri, “anche i nuovi beati sono entrati nella luce di Dio e dall’alto vegliano sulle persone che hanno servito e amato, pregando incessantemente per tutti, anche per coloro che li hanno colpiti”, continuando così “quella profetica missione della misericordia e del perdono, di cui sono stati testimoni nella vita terreno”.
Il porporato prega anche che “l’Algeria possa superare definitivamente quel periodo di violenza e di afflizione”, grazie anche alla dinamica del perdono, e considerando che “la morte tragica dei Beati Pietro Claverie e del 18 compagni martiri è un seme sparso nei momenti difficili, fecondato dalla sofferenza, che porterà frutti di riconciliazione e di giustizia”.
È questa, in fondo, la missione dei cristiani, quella di “seminare ogni giorno il seme della pace evangelica, per gioire dei frutti della giustizia”, e per questo “la Chiesa non desidera altro se non servire il popolo algerino, testimoniando amore verso tutti”, perché “in ogni angolo della terra, i cristiani sono animati dal desiderio di portare il loro concreto contributo per costruire un futuro luminoso di speranza con la saggezza della pace, per edificare una società fondata sul rispetto reciproco, sulla collaborazione, sull’amore”.
Perché questa società abbia luogo – aggiunge il Cardinale Becciu – c’è bisogno di “sviluppare la pedagogia del perdono, tanto necessaria anche in questo Paese”.
Una pedagogia sviluppata dalla comunità cristiana del Paese, che “sparge piccoli, ma significativi, segni di pace”, e che da questa beatificazione si deve sentire rafforzata “nella convinzioni che la preziosa presenza presso questo popolo è giustificata dal desiderio di essere luce e segno dell’amore di Dio per l’intera popolazione”.
La testimonianza dei beati è dunque “un esempio vivo e vicino per tutti. La loro vita e la loro morte è un appello diretto a tutti noi cristiani, e in particolare a voi, fratelli o sorelle di vita religiosa, ad essere fedeli ad ogni costo alla propria vocazione, servendo il Vangelo e la Chiesa in una vita di vera fraternità, nella perseveranza e nella testimonianza della scelta radicale di Dio”.
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