Città del Vaticano , 07 December, 2018 / 5:30 PM
Un presepe fatto di sabbia, che dice “fragilità, precarietà”, e dunque vita. E un albero che “è segno di vita e di forza, ed è segno di luce per quello che porta avanti a tutti”. Così il Patriarca Francesco Moraglia, di Venezia, e il vescovo Giuseppe Pellegrini, di Concordia – Pordenone, hanno presentato presepe e albero che sono stati donati dalle loro diocesi.
Dopo il tradizionale incontro del mattino con Papa Francesco, nel pomeriggio albero e presepe vengono accesi in una suggestiva cerimonia in piazza San Pietro, con la cornice di un gruppo di ballo proveniente da Jesolo e il coro di San Sebastiano, formato da dipendenti di Jesolo e dalla polizia, che si è costituito per l’occasione, e del coro San Marco di Pordenone. Ma c’è anche la banda della Gendarmeria, che comincia con l’inno nazionale italiano e terminerà con l’inno vaticano.
Perché il presepe di sabbia? Perché, spiega il Patriarca Moraglia in un briefing del mattino in Sala Stampa della Santa Sede, “il mistero prende forma nella sabbia effimera che è la terra” e dice “fragilità, precarietà, perché l’uomo è come il fiore del campo che al mattino fiorisce e alla sera è già secco”. È un presepe – aggiunge – che ci obbliga ad una riflessione, ad un esame di coscienza. Il grande messaggio è che la fragilità può essere salvata”
Sempre nello stesso briefing, il vescovo Pellegrini contrappone a questa immagine quella dell’albero, da sempre “segno di vita e di forza, segno della luce che è quello che porta davanti a tutti”, e in particolare questo abete “è un abete sopravvissuto”, che diventerà “giocattoli per bambini poveri”.
La cerimonia dell’accensione dell’albero comincia con i ringraziamenti del Cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano. Quindi, il Patriarca Moraglia riprende il filo da dove l’aveva lasciato al mattino. “Il Presepe – dice - rappresenta l’evento che ha cambiato il mondo, che si è realizzato e che continua a vivere nella nostra fede. Dio fa sì che noi uomini possiamo essere salvati e capaci di salvare gli altri. Vediamo qui il mistero che si serve dell’umile terra, la sabbia di Jesolo, per darsi forma. È un presepe che riesce a coniugare le virtù teologali (fede, speranza e carità) con le opere di misericordia materiali.
Usiamo del presepio come di un simbolo che ci chiede di fare un esame di coscienza per purificare le nostre durezze, per poter essere annuncio di accoglienza come Dio ci accoglie”.
Il vescovo Pellegrini sottolinea invece che “se il Presepe è un punto di inizio, l’albero è un punto di arrivo”, e che l’abete donato ha “qualcosa del Friuli Venezia Giulia, della sua tenacia”, perché è un albero sopravvissuto alle intemperie che hanno colpito la nostra regione.
Si tratta di un abete rosso che viene dal Cansiglio, alto 21 metri, e l’addobbo è stato curato dalla Direzione dei Servizi Tecnici dello Stato di Città del Vaticano.
Prima viene scoperto il presepe, poi viene illuminato l’albero, acceso da un bambino di Pordenone. L'illuminazione è curata da Osram, che inaugurerà a gennaio anche una nuova illuminazione di San Pietro.
Infine, l'arcivescovo Fernando Vergez de Alzaga, segretario generale dello Stato di Città del Vaticano, sottolinea i suoi legami con il Friuli per essere stato segretario personale del Cardinale Eduardo Pironio, che veniva da lì, e ricorda che "le sculture che compongono questo Presepe sono realizzato con materiale comune ed insolito: la sabbia", mentre l'albero completa il Presepe, un albero "adornato da tante luci, che rappresentano come la tecnica e il sapere pratico possano, se utilizzati con sapienza, valorizzare lo stesso messaggio e renderlo più efficace".
(articolo aggiornato alle 17.40 con le parole dell'arcivescovo Fernando Vergez)
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