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Un servizio di EWTN News

Diplomazia Pontificia: il messaggio del Papa alla Corea, Parolin e i mediatori di pace

La bandiera della Santa Sede. Sullo sfondo, la Basilica di San Pietro

Con un messaggio indirizzato ai giovani coreani, Papa Francesco ha ancora una volta reiterato il suo appello per la pace nella penisola coreana. Il prossimo 3 dicembre, invece, Papa Francesco incontrerà i membri dell’associazione “Rondine, Città della Pace”, che hanno incontrato il Cardinale Pietro Parolin e il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede lo scorso 28 novembre.

Nel corso della settimana, la Santa Sede è intervenuta tre volte presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, parlando di migrazioni e di disarmo. All’UNESCO, la Santa Sede ha organizzato una giornata di studio su don Primo Mazzolari lo scorso 29 settembre: Papa Francesco ne ha visitato la tomba il 20 giugno 2017.

Il messaggio di Papa Francesco alla Corea

Cento giovani coreani hanno inviato a Papa Francesco una lettera dopo aver preso parte, nella scorsa estate, al Pellegrinaggio “Venti di pace” che raduna giovani di tutto il mondo nella zona demilitarizzata tra le due Coree. Papa Francesco ha risposto negli scorsi, secondo quanto riferito dall’ufficio comunicazioni dell’arcidiocesi di Soul.

Secondo quanto riferito dal sito, la lettera era stata consegnata a Papa Francesco dal Cardinale Andrew Yeom, arcivescovo di Seoul (che ha anche all’amministrazione apostolica di Pyongyang. Papa Francesco ha risposto rinnovando “la sua preghiera per una pace duratura nella penisola coreana”, auspicando anche che “il pellegrinaggio possa ispirare tutti a cooperare alla costruzione di un mondo fondato sulla solidarietà fraterna e sulla pace duratura”.

Il pellegrinaggio “Venti di Pace” è sponsorizzata dal ministero sudcoreano della Cultura, Sport e Turismo e dal Ministero dell’Unificazione. Quest’anno, i giovani provenivano da Laos, Messico, Malta, Stati Uniti, India, Cina, Pakistan, Corea del Sud.

La Santa Sede da sempre si impegna per una riunificazione delle due Coree. Lo scorso 17 ottobre, in occasione della visita del presidente coreano Moon, si è tenuta nella Basilica di San Pietro una messa per la Corea, celebrata dal Cardinale Pietro Parolin. Il 18 ottobre, il presidente Moon ha portato a Papa Francesco l’invito a visitare la Corea del Nord.

Cardinale Parolin a Rondine: “La politica sia per il bene comune”

A Rondine, in provincia di Arezzo, c’è uno studentato internazionale dove convivono giovani che provengono tra Paesi in conflitto tra loro. E l’Associazione Rondine – Cittadella della Pace è proprio impegnata nello sviluppare una cultura di pace. Questo impegno si è concretizzato nella Campagna Leaders for Peace, campagna triennale che si propone di formare leader di pace con il metodo Rondine, chiedendo ai governi di contribuire con una somma simbolica. Sarà presentata a Papa Francesco il 3 dicembre, e ci sarà un intervento alle Nazioni Unite in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Lo scorso 28 novembre, la campagna è stata presentata in Vaticano, davanti al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, e alla presenza del Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

Nel suo intervento, il Cardinale ha sottolineato la necessità che la politica “ritrovi il suo ruolo di mediazione sociale per edificare il bene comune e una propensione a collaborare nel ricercare soluzioni condivise, sia a livello internazionale nelle relazioni tra gli Stati che all’interno della società civile a fronte del prevalere di nuove forme di odio e intolleranza”.

Questo contesto – ha detto il Cardinale Parolin – “mette oggi in serio pericolo l’interlocuzione dei diritti umani che abbiamo il dovere di tutelare e implementare”.

Per quanto riguarda la Santa Sede, il Segretario di Stato vaticano ha detto che questa si impegna a “promuovere il più ampio confronto possibile con tutti i soggetti e le istituzioni che si adoperano per tutelare i diritti dell’uomo e promuovere il bene comune e lo sviluppo sociale”.

Il Segretario di Stato ha quindi espresso il suo sostegno a Rondine, la cui esperienza non rappresenta solo il superamento del sospetto e dell’odio, ma anche la “conversione del cuore per cui l’altro non è più visto come avversario o nemico ma come amico e fratello”, perché i giovani della cittadella, una volta tornati in patria, sono “chiamati a farsi ponte tra le parti”.

A loro, il Cardinale Parolin ha rivolto un appello affinché si sentano “protagonisti della costruzione di pace nelle vostre rispettive nazioni, spesso martoriate da conflitti sociali, etici e politici”, perché “se non sono i giovani a porsi ideali alti ed altri, a promuovere una cultura della non violenza e della solidarietà”, non “si potrà costruire al pace, o almeno diventerà molto più difficile costruirla”.

Un evento all’UNESCO per celebrare don Primo Mazzolari

Il 29 novembre, si è tenuto all’UNESCO un congresso internazionale su “Il messaggio e l’azione per la pace di don Primo Mazzolari. Tra gli interventi, quello del Cardinale Parolin, che ha sottolineato come “don Primo Mazzolari fu un vero costruttore di pace”, e lo ha definito “un sacerdote e profeta”, i cui scritti sono “una miniera alla quale possono aspirare ricercatori, intellettuali e uomini di buona volontà”.

Sacerdote sociale improntato sulla Rerum Novarum di Leone XIII, don Primo Mazzolari è famoso per i suoi scritti sulla pace e sulla non violenza, che pure suscitarono le attenzioni dell’allora Sant’Uffizio. Dopo l’apertura della causa di canonizzazione nel 2015 e la visita di Papa Francesco sulla sua tomba, si può dire che ormai il contributo di don Mazzolari è stato pienamente riconosciuto dalla Chiesa.

Il Cardinale Parolin ha invitato a riflettere su “come il pensiero e l’azione di don Primo Mazzolari può aiutarci tutti a vivere il nostro tempo con coraggio e aiutare a costruire ciò che Papa Francesco chiama la società dell’amore”.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche ricordato la vita di don Mazzolari, la sua esperienza come soldato al fronte che “lo aiuta a comprendere che tra il Vangelo e la violenza la distanza è abissale”, la sua opposizione ai regimi totalitari e ad ogni forma di ingiustizia e razzismo, il sostegno alla Resistenza e l’indicazione del discernimento del “bene e del vero in una realtà che non è mai limpida”, così come quella del “mito del dovere come esattamente opposto al primato della coscienza morale”.

Da parte sua, intervendo al convegno, il vescovo Antonio Napolioni di Cremona ha voluto ricordare come “don Primo Mazzolari fosse un uomo di periferia”, la cui vita è stata la testimonianza concreta di un tessitore di pace, tema che non lo ha mai abbandonato in tutta la sua vita.

Il Cardinale Parolin al convegno su droga e dipendenze

Si è tenuto dal 29 novembre all’1 dicembre il convegno su “Droghe e dipendenze: un ostacolo allo sviluppo umano integrale”, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, è intervenuto il 30 novembre.

Il Cardinale ha sottolineato che, negli ultimi dieci anni, il concetto di abuso e dipendenza si è allargato a nuove forme di dipendenza, e questo segnala “un disagio psichico profondo dell’individuo e un impoverimento sociale di valori e riferimenti”, dovuto a un “vuoto valoriale che ha ripercussioni soprattutto sui giovani”.

(La storia continua sotto)

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Il Segretario di Stato vaticano ha notato che “la Chiesa, fedele all’insegnamento di Gesù, pone la persona al centro, come protagonista, tesa al rinnovamento interiore, alla ricerca del bene, alla libertà e alla giustizia”, e per questo “accoglie ed accompagna per il recupero quanti sono coinvolti nella spirale della droga, come anche delle altre dipendenze”.

Il Cardinale ha quindi messo in luce come occorra pensare “non solo al lavoro di recupero, ma anche ad un’azione di prevenzione che si traduca in un intervento sulla comunità nel suo insieme.”. Una tappa importante riguarda l’incremento dell’autostima delle nuove generazioni, creando opportunità di lavoro, migliorando l’educazione, con la consapevolezza – afferma il Cardinale Parolin – che “siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri”.

Insomma, la Chiesa “esperta in umanità”, ha sempre “cercato di dare il proprio contributo per educare, curare ed aiutare la persona, mirando alla promozione integrale, adottando prospettive che mirino all’unità della persona, alla trascendenza ed a diventare adulti attraverso una maturazione progressiva di tutto l’essere, fisico, psicologico, intellettuale, morale e spirituale, perché diventi più responsabile di se stesso e sappia differire i propri desideri”

Il Cardinale auspica dunque che i lavori della conferenza “contribuiscano a coinvolgere l’opinione pubblica, e, in specie, gli operatori del settore per uno spazio comune di aggiornamento e confronto”, con l’obiettivo di “ragionare su una progettualità politica che stimoli le coscienze e prefiguri possibilità di investimenti strutturati nella prevenzione e nell’educazione, nonché aggiornamenti normativi, onde dar vita ad un sistema che risponda davvero ai nuovi bisogni emergenti”.

Il presidente Palestinese Mahmoud Abbas sarà in Vaticano il prossimo 3 dicembre

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas visiterà Papa Francesco il prossimo 3 dicembre, nell’ambito di una più ampia visita in Italia. L’ultima volta del presidente palestinese in Vaticano è stata il 14 gennaio 2017, quando venne per inaugurare la sede dell’ambasciata di Palestina presso la Santa Sede in via di Porta Angelica.

Prima ancora, Mahmoud Abbas, meglio conosciuto con il nome di battaglia Abu Mazen, era stato in Vaticano il 16 maggio 2015, nell’ambito di una visita per partecipare alla Messa di canonizzazione di Marie Alphonsine Danil Ghattas di Gerusalemme e Mariam Baouardy della Galilea, le prime due sante palestinesi. Il 10 giugno 2014, insieme all’allora presidente israeliano Shimon Peres, Mahmud Abbas partecipò alla preghiera per la pace voluta da Papa Francesco nei Giardini Vaticani. Sarà dunque la quarta volta che Papa Francesco incontra il presidente di Palestina in questi anni.

Si parlerà anche della soluzione del conflitto tra Palestina e Israele, tema anche al centro dell’incontro di Papa Francesco con il presidente Israeliano Rivlin lo scorso 15 novembre.

La Santa Sede a Ginevra: no alle armi robot

Lo scorso 22 novembre, c’è stato a Ginevra un incontro tra le Parti sulla Convenzione sulla Proibizione o Restrizione dell’Uso di alcune Armi Convenzionali che possono essere considerate come eccessivamente ingiuriose o avere effetti indiscriminati, la CCW.

L’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha sottolineato che, malgrado ci siano stati grandi progressi nel proibire o regolare tipi specifici di armamenti, i conflitti prolungati e violenti “persistono, crescono e peggiorano”, mentre vengono perpetuate offese e atrocità contro la persona umana nel nome di interessi militari e politici”.

La Santa Sede – sottolinea l’arcivescovo – invita le parti a continuare il percorso di “ridurre o mitigare le conseguenze negative delle ostilità”, perché ogni passo in quella direzione “contribuisce a una crescente consapevolezza che la crudeltà dei conflitti deve essere eliminata in modo da risolvere le tensioni con il dialogo e la negoziazione”.

Sono tre, secondo la Santa Sede, i punti su cui agire con forza: le armi esplosive, che hanno un impatto devastante, perché anche le armi convenzionali stanno diventando “non convenzionali” e capaci di devastare intere città; le armi incendiarie, i cui effetti sono messi in discussione dal protocollo sulla riduzione della sofferenza umana, e che la Santa Sede chiede di rivedere per proteggere maggiormente le parti in conflitto; e infine le cosiddette LAWS (Lethal Autonomous Weapons System), ovvero le armi robot, che hanno implicazioni di vario genere, inclusa quella della difficoltà di definire responsabili, e che sono da tempo oggetto di studio da parte della Santa Sede.

In particolare, su quest’ultimo tema la Santa Sede ribadisce la sua posizione che è “necessario basarsi sul principio di precauzione e adottare una attitudine responsabile di prevenzione”.

La Santa Sede a Ginevra, intervento sulle migrazioni

Il 28 novembre, la Santa Sede è intervenuta alla 109esima sessione del Consiglio dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione, di cui è Stato membro. Il tema è particolarmente importante in vista dei global compact sulle migrazioni, di cui la Santa Sede è parte attiva.

L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che è importante “ricordare che la maggior parte della migrazione internazionale ha luogo legalmente”, e che “le sfide di oggi non devono oscurare le opportunità e i contributi offerti dai migranti”.

La Santa Sede si pone l’obiettivo di “aiutare a comprendere questo fenomeno”, basandosi su tre punti.

Il primo: le migrazioni sono causate da povertà, ineguaglianza, disoccupazione, violenza, degrado ambientale, studi all’esterno e riunificazione famigliare, ovvero quasi sempre da necessità pratiche. Ma tra le cause principali, la Santa Sede ricorda quelle dei disastri ambientali, un fenomeno che va considerato sempre di più. “Prima del diritto a migrare, ogni persona ha l’intrinseco diretto di vivere in dignità e sicurezza nella sua nazione di origine”.

Il secondo punto: la necessità di procedere all’integrazione come ad un processo a doppio binario, “basato sulla conoscenza comune e l’apertura reciproca”, perché i migranti non possono essere solamente assimilati nel Paese che li riceve, sebbene sia importante che questi “conoscano e rispettino le leggi, le tradizioni e la cultura che li riceve. Ci sono, sottolinea l’arcivescovo Jurkovic, “esempi positivi di integrazione e accoglienza da parte di società ospitanti”, così come molti migranti contribuiscono al benessere delle società. Ma è un tipo di notizia che “spesso viene trascurata.

Il terzo punto è la necessità di “tornare allo spirito e alla lettera della Dichiarazione di New York”, che riguarda la responsabilità di base per “un management glbale condiviso di migrazione internazionale sui valori di giustizia, solidarietà e compassione”.

Perché sia “fruttuosa a lungo termine”, sottolinea il nunzio, la “cooperazione internazionale nell’area delle migrazioni deve considerare gli interessi di tutti gli attori e tutti quelli che sono coinvolti nel trovare le migliori soluzioni.

La Santa Sede sulla Convenzione delle Mine Antiuomo

C’è una convenzione anti-uomo, che la Santa Sede ha firmato tra le primissime. Come tutte le convenzioni, questa viene sempre discussa. E così è stato a Ginevra, lo scorso 29 novembre, quando gli Stati Parte della Convenzione si sono riuniti per parlare di un possibile aggiornamento del testo.

A nome della Santa Sede, l’arcivescovo Ivan Jurkovic ha notato che la Convenzione “ha raggiunto un notevole successo e contribuito agli sforzi di pace e riconciliazione mettendo la persona umana al centro delle preoccupazioni”. Ed è incoraggiante, ha detto, che Stati che non sono ancora parte della Convenzione ne hanno preso lo spirito, come per esempio le due Coree, che hanno avviato uno sforzo per rimuovere le mine antiuomo nella zona di sicurezza congiunta.

Per la Santa Sede, è importantissimo “onorare le obbligazioni legali”, rispettando pienamente “la lettera e lo spirito della convenzione”. Durante i negoziati, la Santa Sede introdusse e difese il principio del diritto di tutte le vittime ad avere una assistenza, e questo punto è considerato ancora un “passo essenziale nel percorso verso un mondo libero dalle mine antiuomo”, insieme alla rimozione delle mine antiuomo già dislocate e alla distruzione degli stoccaggi.

La Santa Sede ha ricordato anche che le mine hanno fatto molte vittime tra i bambini, e questo deve ricordare “la crudeltà e la tragedia dei conflitti”, e per questo l’attenzione ai bambini deve essere grande, perché non siano lasciati indietro. “Se davvero vogliamo avere un mondo libero da mine a partire dal 2025, non c’è tempo da perdere”, ha concluso l’arcivescovo Jurkovic.

Verso il Global Compact: un incontro con ICMC e sezione Migranti e Rifugiati

In vista dell’appuntamento di Marrakech del 10 e 11 dicembre, dove gli Stati discuteranno degli Accordi Globali sulle Migrazioni, l’International Catholic Migration Commission (ICMC), insieme alla sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, hanno organizzato un incontro a Roma lo scorso 28 novembre.

Durante l’incontro, Anne Gallagher, presidente dell’ICMC, ha sottolineato che gli accordi globali sono importanti perché “è nell’interesse di ogni nazione avere una politica per i migranti”, e che “ci deve essere una responsabilizzazione all’accoglienza, perché ci sono situazioni che non permettono alle persone altra scelta che partire”. Gallagher ha spiegato che l’accordo globale non è legale, né vincolante, quindi “non ci si devono aspettare cambiamenti”. Eppure, tutto cambierà con una responsabilità condivisa.

Padre Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha ricordato la partecipazione della Santa Sede al processo, sin dall’inizio: sono stati preparati 20 punti di azione pastorale, e si è partecipato a tutti gli incontri, portando una visione centrata nell’essere umano che si ritrova nei testi. In particolare, padre Czerny ha notato che “l’integrità della famiglia che sembra non essere un punto diretto della migrazione, ma è un fattore molto importante, e noi abbiamo promosso non solo il valore, ma anche misure concrete per proteggere le famiglia, non permettere la divisione della famiglia per una irregolarità migratoria

Stephane Jacquemet, responsabile delle policies dell’ICMC, ha invece notato che a Marrakech ci saranno quasi 500 Ong provenienti da tutto il mondo.

La Santa Sede a New York: un evento sulla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

Il prossimo 4 dicembre si terrà alle Nazioni Unite un evento intitolato: “La dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo fa 70 anni: le sue origini, i suoi risultati, le sue violazioni”, in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. L’evento vedrà la partecipazione dell’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite; del Professor Mary Ann Glendon, già ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, nonché impegnata con la Snata Sede come capo delegazione alla Conferenza di Pechino e, più recentemente, membro del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR; di Michael Farris, presidente di ADF International; del professor Robert George, della Princeton University; e il professor Paolo Carozza, dell’Università di Notre Dame.

Paul Coleman, direttore esecutivo di ADF International, la società non profit di avvocati cristiani attiva per difendere la libertà religiosa in tutto il mondo e tra gli organizzatori della conferenza, ha detto che “nel periodo che precede il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, chiediamo alle nazioni Unite, i leader del mondo e la comunità internazionale di riaffermare la dignità intrinseca di ogni essere umano e di promuovere le libertà fondamentali per ogni persona, senza eccezione”.

Il 10 dicembre, giorno dell’anniversario della Dichiarazione, ADF International presenterà migliaia di firma da più di 170 nazioni che supportano “La Dichiarazione di Ginevra”. Questa chiede alla comunità internazionale di sostenere il diritto fondaentale alla famiglia, alla vita e alla libertà religiosa.

Madrid, una giornata sull’alimentazione organizzata dall’Osservatore Permanente della Santa Sede

Il prossimo 13 dicembre si terrà a Madrid una giornata su “Acqua, agricoltura e alimentazione”, organizzata da monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM. La giornata assume una nuova luce dopo l’annuncio che Papa Francesco visiterà la sede IFAD il prossimo 14 febbraio.

La giornata è destinata ad una riflessione sull’uso dell’acqua, la produzione di cibo e lo sviluppo sostenibile, con una particolare attenzione per l’ambiente lo sfruttamento dell’ambiente.

Tra i relatori, ci sarà Guillermo Cisneros, rettore magnifico dell’Università Politecnica di Madrid; Luis Ricote, direttore della Scuola Tecnica Superiore di Ingegneria Agronomica, Alimentare e di Bisistemi all’Università Politecnica di Madrid; Julio Lage, presidente del Consiglio Sociale dell’Università Politecnica di Madrid; Jaime Lamo de Espinosa, presidente della XX conferenza generale della FAO; Mark Gordon, capo dell’Unità di Creazione di mezzi di Vita del Programma di Alimentazione mondiale.

L’evento vedrà anche la partecipazione del Cardinale Carlos Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid.

Il presidente dell’Iraq ha ricevuto i Patriarchi cattolici delle Chiese del Medio Oriente

Lo scorso 28 novembre, il presidente iracheno Barham Salih ha ricevuto i patriarchi cattolici del Medio Oriente che si sono riuniti a Baghdad per il loro 26esimo incontro. Il presidente dell’Iraq è stato anche in visita in Vaticano lo scorso 24 novembre. Ai patriarchi, il presidente ha sottolineato l’importanza del principio di cittadinanza, che “fa vivere tutti nella terra di tutti”, in un Paese in cui tutti sono “cittadini uguali, senza discriminazioni basate sull’identità culturale, etnica o religiosa”.

E per questo, il presidente ha assicurato che opererà come “guardiano della Costituzione irachena”, per proteggere la diversità e promuovere uno spirito di tolleranza e convivenza, nel segno di una autentica riconciliazione nazionale. Il presidente ha anche detto di aver invitato il Papa in Iraq – invito, tra l’altro, arrivato anche a febbraio dal Sinodo Caldeo in visita ad limina.
Alla riunione dei Patriarchi cattolici d'Oriente, ospitata dal Patriarca Louis Raphael Sako e che si è conclusa venerdì 30 novembre, hanno preso parte anche il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai; il Patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak; il Patriarca melchita Youssef Absi; il Patriarca armeno cattolico Krikor Bedros XX Ghabroyan; il Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III Younan, il Vescovo William Shomali (in rappresentanza del Patriarcato latino di Gerusalemme) e la professoressa Souraya Bechealany, Segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente.

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