L’ironia sul conclave che si stava già preparando dopo l’operazione per la stenosi diverticolare. La mancanza di pazienza, a volte, per quelli che fanno “commenti cattivi” sul suo conto. La ratio dietro la decisione di abolire le deroghe volute dal Summorum Pontificum per celebrare il rito con l’uso antiquior. E il problema delle ideologie, a partire da quella del gender, che “è pericolosa”. Con i gesuiti di Slovacchia, Papa Francesco non si è tirato indietro, ha risposto a tutte le domande, non ha lesinato anche riferimenti quasi diretti. E ha sottolineato che nella Chiesa c’è “la tentazione di andare indietro”.
La condanna dell’antisemitismo, la continua attenzione ai poveri, lo slancio per i giovani e l’appello alla costruzione di una società in cui la libertà non si libertinismo. Sono le linee guida del viaggio che in quattro giorni ha portato Papa Francesco in Ungheria e Slovacchia.
Sì alla tutela civile delle persone omosessuali, ma no al matrimonio, perché quello è un sacramento, e si contrae tra uomo e donna. E un no, netto, non solo all’aborto, ma anche a quanti lo supportano, perché è un omicidio e supportandolo ci si mette fuori dalla comunità cristiana. E però, il Papa non dà ricette sulla questione della comunione ai politici che sostengono l’aborto o il diritto di scelta della donna, sottolinea che non si deve comunque pensare secondo politica, ma secondo dinamiche pastorali, perché quando fa politica la Chiesa perde se stessa.
“Ci vogliono amore ed eroismo per fare grandi cose nella vita”. Parlando con i giovani nello stadio Lokomotiva di Kosice, dove già fu Giovanni Paolo II durante uno dei suoi tre viaggi in Slovacchia, Papa Francesco risponde alle domande, e intrattiene un dialogo sulla vita cristiana e la buona vita. E sottolinea che oggi “la vera rivoluzione è ribellarsi alla cultura del provvisorio”, perché “non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della nostra vita una impresa”.
Sono più invisibili dei loro poveri, perché loro non fanno quello che fanno per la gloria. Eppure la “opera di misericordia” che le Missionarie della Carità hanno eretto a Bratislava nel 1997 è una presenza viva in un quartiere, Petržalka, che una volta era chiamato “il Bronx di Slovacchia”, tanta era la presenza di droga e varie dipendenze. Ma che oggi, nel mezzo dei casermoni costruiti dai comunisti negli Anni Settanta, trova una speranza proprio in quel terreno con un edificio di due piani che era un ex asilo e un giardino che sembra un po’ una isola verde tra i palazzi di stile sovietico.
Per Papa Francesco, la Slovacchia, terra di mezzo, è chiamata ad essere “un messaggio di pace nel cuore dell’Europa”. Lo ha sottolineato incontrando i membri della società civile e del corpo diplomatico, a seguito dell’accoglienza ufficiale nel Palazzo Presidenziale.
Ai membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese, guidati dal primate della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia Rastislav, Papa Francesco delinea un percorso che punti alla libertà donata da Gesù Cristo, piuttosto che ad una libertà fatta dalla concessione di spazi e di diritti. Ed è una dichiarazione che ha sullo sfondo decenni di diatribe, in particolare tra ortodossi e cattolici.
Un incontro di circa 40 minuti, che si è concentrato su vari argomenti, tra cui il ruolo della Chiesa nel Paese, l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, la difesa e la promozione della famiglia. Il primo incontro di Papa Francesco in Ungheria è con i vertici dello Stato ungherese.
È una terra dove la fede cattolica è sopravvissuta, nonostante la persecuzione che ha subito durante il periodo comunista. Di più: il cattolicesimo è parte dell’eredità spirituale della Slovacchia, terra per tre volte visitata da Giovanni Paolo II e ora da Papa Francesco, appena un quarto di secolo dopo l’ultima visita. L’ambasciatore di Slovaccchia presso la Santa Sede Marek Lisanski si sofferma con ACI Stampa sul significato del viaggio papale
Non può rispondere con esattezza alla domanda che tutti gli slovacchi si pongono, ovvero perché il Papa sta andando a visitare la nazione. Ma il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, guarda oltre, sottolinea i significati del prossimo viaggio del Papa in Ungheria e Slovacchia.
Durante la visita a Presov, Papa Francesco celebrerà la Divina Liturgia. Un segno importante, in un luogo dove la Chiesa Greco Cattolica fu cancellata nel 1950, con uno pseudo-sinodo che ne sancì la fine o l’assorbimento. È una comunità che fa memoria dei suoi martiri, sepolti nella cattedrale, e che da quei martiri è ripartita. Lo racconta ad ACI Stampa l’arcieparca Jan Babjak, che guida dal 2008 la sede primaziale dei cattolici di rito orientale di Slovacchia.
Il più anziano cardinale vivente è Jozef Tomko, che ha 97 anni. È slovacco, e sarà probabilmente a Kosice ad accogliere Papa Francesco allo stadio dove incontrerà i giovani. E in quello stadio, i giovani si focalizzeranno anche sulla figura di Anna Kolesarova, la “Santa Maria Goretti” di Slovacchia, beatificata nel 2018. Ma la Kolesarova è solo uno dei martiri che caratterizzeranno la visita del Papa a Budapest e in Slovacchia.
Kosice è una “città ponte” per la Slovacchia. È la città dove ha sede un esarcato greco-cattolico, ma dove c’è anche una sede ortodossa. Ma è anche sede di una comunità latina che ha sempre costruito ponti di dialogo. Come quando, durante il difficile periodo dell’abolizione della Chiesa Greco Cattolica sotto il regime comunista, accolse tra le sue fila i vescovi cattolici di rito orientale, che poi tornarono ai loro riti una volta che la loro Chiesa fu ripristinata.
Ha ricevuto per tre volte Giovanni Paolo II, la prima quando la nazione era ancora la Cecoslovacchia. E, 25 anni dopo, la Slovacchia riceve un’altra visita papale, in maniera quasi sorprendente. In 25 anni, è cambiata una generazione. Ma la Slovacchia resta un Paese cattolico, un Paese che aspetta con ansia la visita del Papa. Lo racconta ad ACI Stampa il vescovo Jozef Halko, ausiliare di Bratislava.