“Il Signore ci ha mostrato la luce della sua gloria attraverso il corpo della sua Chiesa, del suo Popolo santo che vive in quella terra. Un corpo tante volte ferito, un Popolo tante volte oppresso, disprezzato, violato nella sua dignità”.
É stato un viaggio molto religioso quello di Papa Francesco in Messico, ma allo stesso tempo molto politico.
Non sarà al Sinodo Pan-Ortodosso, anche se gli sarebbe piaciuto. Ed è ben consapevole che la dichiarazione congiunta firmata con il Patriarca Kirill ha lasciato amarezza nella Chiesa greco-cattolica ucraina. Ma Papa Francesco non vuole fare un passo indietro rispetto al suo abbraccio con il patriarca Kirill. Perché “l’incontro è cosa buona, e dobbiamo andare avanti”. Tutto il resto si può invece discutere.
“Integrare nella Chiesa non significa fare la Comunione”. Una dichiarazione di Papa Francesco che forse non piacerà a coloro che durante il Sinodo sulla famiglia hanno tentato di far dire al Papa qualcosa che non pensa.
Sul volo che lo ha riportato in Italia dal Messico Papa Francesco ha “affrontato” la consueta conferenza stampa con i giornalisti ammessi sull’aereo papale. Un lungo e intenso botta e risposta in cui Papa Bergoglio ha affrontato i temi di più stretta attualità. Dalla lotta alla pedofilia all’incontro con il Patriarca Kirill e alle reazioni dei cattolici ucraini fino al disegno di legge sulle unioni civili in Italia passando per la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti ed il tema dell’immigrazione.
Al suo rientro dal Messico Papa Francesco ha inviato un telegramma di saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in cui ha assicurato “una speciale preghiera per il bene, la serenità e la prosperità della diletta Nazione Italiana”.
E’ già sera, quando il Papa arriva all’aeroporto, e sta per lasciare il Messico. Un Messico dove il Papa ha sperimentato la notte, che è poi il buio della spirale di violenza, della guerra dei cartelli del narcotraffico, dei desaparecidos, degli indigeni messi da parte nella società. Parte da Ciudad Juarez, la NInive moderna, dove la notte sembra più scura. Eppure, il Papa vede squarci di luce.
“Chiedete il dono delle lacrime. Chiedete il dono della conversione”. Papa Francesco si rivolge agli abitanti di Ciudad Juarez, ma anche a quanti sono dall’altra parte della rete. Una rete che – denuncia il Papa – “cattura e distrugge sempre i più poveri”. L’altare è posto più in alto, così che lo vedano anche quelli di là della frontiera del Messico. E la lettura suggerisce al Papa una similitudine: Ciudad Juarez come Ninive.
“Che cosa vuole lasciare il Messico ai suoi figli?” La domanda del Papa è rivolta a tutto il mondo del lavoro in Messico, imprenditori e lavoratori riuniti a Ciudad Juarez nella ultima giornata del viaggio. Nel palazzo dello sport del Colegio de Bachilleres il Papa, di fronte a circa tremila persone, pone le domande chiare ad un mondo dove la giustizia sociale sembra una chimera.
Il primo appuntamento del Papa a Ciudad Juárez – ultima tappa del viaggio apostolico in Messico, la città dei migranti al confine con gli Stati Uniti – è la visita al penitenziario “Centro de Readaptación Social estatal n.3”
Le avevano dipinte sui pali della luce della via Panamericana, che taglia la città di Juarez, dove il Papa conclude oggi il suo viaggio in terra messicana. Croci, una dopo l’altra, quasi tutte con sfondo rosa, a segnalare la scomparsa di giovani, quasi sempre donne, quasi sempre violentate, molto spesso introdotte nel giro della prostituzione. Sono state cancellate stamattina, prima dell’arrivo del Papa, come documentato dalle immagini di Maurizio Di Schino di TV2000.
La visita alla Cattedrale di Morelia si è aperta con l’omaggio di Papa Francesco al Beato Josè Sanchez del Rio ucciso nel febbraio 1928 a 14 anni durante la persecuzione dei “cristeros”. Il Papa a breve lo canonizzerà. Davanti ai tanti ragazzi che affollavano la Cattedrale Francesco ha improvvisato un breve discorso a braccio
La nostra vita parla della preghiera, e la scuola della preghiera è la scuola della vita. Per questo non si deve cedere alla rassegnazione.
Quando andrà il Papa in Argentina? La domanda giunge a padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, durante uno dei briefing quotidiani con i giornalisti in occasione del viaggio di Papa Francesco in Messico.
Viene “indebolita e messa in discussione”, come se fosse “un modello ormai superato e incapace di trovare posto all’interno delle società”. Eppure la famiglia è ancora una risposta per Papa Francesco, anzi la risposta. Perché – analogamente a quanto dice sulla Chiesa – “preferisco una famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore, a una società malata per la chiusura e la comodità della paura di amare”.
Il Papa è giunto a Tuxtla Gutiérrez nella mattinata messicana per celebrare la Messa presso il Centro sportivo municipale di San Cristóbal de Las Casas con le comunità indigene del Chiapas.
Sono le 14 a Roma e le 7 di mattina a Città del Messico quando il Papa lascia la nunziatura per recarsi in Chiapas. Il Papa si sposta all’estremo Sud Est del Paese, vicino al confine con il Guatemala, con l’America Centrale, e nella regione caratterizzata dalla presenza indigena. Francesco quindi va sia al confine sud, verso il Centroamerica, da dove i migranti entrano, sia poi alla fine al confine nord, verso gli Stati Uniti, dove i migranti cercano di uscire.
Sulle scarpe di Papa Francesco si è scritto molto. Ma forse a nessuno mai era venuto in mente di lustrarle. É uno degli episodi più commoventi del volo papale. Un giornalista messicano Noel Díaz, emigrato negli Stati Uniti da bambino, che a 8 anni si comprò il vestito della Prima Comunione facendo il lustrascarpe per la strada.
L’immagine di Simeone, l’uomo anziano che quando vede il piccolo Gesù portato al Battesimo sente gratitudine e desiderio di benedire. E quella dell’indio Juan Diego, che, quando lo zio è malato, viene rassicurato dalla Guadalupana. Sono le due immagini che Papa Francesco dà a una quarantina di piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico Federico Gomez di Città del Messico.
Terminata la messa il Papa ha recitato la preghiera mariana dell’ Angelus domini con una breve riflessione basata sulla prima lettura offerta dalla liturgia, la preghiera di Mosè, la offerta delle primizie, il non dimenticare le proprie origini.