Al termine del briefing a Santa Cruz de la Sierra, il Direttore della Sala Stampa Vaticana ha fatto una precisazione circa la croce – attribuita al gesuita Padre Espinal, ucciso nel 1980 – donata dal presidente boliviano Morales a Papa Francesco.
La logica che “pretende di trasformare in oggetto di scambio, di consumo, tutto negoziabile” si fa “facilmente strada in un cuore disperato,” ma Gesù, che moltiplica pani e pesci per dar da mangiare a quanti lo hanno ascoltato, non scarta nessuno, ma anzi include tutti nel pasto. Papa Francesco parte dalla parabola dei pani e dei pesci, per la sua Messa nella Piazza del Cristo Redentore di Santa Cruz de La Sierra.
"Ricordiamo qui un nostro fratello vittima di interessi, di quelli che lo hanno ucciso e che non credevano che lottava per la libertà della Bolivia, lui credeva nel Vangelo, e il Vangelo ha onorato". Con queste parole Papa Francesco ha ricordato nel corso del tragitto tra El Alto e La Paz il padre gesuita Luis Espinal Camps, torturato e ucciso dal regime boliviano nel 1980.
Quando il presidente ha dato a Papa Francesco il crocifisso incastonato su una falce e martello, che è stato del gesuita Luis Espinal, torturato e ucciso nel 1980, Papa Francesco si è incupito in volto e sembra abbia detto: “Questo non sta bene.” E chissà se l’espressione ritornerà oggi nell’incontro che il Papa avrà con i Movimenti Popolari, un cartello di vari movimenti per la giustizia sociale che include centri sociali, sigle comuniste, ma anche banche etiche, che “la Chiesa riconosce e promuove,” ha detto il Cardinal Peter Turkson aprendo l’incontro ieri.
Indipendente dal 1811, il Paraguay è la terza ed ultima tappa del viaggio apostolico in America Latina di Papa Francesco. La capitale è Asuncion e due sono le lingue ufficiali: lo spagnolo ed il guaranì.
Terminata la parte ufficiale e più “politica” della’ arrivo in Bolivia il Papa già nella serata di mercoledì si è trasferito a Santa Cruz de la Sierra. L'insediamento originario della città era a circa 220 km ad est rispetto alla posizione attuale, qualche chilometro a sud dell'odierna San José de Chiquitos. Nel 1592 dopo lotte con gli indigeni la città fu spostata alla posizione attuale sulle rive del fiume Piraí. Alcuni resti dell'iniziale insediamento possono essere visitati nella località di Santa Cruz la Vieja (Vecchia Santa Cruz) nei pressi di San José de Chiquitos, che a sua volta fu fondata nel 1692 come missione dei Gesuiti. Santa Cruz de la Sierra è il centro della protesta di vari dipartimenti boliviani per consolidare le autonomie regionali.
La gente de La Paz vive la Chiesa cattolica come l’unica istituzione che si occupa davvero dello sviluppo dell’uomo. Ospedali e scuole, centri educativi e progetti di sviluppo sono da decenni grazie all’impegno di sacerdoti e catechisti.
Buenas tardes! Papa Francesco inaugura la sua visita in Bolivia con un saluto informale ai tanti fedeli che lo hanno accolto all’aeroporto di El Alto. Subito l’abbraccio con il presidente Evo Morales che ha regalato al Papa una collana tradizionale boliviana.
Gratuità e memoria: Papa Francesco consegna questi due mandati a sacerdoti, religiosi e religiose dell’Ecuador che incontra nel Santuario della Virgen del Quinche, in quello che è il suo commiato dall’Ecuador. Gratuità e memoria, corroborate da quella specialità del popolo ecuadoregno, che è il fatto di “essere stato consacrato al Sacro Cuore di Gesù.”
C’era un pezzo di “Laudato Si” tra i rappresentanti della società civile che il Papa ha incontrato a Quito il 7 luglio. Ha un nome e un cognome: si chiama Giuseppe Tonello, ma tutti lo conoscono come Bepi. È il “banchiere dei poveri” dell’Ecuador, e ha avviato un progetto che permette ai campesinos di fare una vita. Fedele alle parole di Paolo VI che “sviluppo è il nuovo nome della pace.” E parallelo a Muhammed Yunus, che proprio per aver creato sviluppo con il microcredito ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 2006.
La giornata del Papa inizia quando a Roma sono le tre del pomeriggio, e il primo appuntamento è con le Missionarie della Carità nel quartiere di Tumbaco nella Casa di Riposo. Dieci suore , una preghiera nella Cappella del Centro e nel cortile un incontro con gli anziani ospiti. Più immagini che discorsi.
Ha ricevuto le chiavi della città, ha parlato all’università, e dopo si è recato a incontrare i membri della società civile dell’Ecuador. E a loro Papa Francesco ha chiesto di vivere come una famiglia. in una società in cui la divisione tra poveri e ricchi si fa ancora sentire, in cui il presidente Rafael Correa ha portato stabilità politica, ma anche autoritarismo, in cui l’unico collante sociale è stata la Chiesa cattolica, soprattutto i salesiani diffusi in ogni angolo del Paese, Papa Francesco ha sottolineato che “la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa.”
“Vedo nuvoloni all’orizzonte spero non venga una tormenta!”. Scherza Papa Francesco aprendo il suo intervento davanti ai rappresentanti del mondo della scuola e dell’università radunati presso la Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, a Quito.
Unità e libertà per la sfida della evangelizzazione che significa “darsi” nella comunione della salvezza di cui la Chiesa è sacramento. Papa Francesco celebra la seconda messa in Ecuador e lo fa pensando a quella indipendenza che da il nome al parco dove sono riunite centinaia di migliaia di persone. E la gente applaude sentendo questo parallelo tra la preghiera per l’unità e la voglia di libertà. Ma senza la passione per l’altro, per la libertà che porta Cristo, per la evangelizzazione, non si ottiene la fine dei conflitti.
Il Papa ha conquistato Guayaquil e oggi ci sarà il primo grande incontro con la gente di Quito nella messa al Parco del Bicentenario. Una celebrazione caratterizzata dalla musica e dalle lingue inca.
Di nuovo a Quito, come se fosse appena arrivato. Ha appena lambito la capitale dell’Ecuador, il tempo di scambiare i discorsi con il presidente Rafael Correa e di una improvvisata sortita fuori dalla nunziatura apostolica dove risiede. Poi il viaggio a Guayaquil, dove è stato più volte da gesuita, dove il presidente ecuadoregno è nato, e dove c’è un santuario della Divina Misericordia che è tra i frequentati del Latino America. E quindi di ritorno nella capitale ecuadoregna, per proseguire con il calendario fitto di incontri.
Maria e la famiglia sono le due colonne portanti dell’omelia che il Papa ha pronunciato nella Messa a Guayaquil, in Ecuador, davanti a centinaia di migliaia di fedeli. Si tratta della prima celebrazione eucaristica del viaggio apostolico in Sud America. Partendo dal brano evangelico delle Nozze di Cana Francesco disegna la figura di Maria.
Papa Francesco oggi celebra la messa a Guayaquil, seconda città dell’Ecuador dopo la capitale. 50 minuti di volo. Una breve sosta il Papa la fa al modernissimo santuario della Divina Misericordia, poi su trasferisce al Parco Samanes, 379 ettari con moltissime istallazioni per praticare sporto e vivere momenti di risposo, inaugurato nel 2013.
Si chiamavano Ignacio Paica e Gabriel Quinì, e divennero grandi costruttori ed esecutori di strumenti musicali. Venivano dal popolo guaranì, e fino a poco tempo prima non avevano nemmeno l’idea che potessero esistere strumenti come l’organo. Ma impararono nelle reducciones dei Gesuiti. Vere e proprie comunità che i padri arrivati in missione nei territori del Paraguay, e parzialmente di Brasile e Argentina, avevano costruito per civilizzare il popolo guaranì. Non una storia di mera evangelizzazione, ma una storia di progresso. Che terminò brutalmente con la cacciata dalla Compagnia dal Sudamerica. Ci sarà tutto questo nelle orecchie di Papa Francesco, quando ascolterà, il 10 luglio, la musica composta nelle reducciones.
C’è vento e il cielo è nuvoloso a Quito, ma la gente è illuminata dal sole della gioia di ricevere il Papa. Così la grande orchestra che esegue l’inno nazionale è accompagnata dai bambini che in costume salutano Papa Francesco sulla pista dell’aeroporto a 2800 metri. Il presidente Correa abbraccia il Papa cui il vento ha rubato lo zucchetto.