Il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, l’Arcivescovo Arthur Roche, ha reso note le risposte ai dubia sollevati da alcuni vescovi circa l’applicazione del Motu proprio Traditionis Custodes che restringe di fatto l’utilizzo del Summorum Pontificum promulgato da Papa Benedetto XVI.
Le disposizioni contenute nel motu proprio “Traditionis Custodes sono di natura disciplinare, non dogmatica e possono essere nuovamente modificate da qualsiasi Papa futuro”. Lo sottolinea il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un editoriale pubblicato da The Catholic Thing, commentando la pubblicazione del motu proprio Traditionis Custodes con cui Papa Francesco di fatto modifica il Summorum Pontificum di Benedetto XVI.
“Per promuovere la concordia e l’unità della Chiesa, con paterna sollecitudine verso coloro che in alcune regioni aderirono alle forme liturgiche antecedenti alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, i miei Venerati Predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno concesso e regolato la facoltà di utilizzare il Messale Romano edito da san Giovanni XXIII nell’anno 1962” facilitando “la comunione ecclesiale a quei cattolici che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche» e non ad altri”. Così Papa Francesco nel Motu proprio Traditionis Custodes con cui riforma il Motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI.