“Quando due elefanti litigano tutta l’erba viene calpestata: dice un proverbio africano. Nel caso del Sudan i due elefanti sono i due generali al-Burhan e Dagalo e l’erba è l’intero Sudan.
Le ultime notizie provenienti dal Sudan parlano di combattimenti a Khartoum, nella capitale, dove le Rapid Support Forces hanno annunciato di aver preso il controllo di una base della Central Reserve Police, l’ala della polizia piuttosto brutale che fiancheggia l’esercito regolare. Di fatto, da quando il 15 aprile è scoppiata il conflitto in Sudan, la situazione non solo non è migliorata, ma peggiora. Il personale diplomatico è stato evacuato, e anche il nunzio apostolico, l’arcivescovo
"Khartoum non è più una città sicura. La gente scappa, lascia la città in balìa dei combattimenti tra soldati regolari e milizie. Io stesso sono dovuto andare via".
Nonostante la crisi e le violenze scoppiate dallo scorso aprile in Sudan, per il quale il Papa ha più volte invocato la pace, i Salesiani – Missioni Don Bosco non hanno abbandonato il Paese e continuano a garantire il loro impegno, nonostante i rischi, alla popolazione civile.
Il vescovo di El-Obeid e una parte del clero della diocesi sudanese sono “al sicuro” dopo che alcuni razzi hanno colpito anche la cattedrale di Maria Regina d’Africa. Lo ha fatto sapere la Conferenza episcopale cattolica sudanese (SCBC).
“La Madonna ha poggiato i piedi in paradiso: non ci è andata solo in spirito, ma anche con il corpo, con tutta sé stessa”.
"I bambini cristiani nei campi profughi sudanesi sono costretti a recitare le preghiere islamiche per ricevere il cibo". È quanto denuncia ad Aiuto alla Chiesa che Soffre una fonte in loco che per motivi di sicurezza preferisce rimanere anonima.
Mauritania, Nepal, Trinidad e Tobago, Sudan, Kazakhstan e Niger, sei paesi i cui ambasciatori, non residenti, oggi hanno portato le loro credenziali al Papa che li ha ricevuto con un breve discorso:
"Non hanno niente e possono perdere la cittadinanza in ogni momento". Così monsignor Daniel Adwok, arcivescovo di Khartoum, descrive ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la condizione di circa un milione e mezzo di sudsudanesi che a causa del conflitto in atto nel più giovane Stato al mondo, hanno riparato nel vicino Sudan.
Migliaia di vite appese ad un filo. Negli ultimi due mesi nella regione di Mundri in Sud Sudan almeno 80mila persone sono dovute fuggire a causa delle violenze e sono state costrette a rifugiarsi nella boscaglia. "Mentre parliamo decine di persone continuano a morire, soprattutto anziani e bambini", riferisce ad Aiuto alla Chiesa che Soffre padre David Kulandai Samy, missionario della comunità di Maria Immacolata, notando come molti degli sfollati muoiano di fame o a causa di numerose malattie, prima fra tutte la malaria.