La diocesi di Hong Kong ha risposto con una breve dichiarazione alle preoccupazioni sulla nuova sicurezza per la salvaguardia nazionale, che mettevano in luce come potesse essere messo a rischio il segreto della confessione.
Negli ultimi anni sono stanti molti gli attacchi al sigillo del segreto del Sacramento della Confessione. La causa apparente è la pubblicazione di molti report sul numero di abusi sessuali che sarebbero stati compiuti dal clero di una regione.
Alla fine, l’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort di Reims, presidente della Conferenza Episcopale Francese, è dovuto persino andare a parlare con il ministro dell’Interno Gerald Darmanin, per chiarire la sua posizione riguardo il segreto della confessione e poi dichiarare, ancora una volta, la sua vergogna per lo scandalo degli abusi. Addirittura, nel sito della Conferenza Episcopale Francese si legge che la risposta del presidente dei vescovi è stata “goffa”, mentre l’opinione pubblica sembra ancora sgomenta dalle cifre degli abusi pubblicai dal rapporto CIASE la scorsa settimana.
Il quinto Stato australiano a mettere a rischio il segreto della confessione è quello del Queensland, dopo le leggi già approvate lo scorso anno negli Stati di South Australia and South Australian Capital Territory e poi in Vicotria e Tasmania. E ce ne potrebbe essere un sesto, quello del Western Australia. Dove però una commissione – ed è qui la buona notizia – ha piuttosto difeso il segreto della confessione.
Seduto di fronte all’Inchiesta Indipendente sull’Abuso Sessuale sui Bambini la scorsa settimana, il Cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, lo ha messo in chiaro una volta per tutte: “I sacerdoti preferirebbero morire, piuttosto che rompere il segreto della confessione”.
L’ultimo caso è quello della California, dove una legge – emendata, ma non troppo - obbliga a riportare anche quello che si ascolta in confessione, in caso di abusi. In Cile si sta lavorando su una legge simile. In Australia, questa legge è già realtà in alcuni Stati. Ma l’attacco al segreto della confessione non è nuovo. Ed è parte di una offensiva generale che nasce con la questione degli abusi e punta, però, ad attaccare direttamente la Santa Sede. Nasce da qui la presa di posizione della Penitenzieria Apostolica.
No, la Chiesa cattolica in Australia non romperà il segreto della confessione, accettando le raccomandazioni della Royal Commission e l’imposizione di due leggi federali che chiedono di rendere obbligatorio la denuncia di abusi anche se questi sono appresi in confessionale. Lo hanno deciso vescovi e religiosi australiani, al termine dell’assemblea generale di agosto.
Ancora una richiesta di abolire il segreto della confessione. Questa volta arriva dall’India, dove la Commissione Nazionale delle Donne ha chiesto al governo di abolire il sacramento perché “è una interferenza indebita in una questione sacra e vitale della vita cristiana”.
In Australia, il segreto della confessione diventa reato. O, perlomeno, lo diventa nel territorio di Canberra, la capitale dello Stato oceanico, che per primo ha adottato una legge che rende perseguibile il sacerdote che non riporta casi di abuso sui minori anche qualora ne sia venuto a conoscenza durante la confessione.