Ha colpito che il Cardinal Pietro Parolin abbia, lo scorso 30 settembre, tenuto un discorso di fronte ai valutatori di MONEYVAL, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’adesione degli Stati membri agli standard internazionali di lotta al riciclaggio e finanziamento al terrorismo. E tuttavia, il suo discorso ha testimoniato, una volta di più, che il percorso della Santa Sede verso la trasparenza finanziaria è una questione istituzionale, e che dunque non si può semplicemente considerare dal punto di vista finanziario. La Santa Sede non è una azienda, e come tale non si può comportare.
L’impegno ecumenico, il peso diplomatico e la musica usata come ponte tra le due cose: lo scorso 28 giugno, alla presenza dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, si è tenuto alla Basilica di Santa Maria ad Martyres del Pantheon a Roma un concerto di commemorazione delle vittime del coronavirus.
Piccoli spostamenti in Segreteria di Stato, parte delle normali rotazioni dei diplomatici vaticani. Il primo ministro di Croazia ha ricevuto a Zagabria i vescovi della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, mentre in Spagna il nuovo governo non si mostra tenero con la Chiesa. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente chiede che Gerusalemme Est sia proclamata capitale della Palestina indipendente. Sono questi i temi della diplomazia pontificia di questa settimana.
Dal secretarius intimus al secretarius domesticus fino al secretarius status: l’incarico vaticano di primo collaboratore del Pontefice si è evoluto nel corso dei secoli, e solo dal XVII secolo si può parlare del Segretario di Stato più o meno nel modo in cui lo conosciamo oggi. Da allora, sono stati 55 i Segretari di Stato che si sono succeduti nell’assistere i Papi.
È stato prima a colloquio con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e poi con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” della Santa Sede. Ryadh al Maliki, ministro degli Esteri dello Stato di Palestina, è arrivato appositamente a Roma per parlare della questione palestinese. Con una richiesta specifica: che la Santa Sede organizzi una conferenza, riunisca varie confessioni religiose, per riaffermare che Gerusalemme deve essere prima di tutto una città aperta per tutte le religioni. ACI Stampa lo incontra con pochi altri giornalisti nella sede dell’Ambasciata di Palestina presso la Santa Sede, aperta lo scorso giugno.
È passata quasi inosservata la visita del ministro degli Esteri coreano Kang Kyu-wha in Vaticano. Eppure, erano molti i temi importanti che si sono discussi nel bilaterale con la Santa Sede. In questa settimana, il Palazzo Apostolico vaticano ha ospitato anche Ivica Pacic, ministro degli Esteri serbo. Intanto, proseguono gli interventi della Missione ONU a New York, mentre si lavora agli accordi globali sulle migrazione, vero cuore della diplomazia pontificia quest’anno.
Una lettera formale, protocollata 796/17/RS, per rispondere all’allarme lanciato da sei ex presidenti di Stati latino americani e ribadire la posizione della Santa Sede sulla crisi venezuelana: si presenta così la missiva della Segreteria di Stato, una risposta ad un appello rimbalzata sui media sudamericani, per sottolineare quale è la posizione della Santa Sede.
L’idea di un piano strategico rivolto all’Africa per regolare i flussi di immigrazione e l’idea di una intera giornata di incontri sulla situazione degli Stati del continente africano. La situazione in Medio Oriente, con la difficile situazione siriana. L’impegno delle minoranze cristiane nella costruzione di una società per il bene comune. Sono i temi dell’incontro tra Santa Sede e Italia, un bilaterale che ha luogo periodicamente, anche se per la prima volta viene raccontato in una conferenza stampa. Italia e Santa Sede, vicine geograficamente e anche sullo scacchiere internazionale.