“Gli indigeni: certamente questo è un problema di giustizia sociale perché sono loro i primi signori di questa terra e molte volte vengono trattati come minoranze degradate. Qui certamente la giustizia sociale domanda che siano trattati con gli stessi diritti, diritti economici, diritti sociali, diritti culturali, che possano studiare, che possano arrivare ad avere posti di rilievo nella società. Altra cosa è fare di questo un programma di lotta sociale; è una lotta etica.”
Papa Francesco aprirà domani mattina la Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma. Un rito fondamentale per la Chiesa dell’Urbe che “inaugura” così il Giubileo della Misericordia. A spiegarne l’importanza fu Papa Giovanni Paolo II che nel giorno di Natale del 1999 aprì la Porta Santa della Basilica.
L’ultimo Anno Santo straordinario prima di quello apertosi l’altro ieri era stato indetto da Papa Giovanni Paolo II nell’ormai lontano 1983 e dedicato alla Redenzione. “Da questa soglia, oggi, noi vediamo aprirsi un’ampia prospettiva su tutto un tempo di Grazia”. Parole di San Giovanni Paolo II, pronunciate nell’omelia del 25 marzo 1983 in occasione dell’apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana per il Giubileo straordinario della Redenzione.
Perché raccontare Giovanni Paolo II oggi? “Perché i santi ci sono per imitarli. E ognuno di noi può cercare di imitare San Giovanni Paolo II in qualche cosa. Nella preghiera. Nel modo di vivere la Messa. Nei rapporti con gli altri.” Wlodzimierz Redzioch non ha dubbi. Per anni collaboratore dell’Osservatore Romano di lingua polacca, racconta di aver conosciuto San Giovanni Paolo II quando questi è diventato Papa. E ne è rimasto conquistato. Ha scritto un libro, “Accanto a Giovanni Paolo II,” da poco pubblicato in lingua inglese con il titolo “Stories about John Paul II.” Il libro raccoglie 22 interviste a personaggi che hanno incontrato Giovanni Paolo II. Uno di questi è un testimone di eccezione: Benedetto XVI, Papa emerito e per anni tra i primissimi collaboratori del Papa polacco.
Mieczysław Mokrzycki è l' Arcivescovo metropolita di Leopoli Presidente della Conferenza Episcopale dell'Ucraina, e per questo è uno dei Padri Sinodali. Ma molti lo ricordano come don Mietek, come figlio affettuoso al fianco di Giovanni Paolo II negli ultimi anni della sua vita. ACI Stampa lo ha incontrato in esclusiva per ricordare il grande Papa santo nel giorno della festa liturgica, e per parlare del Sinodo sulla famiglia.
Giovedì prossimo ricorrerà la festa liturgica in onore di San Giovanni Paolo II. Tra le tante celebrazioni, Mons. Piero Marini, già Maestro delle Celebrazioni di Papa Wojtila celebrerà una messa proprio a Roma. Per iniziativa dell’Associazione “Totus Tuus”, la celebrazione si svolgerà presso la Basilica parrocchiale di Santa Maria del Popolo, alle ore 18:30.
Papa Francesco arriva a Cuba 17 anni dopo Giovanni Paolo II e 3 dopo Benedetto XVI. Quella di Jorge Mario Bergoglio è infatti la terza visita di un Pontefice nell’isola caraibica. Le attese sono tante, soprattutto per la comunità cattolica che proprio grazie ai viaggi apostolici di Karol Wojtyla prima e di Joseph Ratzinger poi ha visto migliorare sensibilmente le proprie condizioni di vita.
Mulieris dignitatem, Redemptoris Custos, Laetamur magnopere. Sono due lettere ed una esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II firmate e promulgate il 15 agosto, rispettivamente del 1988, 1989 e 1997.
La vita di Teresa Benedetta della Croce “può essere ritenuta una sconfitta, ma proprio nel martirio risplende il fulgore dell’Amore che vince le tenebre dell’egoismo e dell’odio”. Con queste parole Papa Benedetto XVI nell’udienza generale del 13 agosto 2008 rendeva omaggio a Santa Teresa Benedetta della Croce – Edit Stein, uccisa dai nazisti nelle camere a gas del lager di Auschwitz il 9 agosto di 73 anni fa.
Ricorre oggi il trentaseiesimo anniversario della morte del Cardinale Alfredo Ottaviani, già a capo dell’allora Sant’Uffizio e "leader" della corrente conservatrice al Concilio Ecumenico Vaticano II.
“Cristiani ed ebrei devono ritrovarsi.” Lo aveva scritto Giovanni Paolo II, correggendo il giornalista Gianfranco Svidercoschi, che stava dando alle stampe la “Lettera ad un amico ebreo,” e che aveva invece scritto “Cristiani ed ebrei devono riabbracciarsi.” Il libro racconta la storia dell’amicizia tra Karol Wojtyla e Jerzy Kluger, un cattolico e un ebreo, che si volevano bene da bambini, furono separati dalla guerra, si reincontrarono in Italia negli Anni del Concilio. Solo che questo cattolico sarebbe diventato Papa. Ed è la storia di questa amicizia che fa da filo rosso ad “Una Benedizione Reciproca,” una mostra tutta dedicata al rapporto tra Giovanni Paolo II e gli Ebrei, allestita in Vaticano, al Braccio di Carlo Magno, fino al 17 settembre.
Un insolito omaggio alla visita di Giovanni Paolo II Paraguay il Papa l’ha fatto usando la stessa vettura con la quale il Papa polacca ha viaggiato pper le strade del Paraguay durante la sua visita nel 1988.
La regola era che non avrebbe accettato onori, una volta Papa emerito. Ma per Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha fatto una eccezione, ed ha accettato i dottorati honoris causa della Pontificia Università Giovanni Paolo II e dell’Accademia di Musica di Cracovia. Una cerimonia breve ma intensa, tutta segnata dall’amore per Giovanni Paolo II. Ma soprattutto caratterizzata dall’enorme stima che le due accademie polacche hanno per Benedetto XVI.
Francesco è stato il quarto Papa - il terzo in epoca contemporanea dopo San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - a raccogliersi in preghiera davanti alla Sindone, il telo di lino che avvolse il corpo di Gesù crocifisso. Da segnalare anche due pellegrinaggi privati nei primi anni del XIX Secolo di Papa Pio VII.
“Custodire il creato, custodire l’intera creazione”. Quello ambientale è certamente uno dei temi chiave del pontificato di Francesco. Il Papa lo ha ribadito fin da subito, fin dalla Messa di inizio del ministero petrino il 19 marzo 2013. E ora questa colonna portante si inserisce nella grande tradizione delle encicliche sociali dei Romani Pontefici.
Incontro ecumenico in nome di Jan Hus a seicento anni dalla morte per Papa Francesco. che ha ricevuto i rappresentati della Chiesa cecoslovacca hussita e della Chiesa evangelica dei Fratelli cechi, a Roma per celebrare, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, una Liturgia di Riconciliazione in occasione del seicentesimo anniversario della morte del riformatore ceco.
Trenta minuti di colloquio con l’interprete per Ewa Kopacz, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica di Polonia in udienza dal Papa questa mattina per parlare della crisi in Ucraina, della minaccia dello stato islamico e del problema dei migranti e ovviamente della organizzazione della vista del Papa per la GMG del 2016.
Sarajevo è una città con due nomi. Quello antico, cristiano legato alla sede vescovile Vrhbosna, e quello che gli è stato dato durante la dominazione ottomana, Saraj, “sede del governo”, che poi divenne Sarajevo per intendere tutta la città. Già in questi due nomi è segnato il destino di una città, che ha sofferto la fatica di essere multietnica e multi religiosa. Nel 1997 Giovanni Paolo II pellegrino nella città “simbolo della sofferenza di tutta l’ Europa in questo secolo” chiedeva proprio all’ Europa se fosse stata “testimone responsabile” della sofferenza di Sarajevo, ed esprimeva un auspicio: “Che Sarajevo diventi per tutta l’ Europa un modello di convivenza e di pacifica fra popoli di etnie e di religioni diverse.”
Il cardinale Roger Etchegaray spiega il significato di “misericordia divina”: “è il volto che prende l’amore di Dio quando egli è alle prese con la miseria degli uomini, con la sofferenza, con il peccato”. Che sono l’altro nome della “miseria” umana, da sempre e “ovunque”. E quindi “Dio non può rivelarsi altrimenti che con il manto della misericordia. La misericordia di Dio è il nuovo nome di Dio, e la misericordia di Dio è infinita come il suo amore. Diciamo “Dio di misericordia”, piuttosto che “misericordia di Dio”!
Papa Francesco il 6 giugno sarà a Sarajevo. Tra gli appuntamenti della visita la grande messa nello stadio Koševo ma anche l’incontro con i religiosi nella cattedrale e con i vescovi in nunziatura. La Chiesa in Bosnia Erzegovina ovviamente ha risentito in modo gravissimo della guerra. E non solo per la violenza degli atti, ma anche per il contrasto feroce tra cristiani e con gli islamici. Il senso del viaggio di Francesco è anche quello di aiutare una rinascita del dialogo tra le fedi. E per questo l’incontro ecumenico e interreligioso nel centro Francescano di Sarajevo sarà una delle tappe più significative.