Piccole villette dove il verde degli alberi si incontra con un cielo terso, color blu topazio; palazzine colorate nascondono, al loro interno, cortili da un sapore d’altri tempi; un pallone rimbalza da una parete all’altra delle palazzine e il suono rimbomba nel silenzio; i bambini giocano la loro partita di calcio tra viuzze e piazzette
Lo sguardo fisso al Crocifisso, in sommessa orazione, attorniato da tre angeli che partecipano alla preghiera di Carlo Borromeo: questa è la scena di uno dei quadri più intensi del Guercino.
“La rinnovata glorificazione di Carlo, modello del gregge e dei pastori nei tempi moderni, propugnatore e consigliere indefesso della verace riforma cattolica contro quei novatori recenti, il cui intento non era la reintegrazione, ma piuttosto la deformazione e distruzione della fede e dei costumi, riuscirà dopo tre secoli per tutti i cattolici di singolare conforto ed istruzione, come di nobile incitamento a tutti per cooperare strenuamente all'opera che tanto Ci sta a cuore della restaurazione di tutte le cose in Cristo”. Così Papa Pio X ricordava il terzo centenario della canonizzazione di San Carlo Borromeo, nella enciclica Editae Saepe, pubblicata esattamente 110 anni fa.
Non lontano dal Laterano si arriva oggi nel pellegrinaggio alle Stazioni romane a Santa Prassede.
Nella Cappella di San Carlo, l'Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, tutti i giorni, alle 6 e 28, in Quaresima, pronuncia una preghiera per la pace nel mondo.
“Nella pagina del Vangelo di Giovanni, il Signore si identifica con il Buon e Bel Pastore, che chiama le pecore per nome e offre la propria vita per loro, perché ha ricevuto questo comando dal Padre suo. Una esistenza quella di Gesù, come testimonianza e rivelazione di una comunione eterna, con il Padre suo nello Spirito santo: la preghiera solitaria a notte inoltrata o alle prime luci dell’alba non sono state per il Signore una fuga nella solitudine, ma la necessità di immergersi in Colui da cui tutto aveva ricevuto e al quale tutto stava per riconsegnare sulla Croce. Le testimonianze sulla vita di san Carlo riportano di frequente il suo stare assorto nella contemplazione della Croce e nella celebrazione dei santi misteri: era il suo ritrovare se stesso e il senso della propria missione, non certo una fuga dal mondo e un distogliersi dalle incombenze quotidiane. Sia donata anche a ciascuno di noi la sete e il desiderio quotidiano dell’incontro col nostro Signore e Redentore nella vertigine del silenzio che lascia spazio alla sua voce che parla al nostro cuore”. Lo ha detto ieri il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, celebrando la Messa in occasione della festa di San Carlo Borromeo, compatrono della Parrocchia dei Santi Biagio e Carlo ai Catinari, di cui il cardinale è titolare.
Credere non è sufficiente “ci è chiesto l’impegno della testimonianza, ognuno nella funzione e nella responsabilità a cui si trova a rispondere.
In dialetto lombardo “scurolo” significa “luogo scuro”. Ed è questo il nome che è stato dato alla cripta del Duomo di Milano, lì dove sono sepolte le spoglie di San Carlo Borromeo. Come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI prima di lui, Papa Francesco scenderà nello “scurolo”, arriverà davanti alla tomba di San Carlo, e vi sosterà in preghiera, sotto una decorazione d’argento di 15 quintali che fu donata da Alessandro Manzoni. È lì, nello “scurolo”, che la Chiesa ambrosiana prega.
Se si sale ad Arona, in Piemonte, è facile vedere una statua altissima, di ben 23 metri, che raffigura un uomo che non fu solo gigante nelle opere di carità ma anche nella statura fisica.