Primo Papa a toccare il suolo della Mongolia, Francesco è arrivato in un Paese ricostruito dopo settanta anni di socialismo. C’è la libertà religiosa, ma la Chiesa è ancora parificata ad una ONG, con gli obblighi di assunzione di un tot numero di personale locale. C’è, però, una attività viva della Chiesa. E c’è un lavoro per raggiungere un accordo tra Santa Sede e Mongolia che permetta finalmente di dare status giuridico alla Chiesa.
La situazione attuale è una grande minaccia per i Paesi dell’Europa centro-orientale e per tutto il continente europeo, che può distruggere l'eredità di molte generazioni che hanno costruito un ordine pacifico e l'unità in Europa – hanno sottolineato i Vescovi Polacchi e Ucraini in un Appello alla ricerca del dialogo e dell’accordo al fine di evitare il pericolo di azioni di guerra.
La questione ucraina potrebbe entrare anche nelle conversazioni di Papa Francesco e i leader ortodossi nei suoi viaggi in Macedonia, Bulgaria e Romania. Tre viaggi, molto ravvicinati, in nazioni a maggioranza ortodosse, che sono state colpite a vario titolo dalla crisi che si è creata tra Mosca e Costantinopoli.
Il Patriarca Kirill è già arrivato all’Habana, e sarà in Sudamerica fino al 22 febbraio. Papa Francesco sta per atterrare, e sarà solo un passaggio veloce in aeroporto. La dichiarazione congiunta tra i due è pronta, ed è stata limata fino alla tarda notte di ieri, ha detto il metropolita Hilarion, che nella Chiesa Ortodossa di Mosca è a capo del Dipartimento delle Relazioni Estere. Ma cosa aspettarsi da questo incontro? Quale è realmente la posta in gioco?