“Ci vogliono amore ed eroismo per fare grandi cose nella vita”. Parlando con i giovani nello stadio Lokomotiva di Kosice, dove già fu Giovanni Paolo II durante uno dei suoi tre viaggi in Slovacchia, Papa Francesco risponde alle domande, e intrattiene un dialogo sulla vita cristiana e la buona vita. E sottolinea che oggi “la vera rivoluzione è ribellarsi alla cultura del provvisorio”, perché “non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della nostra vita una impresa”.
C’è un murales nuovo, e molte cose sono state aggiustate per l’arrivo di Papa Francesco. Lunik IX resta però un quartiere difficile, pericoloso al punto che gli autisti degli autobus prendono una paga speciale per arrivare lì, impauriti dalla possibile violenza. Perché Lunik IX è, di fatto, un ghetto rom, un posto sovrappopolato senza gas, luce, servizi, dove le epidemie si sviluppano facilmente e velocemente. È lì, in questa periferia degli invisibili di Kosice, che Papa Francesco è voluto andare. Ed è lì che, dal 2008, lavorano i Salesiani.
A Bratislava, nella Cattedrale di San Martino, Papa Francesco incontra i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti. Il Papa viene accolto all’ingresso della Cattedrale dall’Arcivescovo di Bratislava Monsignor Stanislav Zvolenský e dal parroco, che gli porge il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione.
Per Papa Francesco, la Slovacchia, terra di mezzo, è chiamata ad essere “un messaggio di pace nel cuore dell’Europa”. Lo ha sottolineato incontrando i membri della società civile e del corpo diplomatico, a seguito dell’accoglienza ufficiale nel Palazzo Presidenziale.
Ai membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese, guidati dal primate della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia Rastislav, Papa Francesco delinea un percorso che punti alla libertà donata da Gesù Cristo, piuttosto che ad una libertà fatta dalla concessione di spazi e di diritti. Ed è una dichiarazione che ha sullo sfondo decenni di diatribe, in particolare tra ortodossi e cattolici.
È una terra dove la fede cattolica è sopravvissuta, nonostante la persecuzione che ha subito durante il periodo comunista. Di più: il cattolicesimo è parte dell’eredità spirituale della Slovacchia, terra per tre volte visitata da Giovanni Paolo II e ora da Papa Francesco, appena un quarto di secolo dopo l’ultima visita. L’ambasciatore di Slovaccchia presso la Santa Sede Marek Lisanski si sofferma con ACI Stampa sul significato del viaggio papale
Durante la visita a Presov, Papa Francesco celebrerà la Divina Liturgia. Un segno importante, in un luogo dove la Chiesa Greco Cattolica fu cancellata nel 1950, con uno pseudo-sinodo che ne sancì la fine o l’assorbimento. È una comunità che fa memoria dei suoi martiri, sepolti nella cattedrale, e che da quei martiri è ripartita. Lo racconta ad ACI Stampa l’arcieparca Jan Babjak, che guida dal 2008 la sede primaziale dei cattolici di rito orientale di Slovacchia.
Kosice è una “città ponte” per la Slovacchia. È la città dove ha sede un esarcato greco-cattolico, ma dove c’è anche una sede ortodossa. Ma è anche sede di una comunità latina che ha sempre costruito ponti di dialogo. Come quando, durante il difficile periodo dell’abolizione della Chiesa Greco Cattolica sotto il regime comunista, accolse tra le sue fila i vescovi cattolici di rito orientale, che poi tornarono ai loro riti una volta che la loro Chiesa fu ripristinata.
Ha ricevuto per tre volte Giovanni Paolo II, la prima quando la nazione era ancora la Cecoslovacchia. E, 25 anni dopo, la Slovacchia riceve un’altra visita papale, in maniera quasi sorprendente. In 25 anni, è cambiata una generazione. Ma la Slovacchia resta un Paese cattolico, un Paese che aspetta con ansia la visita del Papa. Lo racconta ad ACI Stampa il vescovo Jozef Halko, ausiliare di Bratislava.
Dall’altare nella piazza dove celebrò il Cardinale Pacelli al santuario mariano che fu visitato anche da San Giovanni Paolo II. In quattro giorni, Papa Francesco passa in Ungheria per concludere il Congresso Eucaristico Internazionale, e poi si sposta in Slovacchia, dove non solo andrà a visitare la piccola statua (circa 19 centimetri) della Madonna dei Sette Dolori, ma passerà da Kosice per incontrare i giovani nello stadio dove Giovanni Paolo II beatificò tre martiri, e poi andrà nella Presov dei martiri greco cattolici, dove celebrerà una Divina Liturgia in un momento ecumenico di forte intensità.
Se Pio XI proclamò nel 1927 la Madonna dei Sette Dolori patrona della Slovacchia, lo si deve a un santuario mariano in quella che è la più giovane città di Slovacchia, Sastin, dove c’è una immagine della Vergine che ha attirato pellegrini illustri, come Madre Teresa di Calcutta, santi come Giovanni Paolo II e che ospiterà nel prossimo settembre anche Papa Francesco. Un segno, quello della Vergine, che ha un peso particolare nella storia slovacca, tanto che anche durante il comunismo, quando i pellegrinaggi erano scoraggiati con ogni mezzo, gli slovacchi arrivavano al santuario immancabilmente per il 15 settembre, festa della Madonna Addolorata, per rendere omaggio alla loro patrona.