Per Ostpolitik vaticana si intende quella politica diplomatica di avvicinamento ai Paesi del blocco sovietico, fatta di reciproche concessioni e qualche accordo. L’inizio della Ostpolitik vaticana viene fatto risalire al 1961, o al limite nel 1958. In realtà, un tavolo di dialogo con il mondo sovietico era stato già aperto da Pio XII, nel 1946-1947, secondo proprio quella linea di incontro diplomatico incomprensibile a molti, che mette al primo posto la salute dei cattolici in un Paese.
I temi in agenda sono molti: dall’impegno “verde” a quello per i cristiani perseguitati, fino al Congresso Eucaristico Internazionale che si celebra il prossimo settembre, in occasione del quale tutti sperano – perché no? – in una visita di Papa Francesco. Tuttavia, Janos Ader, presidente di Ungheria, celebra con la visita dal Papa anche un anniversario importante: i 30 anni dei rapporti diplomatici tra Ungheria e Santa Sede.
La diplomazia pontificia al di là della Cortina di Ferro non nasce dopo la Seconda Guerra Mondiale. È, piuttosto, il frutto di un lavoro costante che la Santa Sede ha cominciato a fare dopo la Prima Guerra Mondiale, con la formazione dei nuovi Stati scaturiti dal disfacimento degli Imperi.
Come è cambiata la Ostpolitik della Santa Sede con l’arrivo di un Papa di un paese dove regnava il comunismo? Che cosa ha fatto la Chiesa cattolica in Polonia per avvicinarsi alla Chiesa Ortodossa? E l’ Europa ha mantenuto o no le sue caratteristiche cristiane respirando “a due polmoni” come diceva Giovanni PaoloII?
Nel giorno in cui si ricordano le vittime della Rivoluzione ungherese del 1956, l’Ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede ha voluto anche benedire una targa dedicata al Cardinale Jozsef Mindszenty, arcivescovo di Esztergom e primate di Ungheria, prima imprigionato dal regime comunista, poi costretto a vivere nei locali dell’ambasciata americana a Budapest fino a quando poté lasciare per sempre la sua patria.
I venticinque anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Ungheria non sono solo un anniversario. Rappresentano anche il ricordo del grande lavoro fatto dietro le quinte dalla Santa Sede nei Paesi dell’Est Europa. Un lavoro portato avanti dal Cardinal Agostino Casaroli con il “martirio della pazienza,” subendo attacchi per la sua Ostpolitik, e portando però a casa il risultato. La storia è stata raccontata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, in un discorso tenuto a Budapest martedì 14 aprile alla Conferenza per il 25esimo anniversario delle relazioni diplomatiche.