Obiettivi per lo sviluppo ONU, l’alt della Santa Sede. Al momento dell’adozione degli obiettivi per lo sviluppo, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha messo in chiaro che la Santa Sede non ha cambiato di una virgola il suo giudizio sui cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi, così come sul gender e la sessualità. Mettendo in luce che il testo viene giudicato positivo, almeno per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo. Ma con molte riserve.
Cinquant’anni dopo il primo il quarto Papa parla alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Non che l’ ONU abbia mai di fatto ascoltato molto la voce della Santa Sede, che pure è osservatore permanente. Giovanni Paolo II ha parlato due volte alla assemblea di New York e specialmente nel 1995 è arrivato al Palazzo di Vetro con la richiesta forte di un cambiamento, di una riforma profonda di una istituzione che ormai ha bisogno di aprire le finestre e far entrare l'aria della realtà.
Cambiare l’impatto delle politiche ambientali, in tre mosse: un accordo soddisfacente al summit sul clima di Parigi del prossimo dicembre; una maggiore distribuzione di risorse per affrontare il cambiamento climatico; e lo sviluppo dell’accesso alle energie rinnovabili. È la ‘road map’ proposta dalla Santa Sede in un recente incontro alle Nazioni Unite.
Medio Oriente, l’impegno della Santa Sede. L’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha espresso le posizioni della Santa Sede sul Medio Oriente in un dibattito aperto al Consiglio di Sicurezza il 23 luglio. Nel suo discorso, l’arcivescovo ha chiesto un impegno internazionale che risolva i conflitti.
“La risposta al terrorismo non può essere fatta meramente attraverso l’azione militare.” Ci vuole piuttosto partecipazione politica, e sistemi legali e chiari. Ma soprattutto, si devono “tagliare tutte le forme di supporto pubblico o privato al terrorismo,” uno dei modi in cui si può prevenire il terrorismo. Parla così l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, in un “panel” sugli Effetti del Terrorismo nella godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte di ogni persona, che si è tenuto il 30 giugno a Ginevra.
Le condizioni di così tanti esiliati genera “compassione e indignazione,” ma la comunità internazionale deve andare oltre i sentimenti, applicare una rete di solidarietà, studiare nuove soluzioni per l’accoglienza dei rifugiati. L’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, nunzio permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra, lo sottolinea nell’intervento del 24 giugno alla 63esima riunione del Comitato per l’Alto Commissario ONU per i rifugiati.
Due le richieste della Santa Sede alle Nazioni Unite per la revisione degli Obiettivi di Sviluppo post-2015. Che la revisione sia guidata dai governi nazionali, e avvenga su base volontaria, tenendo in considerazioni le peculiari situazioni nazionali. E che le capacità di sviluppo di ciascuna nazione siano tenute in conto. L’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, in un breve discorso mette in luce le criticità della negoziazione sui prossimi obiettivi di sviluppo.
La Santa Sede si interroga sul perché i giovani si facciano reclutare via Internet per darsi all’estremismo violento, ed elabora una risposta basata sull’educazione, ma anche sull’applicazione di politiche adeguate che sappiano integrare i giovani immigrati nelle comunità che li ospitano. Le proposte della Santa Sede sono contenute in un discorso del 23 aprile scorso che l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha tenuto in un dibattito promosso al Consiglio di Sicurezza sul “ruolo della gioventù nel contrastare l’estremismo violento e promuovere la pace.”
Perché istituzioni come la Banca Mondiale o le Nazioni Unite guardano alle religioni per meglio portare avanti gli obiettivi di sviluppo sostenibile? Se lo chiede l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York. E risponde: “Oserei supporre che si tratta di un riconoscimento del contributo delle religioni e delle loro organizzazioni alla vita degli individui e della società, in particolare un riconoscimento dell’aiuto che forniscono a quanti tentatno di emanciparsi da varie forme di estrema povertà.”
Rispettare la legalità internazionale. Proseguire sulla strada comune tracciata dagli sforzi della comunità internazionale. Affrontare l’emergenza sociale. Con un breve intervento, la Santa Sede prende posizione sulla crisi ucraina. È l’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente presso l’ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra, a dare voce alle preoccupazioni vaticane durante la 28esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, dedicata proprio alla crisi ucraina.
Il ruolo della donna si gioca in famiglia. Perché è solo a partire della famiglia che si può lavorare per sradicare la povertà. In un breve discorso di fronte alla 59esima Sessione della Commissione ONU sulla condizione delle donne, l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanetne della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, sottolinea che numerose relazioni della Segreteria Generale hanno sottolineato la centralità della famiglia per lo sradicamento della povertà e lo sviluppo sostenibile.” E poi annuncia la disponibilità di Papa Francesco a “a lavorare con tutti coloro che cercano ogni giorno di costruire un mondo che tratti concretamente le donne come uguali, nella diversità dei doni e delle forze, per il bene comune più grande di tutti”.