I farisei e gli erodiani sottopongono a Gesù una questione molto difficile, non perché a loro interessi avere una risposta, ma per mettere in difficoltà Gesù. La trappola è evidente. Se Gesù avesse risposto che non bisognava pagare il tributo a Cesare avrebbe avuto delle noie da parte delle autorità romane. Se, invece, avesse risposto che bisognava pagare le tasse a Cesare avrebbe perso la simpatia della folla.
Il Vangelo per parlare di Dio, del Regno dei cieli, della Chiesa non utilizza mai concetti astratti, ma immagini. Potremmo quasi dire che il Vangelo è un grande libro di immagini. Oggi la parabola ci presenta Dio come un padre che organizza una festa per il matrimonio del Figlio Gesù. La sposa è la l’umanità. L’immagine delle nozze attraversa come un filo d’oro tutta la Sacra Scrittura e serve per descrivere la relazione tra Dio e l’uomo, tra Dio e il popolo ebraico, tra Dio e l’umanità.
La parabola che Gesù oggi racconta richiama un testo del profeta Isaia che viene chiamato “Il canto della vigna” (Is. 5, 1-7). In esso il profeta descrive la storia del rapporto tra Dio ed il suo popolo. Una storia che sembra molto ricca di eventi, ma che in realtà, guardata in profondità, appare molto monotona. Infatti, da una parte troviamo l’amore infinito di Dio che non si stanca di inviare al suo popolo i suoi messaggeri (i profeti) e dall’altra il continuo tradimento del popolo. Si tratta di una storia, dice il profeta, che non può durare all’infinito perché la pazienza di Dio ha un limite. Poiché il popolo non obbedisce a Dio la vigna cadrà in rovina, non sarà più coltivata e vi cresceranno spine e rovi.
Credere significa non solo ammettere l’esistenza di Dio, o accettare le cose che Egli ha rivelato, ma accogliere Lui che merita la nostra fiducia ed entrare nel suo progetto e nel “Suo metodo”, che rompe i nostri schemi e il nostro modo di pensare. Il pericolo sempre incombente è quello di ridurre Dio alla nostra portata e di piegarlo alle nostre esigenze e alle nostre ridotte prospettive e visuali di vita.
Il culto mariano della Madonna di Fatima non conosce confini. E la Diocesi di Carpi ha promosso - dal 7 al 17 settembre - la Peregrinatio Mariae in tutto il territorio diocesano, in occasione del centenario delle apparizioni della Vergine.
La Chiesa, nella quale vive il Signore, è una fraternità perché costituita da fratelli, in quanto tutti figli di Dio. L’esperienza quotidiana, però, ci fa toccare con mano che non si tratta di una fraternità perfetta. In essa è presente il peccato e a volte anche in forma grave perché la Chiesa non è una comunità di puri, di santi.
Chi è Gesù? La domanda circa l’identità di Cristo attraversa da oltre duemila anni la storia dell’umanità. Si tratta di una domanda di fondamentale importanza perché dalla risposta dipende un preciso orientamento di vita.
Il messaggio centrale della parabola del tesoro nel campo e della perla preziosa è molto semplice. La sorpresa e la gioia di avere trovato qualcosa di grande, di impensabile e di unico spinge a lasciare quello che già si possiede e a compiere sacrifici enormi per conseguire ciò che sta a cuore.
Nel brano di vangelo Gesù racconta una parabola. Altre ne sentiremo nelle prossime domeniche. La parabola è un racconto che partendo dalla vita vissuta, dagli eventi quotidiani, di cui tutti hanno esperienza, parla di Dio e dunque facilita la comprensione della Verità non tanto con il ragionamento, ma illuminando la mente e la fantasia di chi ascolta.
Il brano di Vangelo di questa domenica inizia con un’espressione – in quel tempo Gesù disse - che sembra avere solo lo scopo di collegare tra loro i diversi eventi della vita di Gesù. In realtà descrive il clima di tensione e di insuccesso nel quale Gesù si trova a vivere e operare. Nel capitolo 11, al quale appartiene il testo, infatti, noi troviamo descritti i dubbi di Giovanni il Battista circa l’identità e missione di Gesù, quindi il rifiuto da parte degli ebrei sia di Giovanni che di Cristo ed infine la dura condanna nei confronti delle città di Corazin, Betsaida e Cafarnao i cui abitanti, nonostante i numerosi miracoli in esse compiuti, non avevano creduto in Cristo.
Non abbiate paura! Questo invito ritorna per ben tre volte sulla bocca di Gesù nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato.
La festa che celebriamo oggi – del Corpo e del Sangue di Cristo – è nata nella Chiesa per tenere viva la fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. Il Corpo e il Sangue di Cristo, dunque, non sono “cose sacre” ma sono il Signore stesso. Gesù l’afferma chiaramente nel Vangelo quando dice di se stesso: “Io sono il pane vivo”. Un pane che è capace di dare la vita eterna.
Dopo aver celebrato i misteri della salvezza – dalla nascita di Cristo a Betlemme fino alla venuta dello Spirito Santo a Pentecoste – la Liturgia ci porta a contemplare il mistero centrale della nostra fede: la santissima Trinità, fonte di tutti i doni e di tutte le grazie, mistero ineffabile della vita intima di Dio.
Lo Spirito Santo si manifesta con il fuoco ed il vento. Il fuoco nella Sacra Scrittura è immagine dell’amore che penetra tutto; il fuoco, poi, purifica, riscalda, illumina. Questa ultima caratteristica serve a Gesù per spiegare ai suoi discepoli, e quindi anche a noi, che lo Spirito Santo ha la missione di fare chiarezza sulla persona di Gesù: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera…Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv. 16.13-14). E’ lo Spirito Santo, dunque, che porta alla comprensione piena della verità insegnata da Cristo e ci fa riconoscere la sua vera identità.
Dopo quaranta giorni dalla resurrezione, Gesù con l’Ascensione pone termine alla sua visibile presenza tra gli apostoli e promette la forza dello Spirito Santo. Si stacca da loro e fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi (At 1.8-9). L’Ascensione rappresenta il trionfo di Gesù. San Bernardo di Chiaravalle afferma che con l’Ascensione l’opera della salvezza appare compiutamente realizzata.
Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato nel brano di Vangelo sono state enunciate nel cenacolo il giovedì santo, durante l’ultima Cena.
In questa quarta domenica di Pasqua la Chiesa ci invita a pregare per le vocazioni e per questo motivo propone alla nostra riflessione l’immagine di Cristo buon Pastore.
Il racconto evangelico di questa domenica riporta due apparizioni di Cristo risorto avvenute a distanza di otto giorni l’una dall’altra.
Dal sisma del 2012 i mirandolesi celebrano la Messa in un sala polifunzionale donata dalla Caritas ma ora sanno che può iniziare il conto alla rovescia. Il Duomo - gravemente lesionato dal terremoto - inizierà entro l'estate i lavori di restauro. L'annuncio lo ha dato il Vescovo di Carpi Francesco Cavina domenica scorsa dinanzi al Papa che ha voluto recarsi a Mirandola proprio per testimoniare la sua vicinanza ad uno dei centri maggiormente devastati dal sisma del maggio di 5 anni fa. ACI Stampa ha parlato di questo incontro con il Parroco di Mirandola, Don Flavio Segalina.
Gratitudine. E’ la parola chiave che il Vescovo di Carpi Francesco Cavina ripete appena salutato il Papa all’eliporto di San Giacomo di Roncole. In questa intervista ad ACI Stampa il presule traccia un bilancio a caldo della visita di Francesco a Carpi.