Gesù inizia la sua predicazione affermando: “Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo”. Che cosa significa questa espressione? Il Regno di Dio non è una realtà lontana, futura, ma presente. Si manifesta nelle parole e nelle azioni di Gesù, in una parola nella sua persona. Cristo è “dono inestimabile di Dio”, l’ “Amabilissimo Redentore”, il “Dio ammirabile” che si fa vedere. Con Gesù, Dio è all’opera e per questo motivo “Il tempo è compiuto”. Il progetto di Dio, cominciato con la creazione, trova la sua pienezza con la presenza e l’opera di Cristo. Egli viene a riempire il tempo con la sua Persona. E’ lui “l’amore di tutti i secoli”. Cristo è la parola definitiva di Dio all’uomo. Dopo di Lui il Padre non ha più nulla da dire all’umanità.
L’evangelista Giovanni, dopo il Prologo ci presenta gli inizi del ministero di Gesù con il racconto della vocazione dei primi discepoli. Il testo appare molto generico perché la chiamata da parte del Signore non è legato a un tempo determinato (2000 anni fa) o a un luogo preciso (la Galilea), ma “si ripete dovunque nel tempo della Chiesa”.
Nella solennità di oggi contempliamo il Battesimo di Gesù. Si tratta della prima azione pubblica di Cristo. Il Figlio di Dio, che è divenuto in tutto simile a noi eccetto il peccato, si presenta, confuso tra i peccatori, per ricevere il battesimo di conversione dato da Giovanni il Battista. Il Signore, con questo gesto, manifesta la sua piena solidarietà con l’umanità peccatrice.
Il bambino nato a Betlemme il giorno di Natale è il dono di Dio all’umanità. Non è solo il Messia destinato a Israele, ma anche il cercato delle genti, “perché con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (GS 22) ed è divenuto “luce per illuminare le genti. I Magi che giungono ad adorare il Bambino costituiscono la primizia e l’inizio dell’adorazione universale di Gesù Cristo, unico e insostituibile Salvatore del mondo.
Il Figlio di Dio ha voluto iniziare la sua missione di Salvatore all’interno di una famiglia, la quale è la prima realtà che Gesù ha santificato con la sua presenza.
La nascita del Figlio di Dio nella carne avviene al tempo dell’imperatore romano Cesare Ottaviano, il quale, nell’anno 27 prima di Cristo, si era fatto attribuire dal Senato il titolo di Augusto che significa “degno di adorazione” e quindi pretendeva che gli fosse tributato il culto riservato alla divinità. Era un uomo il cui potere influenzava il mondo e smuoveva a suo piacimento le folle. Ecco il censimento.
Il modo migliore per prepararci al Santo Natale consiste nella meditazione del testo dell’Annunciazione, che la chiesa propone nella quarta domenica di Avvento. Si tratta di un evento che accade a Nazareth, uno sperduto villaggio della Galilea, che poteva contare- così dicono gli archeologi – circa 150 abitanti e che vede coinvolta una giovane vergine di nome Maria. A lei, tuttavia, l’Angelo si rivolge chiamandola “piena di grazia”. Come accade in tante storie di vocazioni, Dio cambia il nome del chiamato e la vergine da Maria diviene “piena di grazia” cioè “Amata da Dio”.
Ogni anno la seconda e la terza domenica di Avvento sono dominate dalla figura di Giovanni Battista. Egli è il “trait-d’union” tra il passato e il futuro, tra il prima e il dopo. Domenica scorsa il Precursore ci è stato presentato come “il predicatore della penitenza”, oggi l’evangelista S. Giovanni lo presenta come “Testimone della Luce”. E la luce è Cristo. La qualifica di “testimone” viene ulteriormente spiegata quando Egli afferma di non essere il Messia, ma solo una “Voce” che prepara la Sua venuta.
Una mostra in più tappe quella che la Diocesi di Carpi ha dedicato al presepe, uno degli elementi centrali delle festività natalizie per chi custodisce il dono della fede: si intitola “Carpi Città del presepe” e si “muove” attraverso 4 step.
La Chiesa in questa seconda domenica di Avvento propone alla nostra meditazione un brano del Vangelo di Marco che si apre con parole - Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio – che richiamano quelle del primo libro della Bibbia, la Genesi: In principio Dio creò il cielo e la terra (Gen 1.1). E’ evidente che utilizzando questo parallelismo l’evangelista intende sottolineare che, con la venuta tra noi del Figlio di Dio, il mondo, ha per così dire, un nuovo cominciamento. La frase: “Inizio del Vangelo…” può essere meglio tradotta con “Inizio della lieta notizia che consiste nel fatto che Gesù - quel Gesù che è nato nella povertà di Betlemme, che per trent’anni ha vissuto nel nascondimento di Nazareth, che è morto crocifisso per amore e che ha sconfitto la morte con la sua resurrezione - è il Figlio di Dio”.
Iniziamo oggi il tempo di Avvento. Con l’inizio di questo nuovo Anno Liturgico la Chiesa desidera riaccendere nei suoi figli il desiderio dell’attesa, rianimare la speranza e prepararli a celebrare degnamente la “venuta dolcissima - così scrive un monaco del Medio Evo – nella quale il Figlio di Dio, il più affascinante degli uomini, colui che era desiderato da tutte le genti, manifestò la sua presenza visibile nella carne, una presenza a lungo aspettata e ardentemente bramata da tutti i padri”.
Si conclude con questa domenica l’Anno Liturgico. Con domenica prossima inizieremo il Tempo di Avvento. Oggi la Chiesa con la solennità di Cristo Re dell’Universo annuncia che Cristo, Redentore e Salvatore dell’uomo, è la meta del nostro pellegrinaggio terreno.
Siamo ormai al termine dell’Anno Liturgico e la Chiesa in queste domeniche ci invita con insistenza a riflettere sulle realtà ultime della vita. La nostra esistenza terrena costituisce il tempo che ci è dato per amministrare i beni del Signore e meritare di entrare in cielo. La parabola che Gesù racconta questa domenica ci parla di un uomo che parte per un viaggio e consegna i propri beni ai suoi servi. Ad ognuno dà una parte diversa di beni. Il motivo è dato dal fatto che il padrone conosce i suoi servi e, pertanto, distribuisce i suoi averi valutando le capacità di ciascuno. Sarebbe ingiusto, infatti, caricare tutti della medesima responsabilità.
Se dovessimo dire chi è il cristiano potremmo rispondere che è una persona che vive con vigile prontezza in attesa del Signore. E’ quanto ci chiede Gesù nella parabola di questa domenica, presentandoci il diverso comportamento di dieci vergini che stanno aspettando lo Sposo che deve venire. Cinque sono qualificate sagge mentre cinque stolte. Lo sposo è Cristo. Le vergini rappresentano il singolo cristiano, ma anche tutta l’umanità. L’attesa dello sposo indica l’esistenza umana mentre la venuta dello sposo e la festa di nozze indicano la beatitudine eterna.
Gesù ai capi del popolo ebraico rimprovera tre peccati: l’incoerenza della loro vita; la ricerca di sé, che si esprime nel desiderio di essere ammirati dagli uomini, di essere considerati, e l’ipocrisia. Si tratta, in definitiva, di persone che sono esigenti con gli altri, ma si mostrano molto indulgenti con loro stessi. La loro vita, dunque, contraddice il loro insegnamento. Questo comportamento è il frutto di una volontà dominata dal desiderio di potere e dalla ricerca del proprio tornaconto.
I farisei e gli erodiani sottopongono a Gesù una questione molto difficile, non perché a loro interessi avere una risposta, ma per mettere in difficoltà Gesù. La trappola è evidente. Se Gesù avesse risposto che non bisognava pagare il tributo a Cesare avrebbe avuto delle noie da parte delle autorità romane. Se, invece, avesse risposto che bisognava pagare le tasse a Cesare avrebbe perso la simpatia della folla.
Il Vangelo per parlare di Dio, del Regno dei cieli, della Chiesa non utilizza mai concetti astratti, ma immagini. Potremmo quasi dire che il Vangelo è un grande libro di immagini. Oggi la parabola ci presenta Dio come un padre che organizza una festa per il matrimonio del Figlio Gesù. La sposa è la l’umanità. L’immagine delle nozze attraversa come un filo d’oro tutta la Sacra Scrittura e serve per descrivere la relazione tra Dio e l’uomo, tra Dio e il popolo ebraico, tra Dio e l’umanità.
La parabola che Gesù oggi racconta richiama un testo del profeta Isaia che viene chiamato “Il canto della vigna” (Is. 5, 1-7). In esso il profeta descrive la storia del rapporto tra Dio ed il suo popolo. Una storia che sembra molto ricca di eventi, ma che in realtà, guardata in profondità, appare molto monotona. Infatti, da una parte troviamo l’amore infinito di Dio che non si stanca di inviare al suo popolo i suoi messaggeri (i profeti) e dall’altra il continuo tradimento del popolo. Si tratta di una storia, dice il profeta, che non può durare all’infinito perché la pazienza di Dio ha un limite. Poiché il popolo non obbedisce a Dio la vigna cadrà in rovina, non sarà più coltivata e vi cresceranno spine e rovi.
Credere significa non solo ammettere l’esistenza di Dio, o accettare le cose che Egli ha rivelato, ma accogliere Lui che merita la nostra fiducia ed entrare nel suo progetto e nel “Suo metodo”, che rompe i nostri schemi e il nostro modo di pensare. Il pericolo sempre incombente è quello di ridurre Dio alla nostra portata e di piegarlo alle nostre esigenze e alle nostre ridotte prospettive e visuali di vita.
Il culto mariano della Madonna di Fatima non conosce confini. E la Diocesi di Carpi ha promosso - dal 7 al 17 settembre - la Peregrinatio Mariae in tutto il territorio diocesano, in occasione del centenario delle apparizioni della Vergine.