L’incarnazione del Figlio di Dio non è il frutto del nostro impegno, ma dono dell’amore di Dio. Un amore così grande che è capace di operare ciò che umanamente è impossibile per cui la sterilità di Elisabetta diventa feconda e nella verginità di Maria fiorisce la maternità.
Non si può scherzare con il male perché nessuno può sottrarsi al giudizio di Dio. Giovanni, il precursore di Cristo, si presenta come predicatore di penitenza e come messaggero di gioia. Egli desidera che il popolo a cui rivolge la sua predicazione si apra alla conversione e si salvi. La conversione è una cosa seria, che richiede un impegno profondo e una decisa volontà di dare una svolta positiva alla propria esistenza. Pertanto, la conversione si attua attraverso scelte concrete che Giovanni individua nella condivisione fraterna nella ricerca della giustizia e nella rinuncia alla violenza oppressiva, a cominciare dal proprio posto di lavoro e dalla propria professione.
Nel tempo di Avvento la Chiesa ci presenta alcune figure che potremmo qualificare come i campioni dell’attesa: il Profeta Isaia, San Giovanni Battista, San Giuseppe, Maria Santissima.
In ogni celebrazione eucaristica, dopo la consacrazione, noi proclamiamo: Annunciamo la tua morte Signore proclamiamo la tua resurrezione nell’attesa della tua venuta. E dopo il Padre nostro, il sacerdote prega: …nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo.
Oggi è l’ultima domenica dell’anno liturgico e la Chiesa celebra la solennità di Cristo re dell’universo.Il testo di Vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta un episodio della Passione di Cristo secondo il Vangelo di San Giovanni. In questo brano ci viene descritto l’incontro tra un prigioniero indifeso ed umiliato di nome Gesù ed il potente rappresentante dell’imperatore romano.
La Scrittura ricorda due venute del Figlio di Dio: la prima nella carne umana, quando è nato dalla Vergne Maria; la seconda nella gloria, quando verrà, alla fine del mondo, a giudicare tutti gli uomini”. Questa seconda venuta è chiamata dalla Scrittura: “Il Giorno del Signore”.
Gesù, nel brano di Vangelo di questa domenica, mette a confronto l’ipocrisia degli scribi con la generosità e la fiducia in Dio di una donna. Il Signore sta osservando le persone che depongono la loro offerta nel tesoro del tempio. A fronte di ricche donazioni da parte di persone abbienti nota quella insignificante di una povera vedova. La cifra che versa, seppure modestissima, non costituisce il superfluo, ma rappresenta tutto quello che aveva per il suo sostentamento, per vivere.
Domenica scorsa abbiamo lasciato Gesù a Gerico. Ora si trova Gerusalemme e un maestro della legge si avvicina a Gesù per porgli una questione: “Qual è il primo di tutti i comandamenti’”. La domanda si comprende se si tiene in considerazione che gli studiosi della Sacra Scrittura del tempo avevano individuato nell’Antico Testamento ben 613 comandamenti, di cui 365 erano divieti e 248 precetti positivi, distinguendo tra precetti grandi e piccoli, difficili e facili. Nasceva dunque la necessità di conoscere quali tra questi comandamenti dovesse avere la priorità.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta due apostoli, Giacomo e Giovanni, i quali domandano a Gesù di avere posti di onore nel suo regno. Si tratta di una richiesta che esprime un desiderio naturale frutto dell’ambizione umana, considerato che i discepoli non avevano ancora compreso l’originalità e la novità di Cristo.
Il Vangelo di questa domenica ci racconta l’incontro di Cristo con un uomo ricco che conduce una vita moralmente retta. Dichiara, infatti, di avere osservato fin dalla giovinezza i comandamenti. E non mente! Si presenta al Signore per sottoporgli la questione centrale della vita: cosa fare per ottenere la vita eterna.
Nel brano di vangelo di oggi a Gesù viene posta la questione della legittimità del divorzio. Gesù prima di rispondere fa una precisazione: il divorzio è una concessione che contraddice il disegno originario di Dio sul matrimonio. Pertanto, con il divorzio la Parola di Dio non è più accolta e messa in pratica. Emerge, così, la pretesa da parte dell’uomo di costruirsi un progetto di vita proprio non conforme alla volontà di Dio.
Troviamo nel brano di Vangelo due parole chiave: “nel mio nome” e “scandalo”. Gesù indirizza il suo discorso ai suoi discepoli. Le sue parole sono motivate da un episodio. Giovanni si lamenta con Gesù perché un estraneo al gruppo dei dodici caccia un demonio nel tuo [di Gesù] nome. Ha paura della concorrenza perché è chiuso entro una logica di egoismo di gruppo, così frequente all’interno della comunità cristiana.
La prima lettura della Messa ci offre un insegnamento sulle sofferenze dei figli di Dio ingiustamente perseguitati a causa della loro onestà e santità. La liturgia applica queste parole, scritte secoli prima della venuta di Cristo, al giusto per eccellenza, Gesù Figlio Unigenito di Dio, condannato ad una morte ignominiosa dopo aver patito ogni sorta di insulti e sofferenze. Nel Vangelo della messa mentre Gesù parla del tragico destino che lo attende a Gerusalemme, i discepoli alle sue spalle, incuranti di quanto dice il Maestro, discutono di privilegi, di primi posti, di prebende, di potere.
Beati i perseguitati. E’ il tema centrale della catechesi offerta dal Vescovo di Carpi, Monsignor Francesco Cavina, a Terrasini (Palermo), nell’ambito della festa “Avvenire… per passione”, organizzata dall’associazione culturale “Così... per passione” e dalla Diocesi di Monreale. Vi proponiamo il testo integrale della meditazione del Vescovo di Carpi.
La domanda che Gesù pone agli apostoli costituisce il cuore del Vangelo secondo Marco. In realtà l’interrogativo: Chi è Gesù ci accompagna fin dall’inizio, ma solo ora esso viene sollevato in maniera esplicita da Cristo stesso e la risposta è data con chiarezza. Gesù è il Figlio di Dio che deve soffrire e morire in croce per la salvezza dell’umanità. Da questo momento in poi il tema della Croce costituisce l’argomento centrale della predicazione di Gesù.
La liturgia della Messa di questa domenica è un invito alla speranza, a confidare pienamente nel Signore. In un momento di grande oscurità politica, sociale e religiosa il profeta Isaia alza la sua voce per portare conforto al popolo eletto ed annunciare il gioioso ritorno alla patria: Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio…Egli viene a salvarvi. E il profeta annuncia prodigi che si compiranno pienamente con la venuta del Messia.
Nel brano di Vangelo di questa domenica ricorre diverse volte la parola “cuore”. Si tratta di un termine molto importante nella Sacra Scrittura, dove raramente indica l’organo fisico in quanto tale.
Il vangelo di questa domenica ci presenta la parte finale del Discorso del Pane di Vita. In esso ci viene presentato lo scandalo che suscitano le parole di Gesù non solo nelle folle, ma anche all’interno del gruppo dei discepoli e il dialogo di Gesù con Simon Pietro (Gv 6,67-69).
Sono già diverse domeniche che la Chiesa propone alla nostra riflessione il discorso di Cristo nella Sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. In questo discorso Gesù presenta se stesso come "il pane della vita". Non un pane qualsiasi, ma il solo pane in grado di saziare la nostra fame di verità, di amore, di felicità, soprattutto il nostro desiderio di vivere in eterno: Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. Gesù è l'unico in grado di comunicarci la vita eterna, la vita divina perchè Lui stesso è Dio che ha spezzato il potere della morte con la sua resurrezione.
Siamo ancora nella sinagoga di Cafarnao. Gesù ha chiarito ai suoi ascoltatori che Lui è il pane della vita che dona agli uomini la vita eterna. Per partecipare di questo pane è necessario andare a Gesù e credere in Lui. La reazione degli Ebrei al discorso di Cristo è negativa: “si misero a mormorare contro di lui”. Hanno visto il miracolo che egli ha compiuto per sfamare la folla, e anziché interrogarsi da dove nasce la sua potenza e la sua sapienza si fermano alla conoscenza umana che hanno di Gesù e credono di sapere tutto di Lui. E’ il figlio di Giuseppe. Rifiutano Gesù in quanto Figlio di Dio.